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L’Italia si allinea ai partner Ue, Francia e Germania in primis, sul fronte dell’inflazione. A dicembre, infatti, l’Istat ha registrato un rallentamento della corsa dei prezzi al consumo frenata dai beni energetici. Intanto continua a scendere sulla piazza di Amsterdam il gas che si è attestato sotto 65 euro al megawattora. E nonostante sia chiaro che le bollette per ora non si ridurranno, il trend calante lascia ben sperare.

A dicembre, secondo le stime preliminari, l’indice dei prezzi è comunque cresciuto dello 0,3% su novembre, ma su base annua l’incremento si è ridotto a +11,6% dall’11,8% del mese precedente.

A pesare sono sempre gli energetici, ma con un ritmo di crescita meno accelerato da +67,6% a +64,7% (-1,8% sul mese). La flessione ha interessato la componente non regolamentata in calo del 3,9% su dicembre (da +69,9% a +63,3% su base annua), con l’energia elettrica mercato libero a -2,8% (+219,3%), il gasolio per il riscaldamento a -7,1% (+24,2%) e per i mezzi da trasporto (-4,5%). Meno marcata la riduzione per la benzina (-0,5%). Un capitolo questo particolarmente sensibile.

Codacons ha denunciato infatti che sul caro pompa non incidono sole le accise, il cui taglio non è stato prorogato, ma anche le speculazioni. E per questo l’associazione dei consumatori ha annunciato un esposto alla Guardia di Finanza e alle Procure della Repubblica affinché verifichino l’andamento dei prezzi. “La benzina in modalità self – ha spiegato Codacons – ha già superato quota 1,8 al litro e il gasolio servito ha sfondato la soglia dei 2 euro al litro, mentre le quotazioni internazionali del petrolio sono in ribasso e non giustificano in alcun modo l’andamento dei prezzi alla pompa, al netto del rialzo delle accise”.

Tornando alle rilevazioni Istat non danno segnali di rallentamento gli energetici regolamentati (da +57,9% a +70,3%; +7,9% il congiunturale) al traino del gas di città e gas naturale mercato tutelato.

Primi segnali positivi invece sul fronte dei beni alimentari che, pur mettendo a segno + 0,2% rispetto al mese precedente, su base annua passano da +13,2 % a +12,8%. Anche in questo caso a sostenere la crescita sono gli alimentari lavorati che salgono da +14,3% a +14,9%. Mentre gli alimentari non lavorati scendono a +9,5% (da +11,4%) grazie al contributo della frutta fresca e refrigerata (a +4,2% da +6,9%) e dei vegetali (da +14,8% a +7%). Il carrello della spesa resta pesante, ma un po’ meno: da +12,7% a 12,6%.

Segnalato anche un “ritocco” dei prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +5,5% a +6,2%) su cui ha inciso il balzo di alberghi e motel (da +12,9% a +14,0%) e i prezzi dei Pacchetti vacanza (che invertono la tendenza da -4,3% a +12,5%; +34,2% da novembre).

Nel commento l’Istat ha segnalato nel 2022 una crescita dei prezzi al consumo in media d’anno di +8,1%, l’aumento più ampio dal 1985, principalmente a causa dell’andamento dei prezzi dei beni energetici (+50,9% in media a fronte del +14,1% del 2021). In base alle stime preliminari l’inflazione acquisita, o trascinamento, per il 2023 è calcolata pari a +5,1%, ben più ampia di quella osservata per il 2022, quando fu del +1,8%.

Qualcosa si muove, ma certo il quadro è segnato da molte criticità. Per Confesercenti l’inflazione “resta ancorata su livelli alti”. E anche se le notizie sui prezzi di gas ed elettricità indicano cali non si può cedere “a facili ottimismi”. Confesercenti ha comunque sottolineato che le famiglie hanno quasi terminato le scorte dei risparmi mentre fino alla prossima primavera dovrebbero restare le incertezze sul mercato delle commodity e delle materie prime alimentari. Cibo ed energia rappresentano infatti una quota importante della spesa delle famiglie.

Unione Nazionale Consumatori, da parte sua, ha calcolato che “per una famiglia con due figli si registra una maxi stangata da 2.766 euro, cifra che oltrepassa i 3mila euro per chi ha tre figli”. Ma l’associazione ha messo in luce il segnale di lieve contrazione “che stavamo aspettando”. L’inflazione, infatti, rappresenta il vero problema, difficile da gestire “perché il caro energia va a contagiare tutti i comparti industriali e alimentari, amplificando la corsa dei prezzi a livello generalizzato”.

Per quanto riguarda la spesa alimentare, secondo l’analisi della Coldiretti, si tratta comunque di “una stangata da 13 miliardi” con impatti pesanti dai campi alla tavola”. È infatti questo il costo aggiuntivo nel 2022 che grava sulle famiglie per gli acquisti di cibi e bevande con un aumento medio nell’anno che si è concluso del 9,1%. Nella lista dei prodotti più cari l’organizzazione agricola ha indicato la verdura che precede sul podio pane, pasta e riso, tallonata da carne e salumi. Ma in buona posizione si collocano, per i rialzi dei listini, frutta, pesce, latte, formaggi, uova, olio e burro. Meno a peso d’oro acque minerali, bevande analcoliche, succhi, zucchero, confetture, miele, cioccolato, dolci, sale e alimenti per i bambini. Per difendersi i consumatori razionalizzano gli acquisti e soprattutto cercano i prodotti più a buon mercato privilegiando così i discount.

Il caro prezzi alimentari ha comunque messo in ginocchio le filiere che hanno scaricato solo in parte l’impennata dei costi, dalle bollette alle materie prime. Per questo il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, è tornato a chiedere più risorse dal Pnrr per l’agroalimentare (da 5 a 10 miliardi) per centrare l’obiettivo della sovranità alimentare e della riduzione della dipendenza dall’estero.

Il ruolo fondamentale degli interventi finanziati dal Pnrr per “un cospicuo sostegno alla crescita” è stato sottolineato dall’analisi di Prometeia secondo cui “i rischi sono tanti, il percorso è una volta ancora stretto, ma l’economia italiana potrebbe uscire dalla crisi energetica tenendo il ritmo delle altre maggiori economie dell’area euro, dopo aver mostrato una resilienza perfino superiore nel post pandemia, come mai era avvenuto negli ultimi 25 anni”. La luce in fondo al tunnel sembra dunque ben visibile. Anche per quanto riguarda l’inflazione Prometeia stima nel corso del 2023 una discesa che porterà l’indice al 5,8% dall’8,4% del 2022. Anche se i costi energetici rimarranno strutturalmente alti.

Ma il caro prezzi non pesa su tutti allo stesso modo. C’è infatti chi può scaricare a valle gli aumenti dei costi, mentre le famiglie devono sopportare tutto il peso e le più penalizzate sono quelle a basso reddito, mentre quelle con reddito più elevato e che dispongono di risparmio “in eccesso” realizzato durante la pandemia sono in grado di “reggere l’urto della fiammata”.


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