Il presidente del Consiglio Mario Draghi col governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco
6 minuti per la letturaIL PROLUNGAMENTO della guerra in Ucraina taglierà complessivamente di circa 2 punti percentuali la crescita italiana nel biennio, collocandosi al 2,2% quest’anno e all’1,8 il prossimo, contro il 3,8% e 2,5% previsti a gennaio. E il quadro avrebbe «sviluppi più avversi» se si dovesse arrivare al blocco delle importazioni del gas russo: la contrazione sarebbe dello 0,3% nel 2022 e dello 0,5 nel 2023, spingendo l’indice dei prezzi al consumo al 7,8% nel 2022 (+4 punti rispetto a gennaio), per poi scendere al 2,3% nel 2023.
Nelle “Considerazioni finali” il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, disegna lo scenario determinato dall’invasione russa dell’Ucraina, le tensioni sui prezzi alimentate dai costi dell’energia, la crisi degli approvvigionamenti, la crisi umanitaria determinata dal blocco dei “granai del mondo”, l’Ucraina e la Russia, il rischio di assistere alla restaurazione di un mondo diviso in blocchi. Di fronte alla corsa dell’inflazione – che dopo la frenata di aprile (6%) a maggio è arrivata a toccare il 6,9%, un livello record dal marzo 1986, quando aveva raggiunto il 7,2% – invita a evitare «la rincorsa tra prezzi e salari».
Nel sottolineare come l’aumento dello spread tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi confermi che «il debito pubblico resta un elemento di forte vulnerabilità» avverte sulla necessità di non «abbassare la guardia» e suggerisce prudenza nella gestione della finanza pubblica: «il ricorso al debito per finanziare nuovi programmi pubblici, tranne per quanto necessario per fare fronte a situazioni di reale emergenza, avverte, va evitato». Il Pnrr rappresenta un’occasione straordinaria per sostenere la crescita e attutire l’impatto delle ricadute del conflitto e ridurre i gap strutturali del Paese, territoriali in primis. In particolare, «dagli stanziamenti ingenti» che arriveranno nel Mezzogiorno – circa 120 miliardi tra Pnrr, fondi strutturali europei e Fondo di sviluppo e coesione – , sostiene il governatore, «è lecito aspettarsi un effettivo rilancio dell’economia meridionale, tale da contribuire a un innalzamento del potenziale di crescita produttivo del Paese». Portare a compimento le riforme, rileva, è essenziale affinché il Pnrr possa “superare” le sfide che gli si chiede di affrontare. E un successo italiano dimostrerebbe «con risultati concreti quali importanti traguardi un’Unione più forte e coesa possa conseguire».
Non lo chiama Recovery fund ma è quel modello che il governatore evoca quando “suggerisce” alla Ue di dotarsi di uno strumento anti-crisi permanente da utilizzare «in caso di necessità». Il conflitto in Ucraina sta determinando «un significativo rallentamento dell’economia mondiale», e le restrizioni imposte in Cina per frenare la nuova ondata di Covid, «aggravano la tendenza». La “vicinanza” del conflitto ha «deteriorato» anche il quadro europeo. In questo contesto «l’economia italiana è, con quella tedesca, tra le più colpite dall’aumento del prezzo del gas, per la quota elevata di importazioni dalla Russia e per la rilevanza dell’industria manifatturiera che ne fa ampio uso», afferma Visco evidenziando come l’incertezza determinata dal conflitto abbia “minato” le previsioni sulle prospettive dell’economia, che ora risultano nettamente ridimensionate rispetto alla prospettata «solida espansione, superiore al 3%, nel biennio 2022-2023».
L’inflazione ha toccato «il massimo dall’inizio degli anni Novanta». L’aumento dei prezzi delle materie prime «è una tassa ineludibile per il Paese». Per Visco occorre evitare la «rincorsa tra prezzi e salari» e vede possibili «aumenti una tantum delle retribuzioni» che conterrebbe «il rischio di un avvio di un circolo vizioso tra inflazione e crescita salariale». La Bce ha annunciato lo stop «della politica dei tassi ufficiali». Il rialzo, che dovrebbe essere avviato in estate, «dovrà procedere tenendo conto della incerta evoluzione delle prospettive economiche». Se le autorità monetarie possono preservare la stabilità dei prezzi nel breve termine, «interventi di bilancio di natura temporanea, e calibrati con attenzione all’equilibrio delle finanze pubbliche, possono contenere i rincari dei beni energetici e sostenere il reddito disponibile delle famiglie più colpite, riducendo in entrambi i casi le pressioni per incrementi di natura salariale. Ciò consente una più graduale normalizzazione della politica monetaria, attenuando i rischi di un impatto recessivo sull’economia».
Di fronte alle ricadute economiche della pandemia, la Ue ha varato il Next Generation Eu che ha “rafforzato” con il RePowerEu per superare la dipendenza energetica da Mosca. Visco suggerisce un passaggio ulteriore che porterebbe all’adozione di un bilancio comune europeo, che richiederebbe tuttavia la revisione dei Trattati. Nell’immediato, intanto, invita la Ue a dotarsi di uno strumento pronto all’uso in caso di necessità, un Recovery fund permanente «per finanziare progetti comuni di carattere eccezionale» o poter rispondere a eventuali «shock» come lo è stata la pandemia e ora la guerra. E da accompagnare alla riforma del Patto di stabilità.
Per il governatore, poi, ci sono «solide ragioni» per l’istituzione di un fondo per la gestione comune di parte dei debiti nazionali emessi in passato. Intanto il Pnrr è strategico per rilanciare l’economia, modernizzare il Paese e intervenire sui divari. Affinché centri gli obiettivi è necessario portare a termine le riforme: dal codice degli appalti alla concorrenza, al sistema tributario. Per il fisco, sostiene Visco, serve una «riforma riforma organica» contro i rischi di attuare interventi singoli e frequenti, da cui derivano incertezza ed un «serio ostacolo all’attività economica». Ci sono da affrontare poi i nodi della «farraginosità dei procedimenti amministrativi» che frenano gli investimenti nel Paese, e nel Sud in particolare.
La “questione demografica” che compromette la produttività, con le previsioni che “vedono” nei prossimi 15 una riduzione della popolazione nella fascia 15-64 anni pari a 5 milioni di persone, la metà al Sud. Mentre quasi un milione di italiani hanno lasciato il Paese in cerca di migliori occasioni di lavoro negli ultimi dieci anni. Il governatore guarda alle possibilità di sviluppo che il Pnrr apre al Mezzogiorno dove, ricorda, «risiede oltre un terzo della popolazione italiana ma si genera poco più di un quarto del prodotto nazionale» e il livello medio del Pil per abitante «è inferiore del 45% a quello del Centro Nord». Ma avverte «i frutti attesi» potranno arrivare «solo se lo Stato e le sue istituzioni continueranno a contrastare efficacemente l’illegalità, l’intimidazione, la violenza e la collusione».
L’esempio da seguire, dice, è quello tracciato da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. La strada è tracciata e il cammino del Piano è cominciato: la crisi innescata dal conflitto non rende necessario, afferma, «rivedere le linee strategiche del piano, ma piuttosto «accelerare la transizione verde». E questo anche per raggiungere una maggiore sicurezza energetica, riducendo la dipendenza da fonti fossili. Nell’ambito della strategia di diversificazione delle fonti, il governatore “spinge” sulle rinnovabili, sollecitando la semplificazione dell’iter autorizzativo e lo sviluppo dei sistemi di accumulo e delle reti di trasmissioni che, sostiene, «possono dare alle regioni meridionali la possibilità di sfruttare il vantaggio comparato nella produzione di energia da fonti rinnovabili, con benefici in termini di attrattività per gli investimenti, già stimolati dagli incentivi, dalle riforme e dal miglioramento dei servizi pubblici e delle infrastrutture previsti dal Pnrr».
Visco avverte del rischio che la guerra possa restaurare la divisione del «mondo in blocchi», compromettendo «i meccanismi che hanno stimolato la crescita e ridotto la povertà a livello globale». La globalizzazione ha sì bisogno di “correzioni”, ma, ricorda, le sfide globali «non possono che richiedere risposte globali». Cita Einaudi: “La libertà di scambi economici internazionali vuol dire pace”.
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