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Un gasdotto

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Di fronte ai numeri stellari delle quotazioni del gas si allineano quelli del bollettino dei danni e delle ferite inferte dai rincari al sistema economico e sociale.

La corsa del gas sembra rallentare dopo il picco toccato lunedì sulla scia della chiusura per tre giorni dei rubinetti del Nord Stream annunciata da Gazprom, il colosso energetico russo che l’aveva portata fino a 295 euro al Megawattora alla borsa di Amsterdam. Ieri, dopo un’apertura a 291 euro, la seduta ha chiuso con il prezzo sotto quota 270, in calo del 2,78% a 269,05 euro al Mwh.

Il costo per le imprese e per le famiglie della spirale inflazionistica che ha innescato è altissimo, con molte attività che rischiano lo stop, se non la chiusura, e un carrello della spesa che pesa sempre più sulle tasche degli italiani. C’è la guerra in Ucraina e il ricatto di Putin sul gas a spingere il rialzo delle quotazioni del gas che moltiplicano le cifre delle bollette di luce e gas.

C’è sempre il conflitto tra Kiev e Mosca dietro i rincari delle materie prime e ad aggravare ulteriormente la situazione c’è la siccità che ha devastato i raccolti. Una tempesta perfetta che soffia sui prezzi e che, stima Coldiretti, espone a rischio alimentare 2,6 milioni di persone che dovranno chiedere aiuto per nutrirsi. Il focus sulla Puglia evidenzia il raddoppio del numero delle famiglie in povertà assoluta nella regione, con l’indice che, secondo i dati Istat, è passato in 1 anno dal 18,1% al 27,5%.

Un esercito di nuovi poveri costretti alle file davanti ai portoni delle mense e ai punti di distribuzione dei pacchi alimentari.

L’impatto dell’inflazione sul carrello della spesa, “spinto” dalle quotazioni record del gas, secondo l’analisi illustrata da Coldiretti nel corso del Meeting di Rimini, costerà infatti alle famiglie italiane 564 euro in più solo per la tavola nel 2022. Aumento record per il pane, che comporta una spesa annuale aggiuntiva di 115 euro, più della carne (+98) o delle verdure (+81). L’esplosione del gas ha un effetto devastante su una filiera che fa già i conti la crisi idrica che ha bruciato 6 miliardi, dove più di un’azienda agricola su 10 (13%) si avvia verso la cessazione dell’attività e oltre 1/3 del totale nazionale delle imprese agricole (34%) lavora in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari, secondo il Crea.

Le bollette “impazzite” rischiano di fermare anche le macchine delle industrie, energivore e non, e chiudere i battenti delle piccole e medie attività. E tanti lavoratori tornano a vedere il loro posto in bilico.

Confesercenti ne vede già a rischio 250mila dal momento che i rincari potrebbero spingere fuori dal mercato circa 90 mila imprese. L’associazione fa i conti in base alle stime elaborate su dati Innova, Unioncamere e Agenzia Entrate: se nel 2020 e 2021 un bar spendeva in media 6.700 euro per le bollette di luce e gas, nei prossimi dodici mesi, ipotizzando che gli aumenti attuali restino costanti, dovrà spenderne 14.740. Un aumento del 120% e un’incidenza sui ricavi aziendali che passa dal 4,9% al 10,7%. Un albergo di medie dimensioni vedrà lievitare la spesa per la bolletta energetica da 45.000 a 108.000 euro; la cifra sale da 1.900 a 3.420 euro (+80% per un esercizio di vicinato); da 13.500 a 29.700 euro (+120%) per un ristorante.

Tanto Confesercenti quanto Confcommercio chiedono al governo di estendere il credito d’imposta anche alle imprese non energivore e non gasivore.

Dal terzario all’industria: per Federacciai con i prezzi dell’energia alle stelle il settore rischia uno stop generalizzato perché, spiega il presidente Antonio Gozzi, “produrre con questi costi significa perdere centinaia di euro a tonnellata prodotta”. “Dopo le ferie estive moltissimi stanno valutando di non ripartire”, afferma, indicando nel price cap l’unica strada percorribile.

Alta e generalizzata l’eventualità di uno stop anche per il settore    della dove, oltre ai costi energetici, pesa anche la difficoltà di trovare fornitori di gas. “Non abbiamo la possibilità di redigere dei contratti per l’anno termico che parte l’1 ottobre con le società che forniscono gas – racconta il presidente di Assocarta Lorenzo Poli – a causa dell’incertezza sul mercato dell’energia, perché nessuno riesce a fare più a fare il prezzo”. Critica anche la situazione dei distributori di metano, che in Italia sono 1.500. “Ai prezzi attuali rischiamo di vederli scomparire dal mercato”, avverte il presidente di Federmetano, Dante Natali, spiegando che è “impossibile vendere il metano per autotrazione a 3 euro al chilo”. La conferma arriva Conftrasporto-Confcommercio: “Il nostro settore si muove per il 95% con il gasolio e per il 5% con il gas. Ma chi ha fatto investimenti su veicoli a gas metano oggi li ferma, perché non è sostenibile questo aumento dei costi”, afferma il segretario generale Pasquale Russo, sottolineando che “mediamente il costo del prodotto petrolifero, del gas in questo caso, vale il 30% dei costi di un’impresa di trasporto. Quindi con un costo quadruplicato abbiamo un aumento complessivo di costi di esercizio di circa il 10-15%. È impossibile andare avanti per imprese che lavorano a marginalità molto ridotta, come quelle del trasporto”.


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