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Mesi non facili sono quelli che precedono la prossima verifica elettorale, quella per le elezioni del nuovo Parlamento; voteremo a marzo o ad aprile o, secondo alcuni, a maggio del 2023, cioè fra meno di un anno e in questi 9-10 mesi sappiamo già la serie di criticità, la serie di preoccupanti negatività che ci attende.

Una serie di negatività che sicuramente colpirà tutte le fasce sociali del Paese ma, soprattutto, sempre in questi prossimi mesi diventeranno misurabili e concrete tutte quelle previsioni che, non coloro che in più occasioni sono stati definiti pessimisti e terroristi mediatici, ma soggetti terzi, come alti funzionari della Unione Europea, avevano preannunciato da almeno un anno.

Senza dubbio saremo costretti a modificare in modo sostanziale il PNRR e ad assegnare le risorse, forse oltre il 40%, ad interventi urgenti nel comparto energetico ed una simile scelta, basandosi essenzialmente su quelle risorse che rischierebbero di non essere utilizzate, annullerà, quasi integralmente, le ipotetiche assegnazioni previste dal PNRR per il Mezzogiorno. Cioè, come ho già più volte denunciato, fra qualche mese, in particolare a cavallo tra settembre ed ottobre prossimi, ci renderemo conto che sarà necessario distinguere, come tra l’altro annunciato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco nel convegno di Cernobbio un mese fa, tra “scelte ed interventi del breve termine” e “scelte del medio termine”.

Nel medio termine saranno inseriti tutti quelli già ora presenti nel PNRR; sì avremo un PNRR che potremmo definire “modello ex premier Conte”; sì proprio quello che l’allora Presidente del Consiglio due anni fa, di ritorno da Bruxelles, ci descrisse assicurando l’arrivo di una prima tranche di 25 miliardi entro il 2020 e l’apertura entro il 2020 dei primi cantieri; dopo due anni purtroppo l’apertura dei cantieri è rimasta solo un annuncio. Mentre il PNRR del breve termine conterrà interventi relativi al comparto energetico per un valore di circa 90 miliardi di euro e riguarderà tanti interventi come le trivellazioni nel Mar Adriatico e nel Canale di Sicilia, come i rigassificatori, come l’adeguamento delle attuali reti di trasporto di energia, come impianti per la produzione di energie rinnovabili.

Questo cambiamento strategico produrrà sicuramente un primo misurabile fastidio negli schieramenti politici del Sud ed in particolare nell’elettorato del Sud dove questa volta ci sono due elementi davvero preoccupanti: da un lato la forte delusione nei confronti del Movimento 5 Stelle e dall’altro la completa assenza di azioni per il rilancio del Mezzogiorno da parte di tutti gli schieramenti politici. Il Partito Democratico ha un bilancio fallimentare per interventi nel Mezzogiorno, il Movimento 5 Stelle ha un bilancio fallimentare per interventi nel Mezzogiorno (addirittura è responsabile del blocco della crescita), la Lega ha un bilancio fallimentare per interventi nel Mezzogiorno; ho preso i tre schieramenti perché prima dell’attuale Governo di “unità nazionale” avevano, in fasi alterne, governato, o meglio tentato di governare il Paese. Non intendo per correttezza ricordare le persone che essendo state Ministre o Ministri del Sud o delle Infrastrutture non hanno reso possibile la attuazione o l’avvio di una norma, di un atto programmatico o di un cantiere nel Mezzogiorno e se lo hanno fatto trattavasi di opere avviate anni prima.

Poi avremo, sempre nei prossimi mesi, una serie di ulteriori fastidi, di ulteriori criticità come l’aumento del costo dei servizi, l’aumento del costo dei carburanti, il cadenzamento della fornitura di energia e, in modo più preoccupante, una ulteriore impennata dell’inflazione. Questi che ho chiamato “fastidi” rischiano di produrre veri scostamenti, veri cambiamenti in quell’articolato mondo degli schieramenti politici e l’elettorato potrebbe, davvero, dare origine ad inimmaginabili sorprese.

Per poter verificare se questa banale analisi sia anche oggetto di approfondimento da parte dell’attuale sistema degli schieramenti politici ed in particolare delle forze che appoggiano l’attuale Governo, penso siano importanti due strumenti:

• La Legge di assestamento del bilancio dello Stato da approvare entro il 30 giugno prossimo • Il Documento di Economia e Finanza (DEF) da produrre da parte del Governo entro il 30 settembre di questo anno

Il primo strumento ci farà capire quale sia davvero la sofferenza del nostro bilancio di questi non facili primi sei mesi del 2022 e quale sia l’atteggiamento del Governo nei confronti di possibili scostamenti. Il secondo strumento, tra l’altro propedeutico alla Legge di Stabilità 2023, dovrà necessariamente soffermarsi su due aree tematiche:

• quale possa essere lo scenario a scala nazionale ed internazionale che caratterizzerà il breve termine e quali le azioni finalizzate a contenere la serie di criticità

• quale possa essere un nuovo rapporto tra organo centrale ed organo locale alla luce della nuova esigenza di autonomia da parte delle Regioni

Quindi, gli attuali pronostici sulle possibili percentuali che gli attuali schieramenti o le future alleanze potranno ottenere nella prossima verifica elettorale sono, a mio avviso, davvero teorici e forse privi di adeguata motivazione, come sono ancora teoriche le possibili alleanze o le possibili nuove formazioni perché il “brodo elettorale” già fra pochi mesi subirà degli stress che lo allontaneranno ulteriormente dall’interesse per la politica e dagli schieramenti tradizionali e questo vero sconvolgimento non è causato dalla guerra in Ucraina o da altri fattori ma è legato alla sommatoria di errori commessi dalla politica in una delle peggiori Legislature della nostra Repubblica Si formeranno nuovi partiti, si formeranno nuove alleanze, forse, ciò che ci aspetta però è diverso da ciò che immaginiamo e questa, non ce ne siamo ancora resi conto, è un sensazione che non avevamo mai vissuto in passato.


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