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Paolo Gentiloni

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Mentre il governo prepara il rendiconto sulle risorse del Pnrr spese finora, anticipando – come fa il ministro Fitto – che l’importo sarà distante dai 22 miliardi previsti, e paventa ritardi sul raggiungimento degli obiettivi, con le stime che vedono a rischio fattibilità investimenti per 40 miliardi, il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, lancia l’avvertimento: la data del 2026 è inderogabile. I rinvii «non sono possibili dal punto di vista tecnico, politico e legale – afferma parlando nel corso del webinar “La recessione che verrà”, organizzato da Il Messaggero – Ritocchi sono possibili, ma rispettando gli impegni». Oggi Gentiloni prenderà parte all’evento annuale organizzato dai ministeri per gli Affari europei e il Mef insieme alla Commissione europea per fare il punto sull’attuazione e sulle prospettive del Piano italiano, con Céline Gauer, direttore generale della Task Force Ripresa e Resilienza della Ue a tirare le somme (i tecnici sono a Roma già da qualche giorno con in agenda incontri nei diversi ministeri).

L’Italia non è l’unico Paese in difficoltà e la richiesta di spostare il traguardo, racconta il commissario, è stata avanzata da tanti, ma la risposta è stata sempre no. «L’unico Paese europeo che ha maggiori difficoltà di assorbimento delle risorse dell’Italia è la Spagna. E la Spagna sta a testa bassa cercando di mantenere gli impegni». E l’Italia dovrà fare altrettanto: «Bisogna correggere quello che va corretto – dice – ma lavorare per attuare. Se ci sono ritardi vanno affrontati, ma il principale impegno è quello di cercare di rispettare i tempi e le scadenze. Penso che la sfida debba essere mantenuta. Questa è un’occasione e questa occasione non va e non può essere perduta».

Tanto più in uno scenario a tinte fosche, come quello che la guerra, con l’impennata inflazionistica, il caro energie e materie prime che non sono derivate, ha disegnato per l’Europa e non solo: la Ue, dice Gentiloni, «prevede una contrazione invernale più che una recessione, seguita da una molto graduale ripresa nel prossimo anno». E l’Italia «è chiaro che ha un problema in più rispetto agli altri Paesi europei, che è, a parte tanti problemi storici strutturali, di pagare l’altro debito: questa questione ovviamente è un limite alle possibilità di espansione di sostegno economico». Ma ha «l’antidoto del Pnrr, quindi – sostiene l’ex presidente del Consiglio – in che modo riusciremo a spendere questi quattrini secondo me sarà molto molto importante: possiamo continuare a non essere il fanalino di coda» in Europa «ma una delle condizioni è che nello spazio delle politiche espansive che abbiamo vada utilizzato fino in fondo». E poi sottolinea i risultati dell’Italia sulla ripartenza post crisi pandemica: «L’Eurozona è tornata prima del previsto» sui livelli pre Covid «e l’Italia, che doveva essere tra gli ultimi, invece ci è arrivata assieme ad altri Paesi».

Intanto dinanzi al rischio recessione il titolare del Mef, Giancarlo Giorgetti, rimarca la “prova di equilibrio” del governo in sede di stesura della legge di Bilancio tra la necessaria risposta a «l’emergenza energetica, con tutto ciò che serve per proteggere imprese e famiglie dai suoi effetti» e «la sostenibilità del debito», uno sforzo, rileva, che «i mercati hanno apprezzato, come mostra la riduzione dello spread in queste settimane».

Di ritardi e problemi nell’attuazione del Pnrr, parla anche il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, tracciando un bilancio sulle riforme e gli investimenti in capo al suo dicastero in occasione dell’audizione presso le Commissioni riunite Ambiente e Trasporti della Camera. Se sul primo fronte dichiara raggiunti tutti gli obiettivi – «rimane soltanto da conseguire la riforma relativa all’istituzione di una piattaforma strategica nazionale per la rete di porti e interporti, con termine al secondo semestre del 2024 ma si presume non ci saranno criticità nel rispettarla» –, quanto ai 47 investimenti da realizzare entro le scadenze fissate dal piano, afferma, «ci sono diverse criticità sulle varie linee di intervento».

Il ministro cita gli interventi ferroviari sui quali «si registrano alcuni ritardi sull’attuale road map di diverse procedure, per lo più rilevate alle mancate autorizzazioni di soprintendenze e delle commissioni per l’impatto ambientale». Salvini fa poi riferimento all’Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria, per la quale «non è ancora stato definito il tracciato con i territori coinvolti» e alla Roma-Pescara, sulla quale «sono emerse numerose criticità relative alla concreta fattibilità».

«Molte opere previste nel Pnrr – afferma – sono soltanto in minima parte finanziate con le risorse europee e in larga parte coperte dal fondo complementare, cioè con risorse nazionali: questo ci permetterà, fortunatamente, di svolgere un esame più flessibile circa il loro interesse a che siano effettivamente portate avanti e realizzate».

Nel frattempo conta di condividere con i colleghi che incontrerà lunedì a Bruxelles, per la riunione dei ministri dei Trasporti europei, «la necessità che su alcuni temi si dovrà aggiornare il Pnrr alla vita reale: firmare che chiudiamo tutto al 2026 è molto ambizioso», puntualizza. Da Bruxelles il ministro attende risposte anche sulla possibilità di cofinanziamento della realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, un’opera che nella legge di Bilancio il governo definisce “prioritaria”. Bisognerà capire se lo è altrettanto per l’Europa. Con la commissaria Ue Adina Valean, «sarò a cena domenica sera, non dovrò aspettare mesi per avere una risposta», afferma, rispondendo alle domande e alle critiche dei deputati in Commissione.

«Non è uno scherzo, è una cosa assolutamente seria», dice, ribadendo che l’opera «non è più rinviabile», e sottolineandone le ricadute positive in termini di ambiente, posti di lavoro e di riduzione dei costi di insularità della Sicilia. Il progetto «andrà aggiornato – continua – Una volta stimati i costi si valuterà la congruità e l’opportunità di andare avanti su questa opera».

Tornando al Pnrr, l’allarme sui ritardi rimbalza da un ministero all’altro. Pesano il caro energia e il caro materie prime. Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, quantifica «un onere maggiore di 5 miliardi» solo sugli interventi del suo settore.

«L’incremento dei costi» rende necessario una verifica su «cosa si possa stralciare o ridimensionare prima dell’avvio», dice il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Che aggiunge: «Se, d’intesa con la Ue, sarà possibile aggiustare qualcosa, lo faremo. Ma l’impianto fondamentale va preservato e portato avanti, altrimenti il rischio è quello di perdere i fondi», afferma, e intanto annuncia l’intenzione di affidare il controllo sulla realizzazione degli interventi del Pnrr di competenza del suo ministero all’unità, guidata da un generale dei carabinieri, che ha curato il Grande progetto Pompei.


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