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Ignazio Visco

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Il respiro della Relazione della Banca d’Italia è stato più ampio del solito, dato che si è sollevato nel tumulto di una guerra in Europa che sarà gravida di conseguenze. Alcune, ovviamente, negative. Altre, potenzialmente positive, dato che andranno a pungolare – come già successe con la pandemia – altri passi della costruzione europea.

Su questi passi il governatore Ignazio Visco ha fatto proposte costruttive. Evitando i tempi lunghi di una revisione dei Trattati, Visco propone «la predisposizione di uno strumento pronto per essere utilizzato in caso di necessità, evitando di dover creare di volta in volta programmi ad hoc, come è avvenuto dopo la crisi dei debiti sovrani e durante la pandemia. In questo modo si rafforzerebbe la fiducia nella capacità europea di intervenire tempestivamente quando necessario.

Il nuovo strumento potrebbe finanziare progetti comuni di carattere eccezionale o concorrere alla stabilizzazione macroeconomica dell’area in risposta a shock di particolare entità. Sull’esempio del programma Ngeu, si reperirebbero risorse attraverso l’emissione di debito dell’Unione per trasferirle ai Paesi membri affinché le impieghino con criteri e per scopi concordati a livello europeo; il servizio di questo debito sarebbe assicurato da adeguate entrate proprie».

UNO STRUMENTO DI PRONTO INTERVENTO

In sostanza, si tratta di rendere permanente uno strumento di pronto intervento: nell’ospedale da campo della costruzione europea si tratta di aggiungere un tendone per il Pronto soccorso, come già auspicato in passato su questo giornale.

Non meno importante è la reiterazione di quanto già argomentato dal governatore nei mesi scorsi: «Vi sono solide ragioni per avviare anche forme di gestione comune di una parte dei debiti nazionali emessi in passato – per esempio la componente riconducibile all’emergenza pandemica – attraverso un fondo europeo che acquisisca, finanziandosi sul mercato, una quota dei titoli pubblici esistenti. Nella consapevolezza delle difficoltà politiche che incontra una tale iniziativa, va ancora una volta sottolineato il contributo che essa fornirebbe al rafforzamento della stabilità dell’area nel suo complesso e alla creazione di un mercato delle obbligazioni pubbliche sovranazionali di spessore e liquidità adeguati, con riflessi positivi anche nella prospettiva del completamento dell’unione bancaria e di quella del mercato dei capitali. L’attività di un tale fondo europeo sarebbe strutturata in modo da evitare trasferimenti sistematici di risorse tra paesi e da preservare gli incentivi a condurre politiche di bilancio responsabili».

GLI ASPETTI POSITIVI

Nel frattempo, guardiamo al presente, dato che è sul hic et nunc che si fondano le speranze per il futuro. Visco invita a non preoccuparsi troppo dei riflessi pavloviani del mercato, che hanno spinto lo spread verso i 200 punti: «Questo brusco incremento non riflette improvvisi cambiamenti nelle condizioni di fondo dell’economia: la posizione netta sull’estero è robusta, i produttori italiani competono con successo sui mercati di sbocco, è contenuto nel confronto internazionale l’indebitamento delle famiglie e delle imprese…».
E, nonostante «il deterioramento del quadro congiunturale, secondo le più recenti valutazioni della Commissione europea il rapporto fra il debito e il Pil continuerà a scendere in Italia sia quest’anno, sia il prossimo».

L’ hic et nunc, va detto, sta migliorando. Mentre Visco leggeva la Relazione, che a un certo punto recitava: «L’attività produttiva si è indebolita nel primo trimestre, risentendo anche della ripresa dei contagi; dovrebbe rafforzarsi moderatamente in quello in corso», l’Istat rilasciava un comunicato sull’attività economica del primo trimestre, che cambiava il segno della variazione del Pil: da -0,1 a +0.2.

Di per sé, tali revisioni rientrano nei margini di errore, ma c’è qui un significato simbolico. Da quando la crisi sanitaria colpì l’Italia così duramente, ci si interrogò su quanto tempo dovesse passare prima che l’economia italiana potesse riguadagnare i livelli di prima della pandemia. Si pensava alla fine di quest’anno, ma poi la speranza fu messa in forse dalle pesanti conseguenze della guerra in Ucraina.

SPINGERE SUL PNRR

Ebbene, gli ultimi dati dell’Istat mostrano che nel trimestre appena passato abbiamo finalmente riagguantato il livello del Pil del IV trimestre 2019 (subito prima dell’urto del virus): la differenza è minima, come si vede nella tabella, ma è superiore a zero. E, ciò che più conta, la qualità migliora anch’essa. Le componenti del Pil sono virtuose, nel senso che sono aumentati nettamente, rispetto ad allora, investimenti (con la sola eccezione dei mezzi di trasporto, dove, come è successo dappertutto, le fabbriche soffrono anche della mancanza di chip) ed esportazioni. Certo, l’import, è aumentato ancora di più dell’export, grazie alla forza della domanda interna, ma, come ha ricordato Visco, la nostra bilancia con l’estero è ancora ampiamente positiva.

Se l’hic et nunc sta migliorando, l’orizzonte è ancora rigato dall’incertezza circa gli sviluppi del conflitto. Ragione in più per spingere su quella manna dal cielo che è il Pnrr: un’occasione irripetibile di cambiamento (per il meglio) strutturale, ma anche una rete di sicurezza congiunturale che possa far fronte, con robuste iniezioni di spesa, ai possibili vuoti di domanda legati alle conseguenze – dirette e indirette – della sciagurata invasione dell’Ucraina.


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