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Chissà se esiste ancora l’“Intergruppo parlamentare sulle Criptovalute e la Blockchain”, che fu costituito nel nostro Parlamento all’inizio dell’anno scorso, promosso da un (ormai ex) onorevole pentastellato, Davide Zanichelli. Venne a contare fino a 28 onorevoli, uniti dalla convinzione che sulle monete virtuali e sulla blockchain fosse necessaria una strategia comune, anche sul piano politico e istituzionale.
Il 39enne Zanichelli, spirito indipendente (secondo Openpolis, ha votato 38 volte diversamente dal proprio gruppo parlamentare), dichiarò che: «Dobbiamo giocare d’anticipo come sistema Paese per assumere un ruolo da protagonisti nel cogliere l’opportunità di un fenomeno, quello delle monete virtuali, che inevitabilmente si imporrà a livello globale».
E aggiunse: «Le valute virtuali, anche grazie a precisi accorgimenti, come il codice sorgente open source, sono riuscite a costituire su internet aspetti di fiducia che le caratterizzano come una delle monete del futuro, al pari e non meno delle valute tradizionali».
CRIPTOVALUTE, DOPO LO SFRACELLO IL RE È NUDO
Il tempo – galantuomo, come sempre – è stato spietato con le criptovalute. Siamo all’inizio della fine per Bitcoin e compagni? I primi scettici sul Bitcoin (fra cui il sottoscritto) lo definirono «una soluzione alla ricerca di un problema», e quel che è successo da allora non fa che confermare quel giudizio.
Con un’aggravante: l’intero zoo delle criptovalute non è altro che una riedizione del famoso “schema-Ponzi”: il romagnolo Ponzi – pace all’anima sua – riuscì, nell’America degli anni Venti, con la sempiterna tecnica di pagare i frutti degli “investimenti’ con i soldi dei nuovi investitori, a frodare detti investitori per 20 milioni di dollari, equivalenti, in dollari del 2022, a 270 milioni.
Almeno, dietro la truffa di Carlo Pietro Giovanni Guglielmo Tebaldo Ponzi, c’era un granello di verosimiglianza: un arbitraggio fra i coupon postali comprati fuori America e rivenduti negli Usa, dove costavano di più, sembrava dare legittimità alle promesse di rendimenti fuori dal comune. Ma nel caso del Bitcoin, il re è nudo. Si potrebbe offrire un premio a chi – esclusi i criminali e i ludopatici – possa rivelare un ruolo che una criptovaluta svolge e che non potrebbe essere svolto dal sistema finanziario tradizionale.
Il problema è la volatilità. In un’intervista rilasciata l’anno scorso, in risposta a una domanda sugli alti e bassi del Bitcoin, Zanichelli disse: «Bitcoin è una valuta ancora molto giovane, e la scarsa quantità di token scambiati (ed è dagli scambi che si determina il valore) fa sì che, con movimenti contenuti, le oscillazioni siano notevoli. La magnitudo di tali oscillazioni, però, s’è via via ridotta negli anni. Qualora la blockchain di Bitcoin continuasse in futuro, non c’è ragione di pensare che tali oscillazioni non vadano a ridursi ulteriormente, grazie all’allargamento dell’adozione per lo scambio di beni e servizi oppure al suo utilizzo come valida riserva di valore».
Beh, basta un’occhiata al grafico per rendersi conto che la “magnitudo” delle oscillazioni è aumentata, invece che ridursi. Quelle montagne russe hanno scandito la non irresistibile ascesa delle “cripto”. Il penultimo ghiotto sfracello (lo scorso maggio) riguardava una stablecoin, Terra, collegata a una Luna, e intesa a tenere uno stabile legame col dollaro, attraverso complicati algoritmi che non capiamo e non vogliamo capire.
Quel che si vorrebbe capire è perché ci sono in giro tanti adulti consenzienti che si baloccano con millanta criptovalute il cui valore intrinseco è pari a zero virgola zero (periodico). E l’ultimo accidente riguarda la bancarotta («a guisa di maciulla» – Inferno, XXXIV) dell’osannato Ftx, fondato dal giovane e impetuoso (ex) miliardario Sam Bankman-Fried (traduzione: “bancario-fritto”).
CRIPTOVALUTE: NESSUNA REGOLA, VITTIME A BIZZEFFE
La Ftx – una specie di “Borsa” per chi voleva comprare e vendere criptovalute assortite – allettava i risparmiatori con rendimenti del 10% e passa (alla Ponzi). E ora i risparmiatori allettati cercano affannosamente di recuperare quei soldi incautamente affidati. Nell’assenza di regole, le criptovalute continuano a mietere vittime.
Ci sono circostanze attenuanti? Beh, i reggitori delle criptovalute non si peritavano di arruolare celebrità per fare pubblicità a quei dubbi investimenti: famosa è la campagna “Fortune favors the brave” (“La fortuna aiuta gli audaci”) di Matt Damon a favore della Crypto.com. Da quando lo spot ha debuttato (fine ottobre 2021), il Bitcoin è calato del 60%: la fortuna non ha aiutato gli audaci. E ora molte celebrità – Kim Kardashian, Giselle Bündchen, Tom Brady, Shaquille O’Neal… – sono state portate in tribunale per aver promosso le cripto. Una vecchia battuta dice che “la madre degli imbecilli è sempre incinta”.
Ma coloro che affidavano i soldi a Ponzi prima, a Madoff dopo (un altro gigantesco truffatore che nel 2012 fu condannato a 150 anni di carcere) e a Bankman-Fried da ultimo, non possono essere definiti imbecilli: erano semplicemente coloro in cui albergava, come in tutti i nostri Dna, il gene della cupidigia (condito con una generosa dose di ignoranza).
Il meccanismo psicologico è quello che ha alimentato tutte le bolle della storia. Certo, i nostri geni fanno di tutto e di più: vedi, pur se qui il meccanismo psicologico è diverso, lo “strano fatto” per cui, anche con il Covid imperante, un sacco di gente andava in giro per divertirsi, invece di starsene a casa a leggere “Guerra e pace”.
Ma, tornando alle criptovalute, se tutte le orribili cose appena dette su Bitcoin & C. sono vere, perché anche gente seria come le Banche centrali stanno seriamente considerando di creare monete digitali? In realtà si tratta di cose ben diverse. Se una Banca centrale crea moneta digitale, crea un altro sistema di pagamenti che è affidabile proprio perché ha dietro l’istituzione. Non c’è differenza fra il dollaro e il dollaro digitale, fra l’euro e l’euro digitale, fra la corona svedese e la corona svedese digitale…
SMOBILITAZIONE GENERALE
Infine, parliamo della Blockchain, menzionata esplicitamente nel titolo del famoso “Intergruppo parlamentare”. Secondo l’esponente grillino Zanichelli, lo sviluppo della Blockchain, ossia di un registro condiviso che garantisce la scarsità delle criptovalute senza la necessità di avere terze parti che operino da garanti e intermediari, «è un altro fattore che fa prevedere una vera e propria rivoluzione nel futuro prossimo».
In effetti la Blockchain è, appunto, un tipo di registro che può avere molte diverse applicazioni, a parte quella di registrare le transazioni delle criptovalute. E, per un certo periodo, ci furono molti esperimenti – da parte di banche, catasto e altri – per assaggiare le potenzialità delle Blockchain. Ma, come ha recentemente scritto sul New York Times il premio Nobel dell’economia Paul Krugman, questi esperimenti sono in corso di abbandono.
Anche qui, diventa difficile definire una funzione di questi registri condivisi e decentralizzati che non potrebbe essere svolta egualmente bene da registri più tradizionali. La Borsa australiana, per esempio, ha abbandonato il progetto di usare la Blockchain per le transazioni di compravendita. E simili abbandoni si sono dati per Maersk – il gigante del trasporto marittimo – e per Amazon.
La storia delle criptovalute si rivelerà, alla fine una delle più fumose iniziative di tutti i tempi: enormi risorse sono state gettate via in attività che non hanno creato valore e, se hanno avuto un impatto sulla società, questo è stato negativo.
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