Il vertice di Kampala
INDICE DEI CONTENUTI
I TRE summit di questa settimana – uno a Davos, in Svizzera, e gli altri due (Movimento dei Paesi Non Allineati e G-77) a Kampala, in Uganda – sottolineano i cambiamenti della politica globale che ci aspettano nel 2024: i ricchi e i potenti del mondo a Davos (rappresentando il Nord Globale del Mondo) e i diseredati a Kampala (rappresentando il Sud Globale del Mondo) hanno tutti un problema comune da discutere e da risolvere: come affrontare i cambiamenti strutturali nel sistema internazionale della governance del mondo. I vecchi slogan sul globalismo di Davos e sul collettivismo del Sud del mondo di Kampala, non sono più credibili né accettabili, né tanto meno sostenibili. Questi summit evidenziano anche il contrasto tra le maggiori economie emergenti, Cina e India.
“UOMO DI DAVOS” IN CRISI
Questa settimana l’incontro annuale di Davos è partito dal riconoscimento (in verità, più implicito che esplicito) che il rinnovato conflitto tra le grandi potenze del mondo e il nazionalismo economico hanno fatto deragliare il tortuoso cammino della globalizzazione. I vertici del Movimento dei Paesi Non Allineati, gli allargati Brics e quello che rimane del G-77 a Kampala potrebbero scoprire che la rinnovata euforia politica nei confronti del Sud Globale è insufficiente per affrontare le sfide e le opportunità del cambiamento dell’ordine mondiale. Partiamo dall’Uomo di Davos, il soprannome con il quale intendo definire l’élite globalista che ha con autorità plasmato il mondo a partire dagli anni Novanta.
Il muro di Berlino crollò nel 1989 e l’Unione Sovietica nel 1991. La fine della Guerra Fredda fu seguita da un periodo di relativa armonia all’interno della costellazione delle grandi potenze dominata dagli Stati Uniti, senza avere a che fare con il contrappeso della sbriciolata Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Sul fronte economico, il cosiddetto “Washington Consensus” ha inaugurato un’era caratterizzata dalla libera circolazione di capitali, beni, servizi e manodopera attraverso e tra i confini dei Paesi.
Quell’epoca vide anche la ridistribuzione dell’attività economica globale per trarre vantaggio dai differenziali di costo e dalla permissività delle politiche. Mercati ed efficienza erano i nuovi mantra per le élite dominanti in tutto il mondo. Nuove idee politiche di governance globale sono andate di pari passo con questa trasformazione economica. Erano radicati nella convinzione che istituzioni sovranazionali che trascendessero la sovranità fossero indispensabili per gestire la crescente integrazione economica del mondo così come le minacce collettive come il cambiamento climatico. Il mondo creato dall’Uomo di Davos negli ultimi decenni ha cominciato a sgretolarsi. La lunga pace tra le grandi potenze si è conclusa con la guerra in Ucraina. Se l’Occidente non è riuscito ad affrontare i risentimenti politici della Russia post-sovietica, trova ancora più difficile far fronte alle ambizioni di una Cina in ascesa. La nuova alleanza tra Russia e Cina rappresentato per l’Occidente la più grande sfida da dopo la Seconda Guerra Mondiale.
IL SUD GLOBALE E LA SCIA DELL’EFFETTO TRUMP
Se la guerra nel cuore dell’Europa ha minato drammaticamente il viaggio verso un mondo e un’Europa integrata, a ciò si sono aggiunte le crescenti tensioni nell’Asia orientale, guidate dalle vigorose politiche regionali della Cina e dalla rivitalizzazione delle alleanze statunitensi nella regione. Nel frattempo, la guerra di Israele a Gaza, gli attacchi Houthi alle navi nel Mar Rosso e il bombardamento Usa delle basi Houthi nello Yemen evidenziano i pericoli di una guerra sempre più ampia nel vitale Medio Oriente, con conseguenze che possono devastanti per tutto il mondo.
Ben prima che questi conflitti iniziassero a scoppiare. interrompendo i flussi economici globali e frammentando l’ordine mondiale, la visione del mondo dell’Uomo di Davos era sotto attacco in quanto troppo elitaria (e pochi se ne erano accorti). Il travolgente globalismo dell’Uomo di Davos ha inevitabilmente prodotto una reazione nazionalista. I tentativi di imporre una nuova agenda sul cambiamento climatico hanno innescato il “colpo verde” all’interno delle società occidentali più avanzate. Ma il colpo di grazia al mondo dato da Davos è arrivato dal principale campione della globalizzazione: gli Stati Uniti. Nelle elezioni presidenziali del 2016, Donald Trump ha mobilitato il risentimento che in America cresceva e si opponeva al libero scambio, l’uso militare dell’interdipendenza economica da parte della Cina in particolare, le istituzioni globali, l’immigrazione, l’attivismo climatico, eccetera per irrompere alla Casa Bianca. La permanenza di Trump alla Casa Bianca ha decisamente allontanato gli Stati Uniti dall’agenda di Davos.
IL SUD GLOBALE E I RISCHI DI NAZIONALISMO
L’elezione di Joe Biden a presidente degli Stati Uniti nel 2020 non ha invertito la tendenza iniziata da Trump. I democratici sono tornati a sostenere le istituzioni globali e le azioni per mitigare il cambiamento climatico ma allo stesso tempo anche rafforzato le politiche di Trump sul commercio equo e sulla limitazione dell’esposizione verso la Cina. Biden ha cercato di rielaborare l’ordine economico globale, riducendo la dipendenza dai mercati, sviluppando politiche industriali, prendendosi cura degli interessi dei lavoratori, dei posti di lavoro e delle comunità, ristrutturando le catene di approvvigionamento globali che si concentrano sulla resilienza piuttosto che sull’efficienza e riformando il Wto e il sistema globale delle istituzioni che si occupano dello sviluppo del Sud Globale del mondo.
Trump, che sta cercando la rielezione, promette di tornare all’agenda che scarta il globalismo a favore del nazionalismo. Questa politica implica anche la distruzione dell’agenda del cambiamento climatico, il ripristino della produzione di combustibili fossili, la limitazione dell’immigrazione e l’aumento delle tariffe sulle merci importate. Date le crescenti possibilità che Trump diventi di nuovo presidente, la sfida per Davos è far fronte a un mondo in rapido cambiamento che non è più conforme alla sua agenda tradizionale.
NON ALLINEATI ANOMALI
Il problema del cambiamento è altrettanto impegnativo nell’agenda del Movimento dei Paesi Non Allineati e del G-77. Il rinnovato entusiasmo politico per il Sud Globale del mondo nel discorso internazionale non si traduce facilmente in risultati pratici per entrambe queste istituzioni, che hanno una lunga storia di proclamazioni di solidarietà e contrattazione collettiva ma risultati limitati. Il peso del Movimento dei Paesi Non Allineati e del G-77 è stato di recente minato dall’ascesa del regionalismo nel Sud Globale del mondo. Istituzioni regionali come l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico e l’Unione Africana (il recente membro dei Brics) sono oggi più importanti del Movimento dei Paesi Non Allineati e del G77. Gruppi come i Paesi Brics ora hanno cooptato parte dell’agenda tradizionale del Movimento dei Paesi Non Allineati e del G-77 e hanno un impatto politico maggiore.
La presenza della Russia (qualche anno addietro considerata come parte del Nord Globale del mondo) nei Brics confonde il vecchio quadro del mondo focalizzato nella dicotomia Nord e Sud. La Cina non ha mai fatto parte del Movimento dei Paesi Non Allineati o del G-77, ma interagisce attivamente con tutti e due i forum. Essendo la seconda economia più grande del mondo e il principale sfidante all’ordine mondiale guidato dagli Usa, la Cina oggi si presenta come il campione del Sud Globale del mondo. Diverse iniziative, tra cui la Belt and Road Initiative, la Global Development Initiative, la Global Civilization Initiative e la Global Security Initiative riflettono la determinazione di Pechino di svolgere un ruolo di leadership nel Sud Globale del mondo nel tentativo di riorganizzare l’ordine globale sotto la regia cinese.
L’attuale enfasi politica della Cina e dell’India sul Sud Globale del mondo sono finalizzate a rivendicare un loro ruolo sempre più importante ruolo nel Movimento dei Paesi Non Allineati e nel G77. Per la Cina e per l’India, la sfida oggi è adattarsi ai cambiamenti strutturali nell’ordine globale, cercando al contempo una maggiore influenza nel Sud Globale del mondo.
GLI OBIETTIVI DI CINA E INDIA
Nel frattempo, ci sono nuove possibilità per i principali Paesi del Sud del mondo che cercano di sfruttare la rinnovata competizione tra le grandi potenze a vantaggio delle élite o della nazione. I Paesi che occupano posizioni critiche o che dispongono di risorse naturali vitali hanno una leva significativa per poter negoziare individualmente con le grandi potenze. Cina e India saranno rappresentate a livello ministeriale sia a Davos che a Kampala. A Davos entrambi annunceranno i loro passi per un maggior impegno con il mondo occidentale. Tuttavia, c’è una differenza cruciale nei loro obiettivi. Mentre l’ambizione della Cina è quella di rivedere l’ordine economico globale, l’attenzione dell’India è rivolta all’integrazione e alle riforme, particolarmente del suo mercato nazionale. A Kampala Pechino si presenterà come l’alternativa all’attuale ordine costruito e amministrato dagli Stati Uniti, mentre l’India come il ponte tra il Nord e il Sud del mondo.
*fondatore e presidente di Guizzetti & Associates
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA