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Il prezzo del gas è ormai in caduta libera. Ed è ormai posizionato sugli stessi livelli di prima della guerra in Ucraina. Al Ttf di Amsterdam (mercato di riferimento per il prezzo spot del gas) i contratti future di febbraio sono arrivati a toccare i 72,5 euro al MWh in calo del 4,999%, poi sul finale hanno invertito, inaspettatamente la rotta, chiudendo in rialzo sui 79,5 euro al MWh (+ 4,2%). Tuttavia, un rapido confronto con le quotazioni che hanno scandito gli oltre dieci mesi dall’invasione russa consente di cogliere meglio la percezione del trend ribassista ormai consolidato. Il 23 febbraio 2022, alla vigilia dell’aggressione bellica, le contrattazioni chiudevano a 87,5 euro al MWh e durante la seduta del 7 marzo il prezzo stabiliva il picco record di 345 euro.

L’arma dell’energia che il presidente russo, Vladimir Putin aveva brandito contro l’Europa, che sostiene imperterrita la resistenza di Kiev, è ormai “spuntata”, nonostante le ripercussioni del conflitto sull’economia mondiale restino consistenti. Nella strategia di Mosca la pressione psicologica esercitata sulle cancellerie europee attraverso il gas e il petrolio di cui la Federazione Russa è stata storicamente un grande fornitore, avrebbe dovuto inibire l’appoggio militare e finanziario dell’UE al Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky.

In realtà, in dieci mesi, la deterrenza delle forniture russe, soprattutto del gas, si è esaurita. Anche per effetto dell’accordo sul tetto al prezzo raggiunto nell’Unione Europea, più tardi di quanto fosse necessario e con una valenza più politica che tecnica vista la soglia e le caratteristiche individuate, che ha avuto comunque l’effetto innegabile di spingere al ribasso le quotazioni. Prova ne sia che Gazprom, l’azienda monopolista russa, ha affermato ieri che le esportazioni di gas, esclusi i Paesi dell’ex blocco sovietico, sono diminuite del 45,5%, dopo un anno caratterizzato dal forte calo delle consegne di idrocarburi russi all’Europa.

Dalle quotazioni del gas dipendono anche le tariffe che determinano l’entità delle bollette di luce e gas. Anche su questo fronte, la corsa degli ultimi mesi si è arrestata. Con la prossima revisione dell’Autorità per l’Energia scenderanno le tariffe relative a dicembre per il mercato regolato, compensando, almeno in parte, gli ultimi aumenti di novembre. E anche il mercato libero, in prospettiva, dovrà ritarare le sue pretese rispetto alle proposte di modifiche contrattuali peggiorative giunte ai clienti negli ultimi mesi.

E’ il segnale che, anche nella trasmissione all’economia, la crisi dell’energia sta ridimensionando le sue conseguenze. E le cause sono molteplici. Anzitutto il calo dei consumi, il fatto che le forniture di gas dalla Russia inviate attraverso l’Ucraina all’Europa sono state stabili e le previsioni meteo indicano temperature da normali a superiori alla media fino a gennaio. Ci sono poi gli stoccaggi pieni (in Germania all’88,2% al 30 dicembre e la media dell’UE era all’83,1%, al di sopra di quella stagionale quinquennale), il buon afflusso di gas naturale liquefatto da Stati Uniti e Qatar e l’ottima ventosità che favorisce la produzione di elettricità con le rinnovabili (anziché con i cicli combinati). Ancora: il pacchetto di misure approvato dalla Commissione Europea il 22 ottobre scorso contro il caro energia, che contempla, tra l’altro, la riduzione del 15% dalle materie prime fossili russe fra agosto 2022 e marzo 2023 e l’intesa sul Price Cap raggiunta il 19 dicembre dal Consiglio Europeo sul filo di lana (si veda Il Quotidiano del Sud del 20 dicembre 2022).

Fra agosto e novembre, infatti, secondo Eurostat, il consumo di gas nei 27 Stati UE è diminuito del 20,1% rispetto allo stesso periodo fra il 2017 e il 2021. In Italia, in particolare, è sceso del 15%. In Spagna siamo sotto il 10%. La Francia è nella media Ue; la Germania ha ridotto il consumo ben oltre la media Ue.

Intanto la Commissione Europea sta accelerando per attuare i provvedimenti adottati per fronteggiare la più grave crisi energetica. Anzitutto si stanno mettendo a fuoco i dettagli del meccanismo temporaneo di correzione che si attiverà automaticamente quando il prezzo del gas all’ingrosso supererà i 180 euro per MWh per tre giorni lavorativi e sarà superiore di 35 euro al prezzo del gas naturale liquefatto sui mercati globali. Il meccanismo si applicherà dal 15 febbraio 2023.

Le altre misure, sulle quali c’era già stato un generale consenso tra i Paesi membri, si applicheranno nel corso delle prossime settimane. Le grandi aziende energetiche nazionali dovranno procedere ad acquisti comuni per almeno il 15% dei rispettivi stoccaggi di gas. Entro il 31 marzo 2023 inoltre l’Agenzia per la cooperazione tra i regolatori nazionali dell’energia dovrà rendere disponibile un nuovo parametro di riferimento dei prezzi che consenta di sganciare il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas.

Infine, le misure di solidarietà: gli Stati potranno tagliare i consumi di gas non essenziali per dirottare le forniture verso servizi e industrie essenziali. I singoli Paesi potranno inoltre chiedere interventi di solidarietà di altri Stati UE quando non siano in grado di assicurarsi autonomamente gli approvvigionamenti necessari per alimentare il proprio sistema di produzione.

Il calo del prezzo del gas e i provvedimenti di Bruxelles per contenere i costi energetici permettono all’Unione Europea di guardare all’immediato futuro con minori patemi d’animo. Ma il Vecchio Continente non può permettersi remore nel suo impegno prioritario a cambiare il mix energetico in un breve periodo di tempo. Fino a quando infatti non entrerà in funzione una maggiore capacità di gas naturale liquefatto, l’Europa sarà in competizione con altri importatori di GNL per le forniture, e il principale concorrente sarà la Cina. Resta da vedere poi se la Russia deciderà di tagliare completamente le esportazioni in Europa nei prossimi mesi, cosa che amplificherebbe il divario tra domanda e offerta e potrebbe innescare un nuovo rialzo del prezzo del gas.


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