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Il Presidente Draghi alla Riunione ministeriale del Consiglio dell'Ocse

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Un tetto al gas per frenare la corsa dell’inflazione, nuovo debito comune – sul modello dei fondi Sure – per consentire agli Stati di sostenere i propri cittadini contro il caro energia, il recupero del potere d’acquisto dei salari senza innescare la spirale della rincorsa ai prezzi, lo sblocco dei porti ucraini per scongiurare una crisi umanitaria e nessun passo indietro sulla transizione energetica.

Inaugurando i lavori della riunione ministeriale del Consiglio dell’Ocse – presieduta dall’Italia – a Parigi, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, rilancia la battaglia italiana per la definizione di un price cap per contenere i prezzi del gas alle stelle e il peso per le famiglie e le imprese, e mettere in campo un strumento di sostegno finanziario per gli Stati per affrontare la sfida sull’energia.

Su entrambi i punti ha cercato la rinsaldare l’asse con la Francia di Emmanuel Macron – durante il bilaterale con cena all’Eliseo al suo arrivo a Parigi martedì – contro l’ostilità dei Paesi del Nord, in vista del Consiglio europeo in programma il 23 e il 24 giugno. E passa in rassegna le questioni aperte dal conflitto indicando la strada per affrontarle.

“Il prezzo della guerra” è il titolo dell’ultimo Economic Outlook dell’Ocse, presentato mercoledì, che ha rivisto decisamente al ribasso le stime sul Pil mondiale. Draghi non ritorna su i numeri, ma tira le somme : «L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha portato a un significativo peggioramento delle prospettive di crescita e a un forte aumento delle aspettative di inflazione». Per frenare la corsa dei prezzi, evidenzia, la banche hanno «iniziato a inasprire la politica monetaria, provocando un inasprimento dei costi di finanziamento».

E a stretto giro, da Amsterdam, Christine Lagarde, ufficializza la svolta delle Bce annunciando lo stop agli acquisti di titoli di Stato nell’ambito del Quantitative easing e dal 21 luglio, quando si riunirà il Consiglio direttivo, il primo rialzo dei tassi di interesse di 25 centesimi – è la prima volta dopo 11 anni – cui seguirà un secondo aumento a settembre.

Il blocco della catene di approvvigionamento alimentare – del grano fermo nei porti ucraini in primis – oltre che esporre i Paesi più poveri al rischio di una «catastrofe umanitaria», ha fatto lievitare i prezzi anche in quelli più ricchi. «Nell’area dell’euro, a maggio i prezzi sono aumentati dell’8,1% rispetto a un anno prima», afferma Draghi, sottolineando che “sottraendo” l’energia e i beni alimentari l’aumento risulta dimezzato: un balzo comunque «significativo», ma che resta «molto inferiore a quello degli Usa».

In Italia l’inflazione di fondo a maggio si è attestata al 2,9%. La disoccupazione nell’Eurozona è sotto il 7% e i consumi ancora sotto i livelli pre Covid. Draghi rileva che nella Ue l’impennata dell’inflazione è «il risultato di una serie di shock dell’offerta».

La perdita del potere d’acquisto pesa sui bilanci familiari. Bisogna recuperarlo, afferma Draghi, ma «senza creare una spirale prezzi-salari che a sua volta porterebbe a tassi di interesse ancora più altri». La priorità è «ridurre i prezzi dell’energia e offrire sostegno finanziario alle famiglie e alle imprese, soprattutto a quelle più bisognose».

Draghi lo sottolinea rilanciando di fronte ai rappresentati dei 36 paesi Ocse la proposta italiana per la definizione di un price cap, pur nella consapevolezza che sarà difficile arrivare un accordo già alla prossima riunione dei capi di Stato e di governo. «Questa misura – sostiene – limiterebbe l’aumento del tasso di inflazione, sosterrebbe i redditi disponibili e ridurrebbe i nostri flussi finanziari verso Mosca. Le discussioni sono ancora in corso e la strada da percorrere potrebbe essere lunga». Fa poi appello alla responsabilità e alla solidarietà che deve essere nazionale, e cita gli interventi contro il caro bollette finanziati con trasferimenti statali la tassa sugli extra profitti realizzati dalle aziende dell’energia per via dello «shock energetico».

Ma anche europea, e l’idea è quella di ricorrere nuovamente al debito comune per mettere i Paesi in condizione di affrontare la sfida energetica, abbandonando la sudditanza da Mosca. «Nell’Unione europea dobbiamo considerare la possibilità di replicare alcuni degli strumenti comuni che ci hanno aiutato a riprenderci rapidamente dalla pandemia», afferma indicando il Sure, il Temporary Support to Mitigate Unemployment Risks in an Emergency, che «ha fornito prestiti stabili e a basso costo agli Stati membri dell’Unione Europea, affinché potessero salvare posti di lavoro e sostenere i redditi». Uno strumento simile, stavolta centrato sull’energia, afferma, «potrebbe garantire ai Paesi vulnerabili un maggiore margine di manovra per aiutare i propri cittadini in un momento di crisi».

C’è poi la necessità di rendere «sostenibili nel tempo» le sanzioni imposte dalla Ue per spingere il Cremlino a fermare la guerra e aprire i negoziati. I risultati ci sono stati: «Hanno inferto un duro colpo agli oligarchi e settori chiave dell’economia russa». Un strumento di sostegno europeo «rafforzerebbe il sostegno popolare al nostro sforzo di sanzioni congiunte e contribuirebbe a preservare la stabilità finanziaria nell’area dell’euro». Sul fronte della “guerra del grano”, di fronte al fallimento della mediazione turca tra Russia e Ucraina per far partire tonnellate e tonnellate di cerali bloccate nel Mar Nero, Draghi guarda alle Nazioni Unite come unica alternativa ancora in campo: «Dobbiamo offrire al presidente Zelensky le garanzie necessarie affinché i porti non vengano attaccati».

I tanti fronti aperti dal conflitto, dice Draghi, non devono distogliere l’attenzione dagli obiettivi della transizione ecologica che, anzi, deve accelerare per passare a un modello di crescita più sostenibile e ridurre la dipendenza energetica da Mosca, che vuol dire spingere sulle energie rinnovabili, sull’idrogeno verde e sulla ricerca e lo sviluppo di «nuove soluzioni di energia pulita». Ieri, intanto, appena rientrato da Parigi, ha firmato i Dpcm di nomina dei governatori Stefano Bonaccini e Eugenio Giani commissari straordinari per i rigassificatori rispettivamente della Regione Emilia-Romagna e della Regione Toscana. Le opere saranno finalizzate all’incremento della capacità di stoccaggio e rigassificazione del Paese attraverso unità galleggianti e saranno collegate alle reti di trasporto delle regioni.


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