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Una piattaforma di trivellazione

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Siamo in questa fase della nostra esistenza martiri di una sommatoria di eventi che non solo hanno cambiato o stanno cambiando i riferimenti di base della nostra esistenza ma che, ed è la cosa più grave, ne modificheranno, in modo irreversibile, le future evoluzioni. Nasce spontaneo un interrogativo: quello che è successo è frutto di una fatalità, di una casualità imprevedibile?

Forse se effettuassimo una analisi oggettiva, forse se avessimo il coraggio di ammettere alcune nostre sottovalutazioni o, addirittura, se leggessimo con attenzione i comportamenti assunti anche da vasti schieramenti internazionali, ci accorgeremmo che c’è stato proprio, in questa ultima fase storica, una sottovalutazione di alcuni comportamenti.

L’ERRORE DELLA SOTTOVALUTAZIONE DELLA RUSSIA

Cominciamo con la guerra in Ucraina; come ho ricordato pochi mesi fa, c’è stata una chiara sottovalutazione dei comportamenti che, nell’ultimo quinquennio, aveva assunto la Russia nei confronti di alcuni Paesi come il Montenegro, la Serbia, la Romania e la Bulgaria, un chiaro interesse ad usare questi Paesi come territori da utilizzare per entrare sia nel Mediterraneo, sia in una rilettura dell’intero assetto logistico del Mar Nero.

La Russia aveva sostenuto ed in parte coperto finanziariamente la ristrutturazione del porto di Bar ed il collegamento ferroviario Bar – Belgrado, o aveva seguito in modo diretto le infrastrutturazioni degli HUB logistici di Costanza (Romania) e di Burgas (Bulgaria). Era solo un interesse mirato ad incrementare le proprie attività commerciali? Non credo, se si analizzano attentamente gli accordi si scopre sempre una presenza non solo logistica ma anche allargata al controllo ed alla gestione di altre attività, di altre funzioni. In realtà la Russia di Putin curava, da diversi anni, questo triste difetto finalizzato ad aumentare il ruolo, non solo economico, e, purtroppo, l’Italia e la Unione Europea forse avevano interpretato male un simile comportamento.

L’EMERGENZA LEGATA ALLO SCOPPIO DELLA PANDEMIA

Altra emergenza quella relativa alla pandemia; senza dubbio era imprevedibile o meglio era imprevedibile che accadesse nell’inverno del 2020 ma che un evento epidemico scoppiasse era sicuramente prevedibile e, quindi, anche in questo caso nasce spontaneo un interrogativo: come avevamo ipotizzato i possibili nostri comportamenti non solo a scala nazionale ma a scala planetaria?

Abbiamo scoperto, quando la pandemia è esplosa, che avevamo praticamente sottovalutato l’assistenza sanitaria capillare, quella dei medici di famiglia, che avevamo, addirittura, ridimensionato in modo sostanziale le risorse destinate alla Sanità specialmente negli ultimi cinque anni. In realtà, almeno nel nostro Paese avevamo sottovalutato che nella Sanità era necessario sposare una politica basata sulla ridondanza dei servizi offerti perché le emergenze nella Sanità si superano disponendo di più impianti (ricordiamoci il dramma dei primi mesi per il numero limitato di centri attrezzati per le terapie intensive).

L’EMERGENZA LEGATA ALLA CRISI ENERGETICA

Altra tragica emergenza è quella relativa alla crisi energetica, una crisi legata al blocco della Russia nella erogazione di gas ed in genere di prodotti energetici; su questo tema i nostri errori sono paradossali: un Paese come il nostro che non è in grado di disporre più del 30% di fonti proprie non poteva e non doveva da un lato essere legato, in modo così rilevante, alla Russia, non doveva in nessun modo ritardare, per quasi due anni, la realizzazione della Trans Adriatic Pipeline (TAP), non doveva bloccare le attività di trivellazione nel Mar Adriatico ed in Basilicata, non doveva bloccare la realizzazione di rigassificatori, non doveva farsi trovare con un numero di progetti per impianti rinnovabili completamente inadeguati (il 70% dei progetti inseriti nel PNRR sono stati bocciati perché privi di approfondimenti di base).

LA CRISI DELLE MATERIA PRIME E DELL’APPROVVIGIONAMENTO

Un’altra preoccupante emergenza è quella della crescita del costo delle materie prime e della logistica del loro approvvigionamento. Senza dubbio la limitata disponibilità di alcune materie prime è una delle cause dell’aumento folle dei prezzi ma un elemento dominante è anche la esplosione dei costi di trasporto. Questa esplosione abbiamo avuto modo di verificarlo proprio in questi ultimi mesi più volte e, a mio avviso, è sufficiente un dato: il costo del trasporto di un container da Shanghai ad un porto del Mediterraneo è passato dal 2021 al 2022 da circa 1.300 euro a circa 12.000 euro.

Questa inimmaginabile crescita è avvenuta proprio per una misurabile incapacità di costruire una pianificazione organica dei flussi ma anche evitare di pensare alla nuova logistica con un approccio miope; infatti abbiamo visto che i ritardi nei flussi nel mare Mediterraneo trovano origine in blocchi nei porti di Shanghai e di Los Angeles, cioè abbiamo immaginato per anni una offerta portuale legata ad un ambito geografico isolato, invece la offerta portuale stava diventando, anno dopo anno, una offerta portuale planetaria completamente indipendente dalle logiche e dalle politiche di un singolo Stato o di una aggregazione di Stati.

LA “DISTRAZIONE” DEGLI ULTIMI GOVERNI

Molti mi accuseranno, leggendo queste considerazioni, di essere d’accordo con chi, sistematicamente, dichiara: “piove Governo ladro”; a questa critica scontata rispondo che non intendo assolutamente utilizzare una simile frase ma forse potrei modificarla parzialmente: “piove non Governo ma Governi imprevidenti e distratti”. Ritengo opportuno precisare perché ho usato anche l’aggettivo “distratti”, perché se effettuassimo una analisi storica degli ultimi dieci anni scopriremmo un comune denominatore in tutti i Paesi industrialmente avanzati: una diffusa e sistematica distrazione proprio su tematiche portanti della crescita e dello sviluppo.

Un esempio di “distrazione” lo viviamo d’altra parte nel nostro Paese da ben 75 anni e mi riferisco al reddito pro capite di chi vive nel Mezzogiorno del Paese pari ad appena 17.400 euro all’anno ed al reddito pro capite di chi vive al Nord pari ad oltre 36.000 euro. Quando nel prossimo autunno aumenteranno ulteriormente i prezzi, aumenterà la incidenza fiscale, ecc-, allora quel reddito pro capite, quello del Mezzogiorno, sarà l’indicatore più forte di ciò che chiameremo “povertà”; anche questa esplosione la definiremo imprevedibile? Non credo, Questa è e rimane una imperdonabile “distrazione”.


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Francesco Ridolfi

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