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Gli italiani tagliano gli acquisti di cibo sempre più caro, ma all’estero le produzioni agroalimentari non conoscono crisi e continuano ad inanellare successi. Il trend positivo riguarda comunque tutti i flussi commerciali. A maggio sul mese precedente l’aumento è stato del 4,8% (+0,3% l’import). Su base annua la crescita schizza al 29,5% al traino di metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+33,5%), prodotti petroliferi raffinati (+118,5%), articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+46,4%) e prodotti alimentari, bevande e tabacco (+28,2%).

Se si tiene conto dei primi cinque mesi si conferma un andamento positivo anche se lievemente ridimensionato con + 22,6%.

A maggio il disavanzo commerciale è pari a 12 milioni, a fronte di un avanzo di 5.633 milioni dello stesso mese del 2021 con il bilancio energetico in rosso a 8.261 milioni (era di 2.989 milioni lo scorso anno). L’Istituto di Statistica, nel suo commento, ha sottolineato la crescita congiunturale delle spedizioni sui mercati esteri sostenuta dal commercio con i paesi dell’Unione europea, ma anche extracomunitari. Nella media degli ultimi tre mesi – ha evidenziato la nota – la dinamica congiunturale è molto positiva.
Su base annua, l’export segna una netta accelerazione (+29,5%, da +15,1% di aprile), con incrementi diffusi a tutti i settori e a tutti i principali paesi partner, a esclusione di Russia e Cina. Gli acquisti di gas naturale e di petrolio greggio contribuiscono per 13,9 punti percentuali al forte incremento tendenziale dell’import del nostro Paese.

L’agroalimentare è tra i settori che sono andati meglio e la Coldiretti con +21% nei primi cinque mesi ha parlato di “record storico”. Nonostante la guerra in Ucraina, le esportazioni alimentari nazionali sono in aumento – ha affermato l’organizzazione agricola – sul primato annuale di 52 miliardi fatto registrare nel 2021. La crescita maggiore in Francia dove, rispetto allo stesso periodo del 2021, il Made in Italy ha segnato +21%, seguita dagli Stati Uniti con + 20% e al terzo posto la Germania (+15) che resta però il principale sbocco commerciale. E’ boom poi nel Regno Unito (+25%): i prodotti alimentari tricolore sono riusciti a vincere sulla Brexit. Un’altra sorpresa è la Turchia dove l’alimentare mette a segno una crescita del 25%. Si tratta, come è noto, del Paese che sta svolgendo una forte azione di mediazione per sbloccare il grano ucraino e proprio ieri il ministro della Difesa, Hulusi Akar, ha annunciato che è stato concordato un piano per il trasporto di cereali e generi alimentari attraverso corridoi sicuri dai porti del Mar Nero e in questa settimana si dovrebbero definire le azioni operative.
Ovviamente le vendite sono crollate in Russia, ma è negativo anche il dato cinese (-29%) per la ripresa dei contagi Covid, con il diffondersi di nuovi lockdown localizzati in province con milioni di abitanti e importanti distretti produttivi e commerciali come Shanghai. I prodotti che guidano la crescita sono il vino, campione di export, seguito dall’ortofrutta. Le potenzialità dunque ci sono, ma l’Italia potrebbe fare di più anche per “aggredire” quegli oltre 100 miliardi di Italian sounding che con un sistema organizzato potrebbero essere coperti dai veri prodotti nazionali. Ma occorre lavorare anche sul fronte dei trasporti, perché oggi i costi per l’Italia sono nettamente superiori rispetto a quelli dei competitor dell’Unione europea, dalla Spagna alla Francia.

“Per sostenere il trend di crescita dell’enogastronomia nazionale – ha sostenuto il presidente di Coldiretti. Ettore Prandini – serve agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo”. Va colta ora o mai più (crisi di Governo permettendo) l’occasione del Pnrr con le risorse messe in campo per modernizzare la logistica nazionale che ogni anno rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export. E’ importante, per Coldiretti, lavorare anche sull’internazionalizzazione per sostenere le imprese che vogliono conquistare nuovi mercati e rafforzare quelli consolidati valorizzando il ruolo strategico dell’Ice e con il sostegno delle ambasciate. Un recente focus della Sace sull’export dell’agrifood italiano ha segnalato che oltre agli storici mercati tradizionali di punta come Germania e Stati Uniti, ottime prospettive arrivano da aree in crescita dalla Cina alla Corea del Sud. Per quanto riguarda i prodotti vino, olio d’oliva, e pasta sono, ha ricordato Sace, gli ambasciatori del made in Italy nel mondo a cui si devono gli eccellenti risultati del 2021 rappresentando il 22,4% del totale dell’export agroalimentare.

Ma per puntare sempre più in alto bisogna soprattutto produrre di più per garantire quantità sufficienti ai consumatori italiani e rafforzare le vendite sui mercati mondiali. Le condizioni in cui operano le imprese agricole non sono però le più propizie tra la guerra che ha fatto impennare i costi, l’inflazione che sta tagliando il carrello della spesa e la siccità destinata a peggiorare con la colonnina di mercurio che è tornata a impennarsi. Uno dei prodotti che risulta tra i più penalizzati dalla morsa dell’afa è il pomodoro da salsa prodotto strategico anche per quanto riguarda le esportazioni. Le temperature roventi – questo l’allarme lanciato dalla Coldiretti – hanno ridotto i raccolti dell’11% facendo scendere la produzione a 5,4 miliardi di chili. Per questo non sarà più disponibile una bottiglia di pomodoro su dieci. E’ partita con queste premesse la raccolta 2022, in forte anticipo per il gran caldo che ha accelerato i processi di maturazione. Il clima ha dunque decimato il raccolto del prodotto simbolo della Dieta mediterranea che quest’anno viene colpita in tutte le sue componenti, dal grano destinato alla produzione di pasta stimato in calo di circa il 15%, all’ olio extravergine con gli ulivi in sofferenza per la mancanza di acqua fino a ortaggi e frutta che stanno bruciando nei campi con danni fino al 70 per cento. Il pomodoro per passate, pelati e concentrati, è coltivato su 70mila ettari tra Emilia Romagna, Lombardia, Campania e Puglia e alimenta una filiera di 6.500 imprese agricole, 90 di trasformazione, 10mila addetti e un fatturato di 3,7 miliardi di cui la metà realizzato grazie all’export. A forte rischio sono dunque tutti i prodotti simbolo della tavola made in Italy e molti arrivano dalle regioni del Mezzogiorno.

Il taglio produttivo rischia così di mettere in crisi filiere strategiche che, come confermano i dati Istat, sostengono le esportazioni che sono l’unica ancora di salvezza per il sistema agroalimentare. Bisogna anche ridare una iniezione di fiducia alle imprese fortemente provate da caro materie prime ed energia. Secondo un recente sondaggio dell’Ismea, su un panel di 795 aziende agricole e 586 di trasformazione, la fiducia risultava ai minimi. Particolarmente negativo il sentiment degli agricoltori per le criticità legate ai costi e all’approvvigionamento. E la siccità adesso sta dando il colpo di grazia.


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