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Christine Lagarde, governatrice della Bce

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La Bce insiste sulla stretta monetaria, si verso un nuovo rialzo dei tassi e i mutui si fanno più cari: 780mila sono a rischio insolvenza

Oggi la Banca centrale europea aumenterà di 75 punti base i tassi di riferimento, proseguendo così la stretta monetaria avviata in estate per arginare l’inflazione che, secondo Eurostat, nell’area dell’euro a settembre si è inerpicata al 9,9% (il 10,9% nell’Unione europea e il 9,4% in Italia), anche se questo dovesse comportare l’aggravamento degli effetti della recessione data per scontata all’inizio del 2023, con l’economia continentale già in contrazione nel quarto trimestre, come segnalato dalle recenti indagini sulle Pmi.

Questi aumenti si stanno inevitabilmente ripercuotendo, con un effetto domino, sui tassi d’interesse dei mutui ipotecari che diventano più cari per le famiglie già alle prese con il forte rincaro dell’energia elettrica. Ma di quanto? Secondo i calcoli di Facile.it, considerando un mutuo variabile medio, la rata potrebbe salire di quasi 50 euro. Sommando questo ultimo ritocco dei tassi con quelli dei mesi scorsi, l’incremento arriverebbe a quasi 150 euro in più da inizio 2022. In questo modo il servizio sul debito contratto diventerebbe ancora più oneroso, al punto che le fasce più deboli potrebbero non riuscire a onorare il pagamento delle rate alle scadenze concordate con le banche.

LA BCE ALZA I TASSI, LO SCENARIO RISPETTO AI MUTUI PIÚ CARI

Come si è arrivati a tanto e cosa potrebbe succedere ora con il nuovo aumento dei tassi? Le pressioni inflazionistiche rimangono elevate e il Consiglio direttivo della Bce, che si riunisce oggi a Francoforte, mira a portare rapidamente i tassi d’interesse in territorio neutrale. Le aspettative sono per un aumento dei tassi di riferimento di 75 punti base, cui dovrebbe seguirne un altro di 50 il 15 dicembre, che porterebbe il tasso di riferimento al 2%. In secondo luogo, è probabile che vengano annunciati cambiamenti nelle operazioni di finanziamento a lungo termine delle banche.

È verosimile che il Consiglio direttivo chiarirà che un’impostazione neutrale della politica monetaria potrebbe non essere appropriata in tutte le condizioni e ci si aspetta, di conseguenza, una transizione verso incrementi di 25 punti base nel 2023, quando il ciclo di rialzo passerà dalla normalizzazione all’inasprimento.

NEGLI USA SI PENSA A FRENARE, IN EUROPA NO

A differenza della Federal Reserve dove, secondo quanto riferito nei giorni scorsi dal quotidiano finanziario Wall Street Journal, tra i banchieri comincerebbe a circolare l’opinione che sia il momento di rallentare il passo della stretta per non causare troppi danni all’economia americana che mostra evidenti segni di deterioramento (non è più scontato che al meeting del 1° e 2 novembre si decida di procedere al rialzo consecutivo di 75 punti base per cercare di frenare l’inflazione, potendosi anche optare per un ritocco più contenuto, lasciandosi tuttavia la porta aperta per un successivo rialzo di 75 punti base qualora i nuovi dati confermassero che l’inflazione core non ha raggiunto il picco) la Bce antepone la lotta all’inflazione alle preoccupazioni per la crescita, sebbene la conformazione macroeconomica rimanga complessa e i rischi politici sono sempre più elevati.

Il mercato prevede un rialzo dei tassi di 140 punti base entro fine anno e di altri 100 nel primo semestre 2023, con le banche di credito che non aspettano altro che questo per aumentare a loro volta i tassi applicati sui finanziamenti e, in particolare, sui mutui.

Rimane una notevole incertezza su quale possa essere il tasso neutrale per l’area euro, ma qualsiasi punto nell’intervallo tra l’1,25% e il 2% in termini nominali sembra plausibile. Attualmente le valutazioni di mercato suggeriscono quindi un territorio piuttosto restrittivo per la Bce, con un picco del tasso di riferimento del 3,15% intorno alla metà del prossimo anno. Il tasso terminale previsto dal mercato appare ragionevole alla luce delle informazioni attuali, della grande incertezza sulle dinamiche dell’inflazione e rispetto ad altri Paesi come il Regno Unito o gli Stati Uniti.

LA RATA SALE DEL 32%

Per un mutuo a tasso variabile da 126mila euro, sottoscritto a gennaio 2022, l’aumento relativo alla rata è pari al 32%, con un costo di 604 euro. Questi aumenti stanno mettendo in difficoltà le famiglie, già alle prese con l’aumento del costo della vita, soprattutto con l’impennata dei costi dell’energia. Come confermano i dati raccolti da Facile.it, 2,4 milioni di persone con un mutuo a tasso variabile hanno fatto sapere di aver avuto difficoltà, nei primi nove mesi dell’anno, a rimborsare il finanziamento. Ben 218mila mutuatari hanno dovuto saltare una o più rate.

L’aumento dell’inflazione sta mettendo in difficoltà le famiglie. Nei prossimi mesi, infatti, più di 780mila mutuatari – con tasso fisso e variabile – hanno detto che, in caso di ulteriori aumenti dell’inflazione, si troveranno nella condizione di non riuscire a rimborsare la rate. Quali soluzioni?

«Surrogare il finanziamento verso un tasso fisso o un variabile con cap – dice Ivano Cresto, managing director dell’area finanza di Facile.it – per proteggersi da ulteriori aumenti, oppure allungare la durata del finanziamento, alleviando la rata mensile, potrebbero essere le soluzioni per ridurre la pressione sul budget familiare e non trovarsi in difficoltà».

I NUMERI

Per la simulazione, il riferimento è un mutuo di 126mila euro, da rimborsare in 25 anni, sottoscritto a gennaio 2022. Si ipotizza che nei prossimi mesi l’Euribor (è il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie tra le principali banche europee) cresca dello 0,75%.

Il tasso (Tan) di partenza sottoscritto a gennaio è pari a 0,67%, corrispondente a una rata mensile di 456 euro. Con gli aumenti della Bce (+0,50% a luglio e +0,75% a settembre) gli indici dei mutui variabili sono schizzati, dopo i movimenti contenuti nei primi mesi dell’anno. Con il rialzo dei tassi di altri 75 punti base, ipotizzando che l’Euribor cresca in modo analogo, la rata del mutuo salirà di 50 euro, rispetto a quella di ottobre. E nei prossimi mesi?

I MUTUI PIÚ CARI DOPO LA STRETTA SUI TASSI DELLA BCE

Per i primi mesi del 2023, il trend non cambierà. Facile.it guarda ai futures sugli Euribor, che rappresentano l’aspettativa degli operatori sull’andamento dell’indice per i prossimi anni, ed evidenzia un aumento ancora più consistente. Entro fine anno, l’Euribor a 3 mesi arriverà al 2,24%, con una rata che – nell’esempio della simulazione – arriverebbe a 630 euro, ossia 174 euro in più da inizio anno.

Non è detto che l’Euribor segua esattamente il rialzo dei tassi della Bce, ma in passato l’aumento è sempre stato quasi fedelmente replicato, anche se dopo qualche settimana.


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