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Il taglio delle accise sui carburanti annulla il calo del prezzo del petrolio e scoppia la guerra tra consumatori e benzinai
Gli aumenti fuori controllo dei prezzi della benzina sono ormai diventati un caso politico (oltre che, naturalmente, economico). Un nuovo fronte di scontro tra la maggioranza (con qualche posizione diversa al suo interno) e l’opposizione, ma anche tra le associazioni di consumatori e gli esercenti. Alla base c’è la cancellazione dello sconto sulle accise che, secondo i dati forniti dal ministero dell’Ambiente, valgono esattamente il rialzo alla pompa.
Ma a giocare sull’impennata c’è anche un effetto psicologico che è una costante: ogni volta che si profila un ritocco sulla tassazione scatta l’adeguamento immediato alla pompa, così come accade per gli aumenti del costo del barile. Nessun automatismo, e comunque tempi molto più lunghi, se invece ci sono riduzioni di tasse o di prezzi.
Basta uno stormir di fronde, quindi, ed ecco che si dà “benzina” anche alle speculazioni. Ecco perché, proprio in concomitanza con la cancellazione delle agevolazioni sulle accise, introdotte dal precedente governo Draghi, la flessione del prezzo del petrolio non ha avuto alcun effetto benefico.
CARBURANTI, BENZINAI E CONSUMATORI: IL TERRENO FERTILE PER GLI SPECULATORI
Secondo Assoutenti «il mancato rinnovo al taglio delle accise non solo ha fatto schizzare al rialzo i prezzi alla pompa, ma ha riportato l’Italia tra i Paesi più cari d’Europa sul fronte dei carburanti». Non aiuta poi la complessità della formazione del prezzo finale della benzina, composto dal costo del combustibile, che include il guadagno dei gestori delle pompe, le accise e l’Iva.
E proprio le accise sono un elemento particolarmente gravoso, visto che incide per oltre un terzo. Si tratta di balzelli, per la precisione 17, alcuni dei quali arrivano da molto lontano. Si va dal finanziamento della crisi di Suez alla ricostruzione dopo il disastro del Vajont, dai terremoti del Friuli e del’Irpinia a quelli più recenti dell’Abruzzo e delle Marche, fino al Salva Italia e alla Nuova Sabatini. Insomma, in questo mare magnum è davvero difficile districarsi.
Il tutto, però, crea un terreno fertile per gli speculatori, verso i quali il governo continua a puntare il dito. Ieri il vice premier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha assicurato che l’Esecutivo sta lavorando «per le mamme e i papà che l’autostrada la usano per andare a lavorare e quando fanno benzina non possono staccare il libretto degli assegni. Stiamo ragionando per andare a verificare se qualcuno sta facendo speculazioni».
Resta la cruda realtà dei numeri evidenziati ancora una volta dal Codacons, l’associazione che sta denunciando da giorni l’emergenza e che ha presentato anche un esposto all’Antitrust: un pieno costa in media circa 8,9 euro in più rispetto a fine dicembre, per un aggravio di spesa su base annua di 214 euro ad automobilista.
CARBURANTI ATTACCHI AI BENZINAI E DENUNCE DAI CONSUMATORI
Ci sono poi situazioni particolarmente pesanti sulla rete autostradale, dove i prezzi medi hanno superato 2,2 euro al litro e sulla A14 hanno sfondato la soglia psicologica dei 2,5 euro al litro: benzina 2,444 euro, gasolio 2,531 euro.
«I dati diffusi da Quotidiano Energia e Staffetta Quotidiana – sottolinea il Codacons – confermano in pieno le nostre denunce circa le anomalie dei listini dei carburanti».
Per la rappresentanza dei consumatori i conti non tornano. Il rialzo di benzina e gasolio era atteso per l’aumento delle accise, ma al netto della maggiore tassazione – secondo la valutazione dell’associazione – la componente di prezzo che non risente di Iva e accise avrebbe dovuto scendere per effetto del forte calo delle quotazioni del petrolio, sceso in questi giorni abbondantemente sotto gli 80 dollari al barile. E resta poi la diversità inspiegabile di prezzo tra un distributore e l’altro. Da qui la denuncia alla Guardia di finanza. E i primi dati forniti ieri dalla Gdf sui monitoraggi hanno confermato che le speculazioni ci sono: nel 2022 sono state contestate 2.809 violazioni alla disciplina dei prezzi dei carburanti.
CARBURANTI BENZINAI E CONSUMATORI, L’ESPOSTO ALL’ANTITRUST
Nell’esposto all’Antitrust il Codacons ha chiesto in particolare di «verificare con sollecitudine l’esistenza di eventuali intese vietate e porre subito un freno a tali condotte che stanno arrecando dei gravi danni ai consumatori. L’aumento ingiustificato dei listini alla pompa, così come eventuali intese o illeciti per mantenere elevati i prezzi crea un duplice danno alla collettività, perché da un lato fa aumentare la spesa per il pieno, dall’altro porta a effetti indiretti sull’inflazione attraverso incrementi dei prezzi al dettaglio di una moltitudine di beni».
In Italia, infatti, gran parte delle merci viaggia su gomma. Il rischio, dunque, è che si possa interrompere il trend di raffreddamento dell’inflazione. A dicembre, anche se molto meno rispetto agli altri Paesi Ue, l’Istat ha rilevato una lieve flessione dei prezzi, ma a condizionare l’aumento continuano a essere i prodotti energetici e i beni alimentari. Con ulteriori rialzi delle quotazioni si rischia di aggravare il quadro.
L’ALLARME DELL’ISTAT
A lanciare l’allarme è stato ieri il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, che ha messo in guardia dall’impatto dei carburanti sull’inflazione denunciando «un grosso problema in prospettiva se le cose dovessero andare nella direzione di una continua crescita».
Il nostro Paese, nonostante la congiuntura sfavorevole e con una guerra in corso, è riuscito a tenere duro, dimostrando doti inaspettate di resilienza. Ma l’inflazione resta la bestia da domare. Perché se i prezzi continuano la loro corsa senza freni si rischia di inficiare tutti gli sforzi che il sistema produttivo sta facendo. E, soprattutto, si demolisce la ritrovata fiducia di imprese e consumatori, fondamentale per rimettere in pista l’Azienda Italia.
Accanto agli energetici, un altro settore sensibile è quello dei beni alimentari. Anche su questo fronte il rapporto Istat ha evidenziato un inizio di rallentamento degli aumenti. Il caro benzina potrebbe però innescare la retromarcia. In un Paese come l’Italia, dove circa l’88% delle merci viaggia su gomma, l’aumento dei prezzi di benzina e gasolio potrebbe avere, secondo Coldiretti, «un effetto valanga sui costi delle imprese e sulla spesa dei consumatori».
AGROALIMENTARE IN CRISI
A subire le conseguenze dei rincari è l’intero sistema agroalimentare dove la logistica incide attorno a 1/3 sul totale dei costi per frutta e verdura. Un effetto preoccupante – dice Coldiretti – dopo che l’impennata dell’inflazione ha già pesato sul carrello degli italiani che hanno speso quasi 13 miliardi in più per acquistare cibi e bevande nel 2022 a causa dei rincari energetici e della dipendenza dall’estero, in un contesto di aumento dei costi dovuto alla guerra in Ucraina che fa soffrire l’intera filiera, dai campi alle tavole. Ma a pesare – evidenzia Coldiretti – sono anche e soprattutto i ritardi infrastrutturali dell’Italia, dove il costo medio chilometrico per le merci del trasporto pesante è pari a 1,12 euro/km, più alto di nazioni come la Francia (1,08 euro/km) e la Germania (1,04 euro/km).
«In tale ottica – dice il presidente Ettore Prandini – il Pnrr può essere determinante per sostenere la competitività delle imprese, sbloccando le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese e anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo».
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