Una riunione del consiglio dei ministri
5 minuti per la letturaMI SEMBRA di essere tornato al 2008, nei primi mesi di quell’anno infatti avevamo potuto leggere tutti i seguenti dati sulla crescita del PIL per lo stesso anno 2008 e per gli anni a seguire 2009 e 2010; riporto in particolare alcune previsioni prodotte da altissimi organismi dell’economia mondiale e nazionale (vedi tabella a fianco). E poi fummo avvisati in anticipo dal mondo dell’autotrasporto che stavamo entrando in una fase recessiva davvero preoccupante; tutte quelle previsioni positive ed ottimistiche già alla fine del 2008 raggiunsero soglie variabili tra – 4,8% e – 6%. (non lo dimentichiamo mai: gli autotrasportatori furono più lungimiranti).
Oggi viviamo una esperienza analoga anche se con una differenza sostanziale: nel 2008 erano chiari i segnali di crisi. Ebbene, solo cinque mesi fa nella Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (DEF) si precisava che la crescita del PIL nell’attuale autunno si sarebbe attestata su un valore pari a 2,4% mentre nella edizione in corso di presentazione in questi giorni tale valore è sceso allo 0,7%. Questo dato porta il deficit tendenziale del prossimo anno sopra il 5% contro il 3,9% previsto dal NADEF di aprile riducendo in modo consistente gli spazi di manovra di oltre 20 miliardi. In fondo si conferma, ancora una volta, quanto asserito da Max Weber: “Escluse quelle demografiche in economia le previsioni sono solo una interessante esercitazione mentale”. Ma a questo crollo di una potenziale disponibilità prevista, ripeto, solo cinque mesi fa, si aggiungono ulteriori esigenze che necessariamente dovranno trovare posto nella redigenda Legge di Stabilità 2023; mi riferisco in particolare all’adeguamento delle pensioni ad una inflazione superiore di tre punti alle stime di aprile e questo comporta una esigenza minima di circa 10 miliardi; la ipotesi di un taglio del cuneo fiscale il cui costo si attesta su un valore di circa 4 miliardi di euro; il rinnovo contrattuale del pubblico impiego stimato intorno ad un valore di circa 16 miliardi.
Queste voci, in realtà, le possiamo definire spese obbligatorie e quindi sappiamo sin da ora che la Legge di Stabilità avrà un costo di base di almeno 35 miliardi di euro. A questa soglia andranno aggiunte le misure indifferibili come, solo a titolo di esempio, il fondo profughi, le armi alla Ucraina, ecc. per raggiungere un costo obbligato di oltre 50 miliardi di euro. Quindi il Governo si insedia ed apprende subito che, come avvenne nel 2008, le previsioni dell’aprile di questo anno erano sbagliate e soprattutto quei 20 miliardi di euro che con un PIL del 2,4% sarebbero state disponibili per la manovra del 2023 non ci sono più. E cosa ancor più grave tutti gli impegni presi in campagna elettorale in cui all’ordine del giorno della prima seduta del Consiglio dei Ministri ci sarebbero state iniziative come: l’abrogazione della Legge Fornero, la istituzione della Flat Tax, il riavvio della realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, ecc., vengono automaticamente meno.
Questo non facile avvio di una Legislatura trova poi una ulteriore voce di spesa che è legata ad un provvedimento preso all’ultimo momento dal Governo Draghi con il Decreto Legge Aiuti Ter e relativo ai crediti di imposta sugli acquisti energetici delle imprese il cui importo supera di poco i 14 miliardi di euro. Diventa, quindi, urgente rivisitare in modo sostanziale il PNRR e proporre anche interventi nel comparto stradale e trovare condizioni procedurali capaci di attivare davvero la spesa. Ricordo solo che se nei due anni trascorsi dalla approvazione del PNRR fossimo riusciti a cantierare opere per un importo pari a 20 miliardi di euro avremmo avuto un incremento del PIL di 0,7% e quindi avremmo avuto una riduzione della previsione dal 2,4% all’1,4% e quindi una riduzione della disponibilità non di 20 miliardi ma di 12 miliardi. Ancora più grave, come più volte anticipato in questi oltre due anni di vita del PNRR, è la impossibilità di garantire il concreto avvio di opere sostanziali ubicate nel Mezzogiorno; siamo stati in grado anche di quantificare gli importi delle opere, quasi tutte di competenza delle Ferrovie dello Stato, ubicate nel Sud ed è emerso che delle opere il cui importo (tra PNRR e PNC) si attesta su un valore di circa 22 miliardi di euro, sarà possibile cantierare interventi, e quindi rispettare i vincoli della Unione Europea, per un importo non superiore ai 5 miliardi di euro.
Per questa serie di motivazioni è necessario richiedere subito la rivisitazione del PNRR anche perché oltre alla serie di emergenze che il nuovo Governo dovrà affrontare c’è anche il primo vero esame europeo del raggiungimento dei 55 obiettivi da raggiungere entro il 31 dicembre di questo anno e che valgono 21,8 miliardi di euro. Il Presidente Draghi, va dato atto, ha fatto l’impossibile per dare attuazione alle riforme e per cercare, in tutti i modi, di ottenere le prime tranche di risorse del PNRR. Tuttavia sull’avanzamento della spesa del comparto delle infrastrutture e sulla riforma del Codice Appalti (strumento base per un affidamento dei lavori), purtroppo ha trovato un Dicastero, quello delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, poco attento al reale avanzamento della spesa ed ingessato sul fronte delle riforme chiave come il Codice Appalti. Concludo convinto che questa serie di criticità, presenti proprio nella fase di avvio della nuova Legislatura, potrà essere superata proprio grazie alla conoscenza capillare di tutte le emergenze e di tutte le esigenze finanziarie riportate nella Nota Aggiornata del Documento di Economia e Finanza.
Questo strumento in realtà testimonia ancora una volta la encomiabile “coscienza di Stato” del Presidente Draghi; testimonia una convinta volontà a rispettare i tempi imposti dalla Unione Europea e ad evitare il rischio dell’esercizio provvisorio.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA