Trump e Biden
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Le autocrazie approfittano delle debolezze delle democrazie liberali per una narrazione di una migliore efficacia dei sistemi autoritari
L’alba del 2022 si è aperta nel modo peggiore per le democrazie liberali. Gli Stati Uniti sembrano travolti dalla polarizzazione estremista. I due partiti che costituiscono lo scheletro del sistema Usa si guardano in cagnesco. Il paese ha subito il trauma dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, nel corso del quale i bizzarri manipoli del criptofascismo trumpiano hanno sfregiato le istituzioni della democrazia americana, tra le più antiche e forti del mondo, e messo in pericolo l’incolumità dei rappresentanti del Congresso.
A seguito di quegli eventi, scatenati dall’arroganza di Donald Trump, quest’ultimo finisce sotto inchiesta. Come se ciò non bastasse, Donald Trump continua a propalare la menzogna della vittoria fraudolenta di Joe Biden. In pratica, i democratici avrebbero vinto le presidenziali del 2020 grazie ai brogli, approfittando di un sistema elettorale basato, tra l’altro, sul voto postale.
L’accusa si rivela falsa e gli stessi governatori repubblicani si sottraggono alle pressioni del magnate sconfitto. Ma l’alone del sospetto continua a diffondersi nel popolo dei M.A.G.A. (dallo slogan Make America Great Again lanciato da Donald Trump): così, il complottismo inquina il confronto tra gli schieramenti e avvelena i pozzi della democrazia. Sul fronte esterno, all’inizio dell’anno il ruolo di potenza globale degli Stati Uniti appare ridimensionato.
Nel 2021, i militari americani abbandonano precipitosamente l’Afghanistan (sulla base di accordi già presi da Trump). L’immagine globale degli Usa ne esce malconcia e la sensazione è che non siano più in grado di garantire l’ordine internazionale liberale. Sembra che dall’America non ci si possa più aspettare troppo, intenta a curare le ferite della sua stessa economia.
ANCHE L’UNIONE EUROPEA ATTRAVERSA MOMENTI DIFFICILI
Nemmeno l’Unione europea se la passa benissimo. Come l’America, deve fronteggiare ancora l’emergenza pandemica. Il Next Generation Eu è uno strumento straordinario, inventato per dare aiuto ai paesi più colpiti, prima tra tutti l’Italia. Un segno di resipiscenza e di unità inaspettato da parte di una comunità di stati che, per il resto, fa fatica a uscire dal perimetro dell’associazione di tipo economico e commerciale (dal quale esce traumaticamente il Regno Unito) e stenta nella ricerca di una unificazione delle istituzioni che, sola, permetterebbe un salto di qualità.
La conseguenza è che l’Europa a malapena riesce ad amministrare se stessa, ma non riesce a svolgere un ruolo unitario da protagonista nel governo della globalizzazione (immigrazione, conflitti, ecc.). In più, sul piano interno, quasi tutti i paesi devono fronteggiare l’emersione di movimenti populisti che, con le loro pulsioni antiestablishment, mettono in discussione le basi stesse della convivenza e della democrazia; in questo quadro complicato, le autocrazie orientali approfittano delle debolezze delle democrazie occidentali per propagandare la narrazione di una migliore efficacia dei sistemi autoritari. In questa visione, le democrazie sono fiaccate dalle contrapposizioni interne e dalle crisi economiche e i loro governi traballano perché devono rispondere a popolazioni sempre più capricciose e individualiste.
Viceversa, i regimi dispotici dell’Est possono fare a meno del consenso popolare: ciò li scioglie dai vincoli e garantisce la stabilità. Poi, grazie a questo potere assoluto, riescono ad assumere decisioni rapide e incontestabili che garantiscono maggiore efficacia e migliori risultati.
LA TESI CHE LE AUTOCRAZIE SONO MEGLIO DELLE DEMOCRAZIE LIBERALI APPARE INFONDATA
Ebbene, a giudicare dai fatti dell’anno in corso, la notizia del declino delle democrazie occidentali a vantaggio delle autocrazie orientali appare del tutto infondata.
Vladimir Putin, che aveva teorizzato il declino del mondo liberale, confidando nelle mollezze delle nazioni europee, invade l’Ucraina per ‘denazificarla’. Cioè per cacciare via la tentazione di diventare una democrazia occidentale. Ma il piano di Putin fallisce completamente. Non solo l’Ucraina resiste coraggiosamente. L’intero occidente, troppo presto dato per spacciato, si dà una mossa. I paesi europei ritrovano coesione, capiscono che difendere Kiev vuol dire difendere se stessi, cercano di rendersi indipendenti dalla morsa energetica del Cremlino, accelerano sulla difesa comune, aumentano le risorse a favore della Nato. Usa e Regno Unito diventano i principali fornitori di aiuti militari e strategici all’Ucraina.
L’appello di Joe Biden all’unione delle democrazie contro le autocrazie, un tempo caduto nel vuoto, adesso ottiene i suoi effetti. Il segnale più importante viene proprio dagli ucraini: sono loro a desiderare ardentemente di entrare in Europa e nella Nato. E i profughi non si dirigono certo a est, dove diventerebbero schiavi: scelgono l’ovest, dove potranno avere libertà e benessere.
LA MORTE DI MASHA AMINI E LE PROTESTE IN IRAN
Lo stesso accade in questi giorni in Iran. Masha Amini, la ragazza di 22 anni di Sanandaj, capoluogo della provincia del Kurdistan, viene arrestata il 13 settembre a Teheran per aver indossato “abiti inappropriati” dalla ‘polizia morale’. A seguito delle percosse, la ragazza finisce in coma e muore in ospedale. Tutto questo per una ciocca di capelli fuori posto. Da quel momento, partono le proteste nel paese, a partire dalla capitale Teheran, soprattutto da parte dei più giovani.
Una generazione di persone sempre più colte e occidentalizzate che non ne può più di vivere sotto scacco del regime teocratico e dell’apartheid di genere. L’ebollizione della protesta potrebbe far saltare il coperchio di una pentola rimasta chiusa per decenni. La fine degli ayatollah non è scontata e la rivolta potrebbe essere schiacciata nel sangue. Ma è chiaro che la dittatura religiosa islamica non gode di buona salute né del consenso dei suoi sudditi. Viceversa, dove aspirano a vivere i giovani iraniani? La risposta è scontata: in una democrazia che somigli il più possibile al modello liberale occidentale.
DEMOCRAZIE LIBERALI E AUTOCRAZIE, IL CASO DELLA CINA
Ultima ma non ultima è la Cina. Fino a poco tempo fa il destino del pianeta sembrava scritto. La Cina diventerà la prima potenza economica e, da quella posizione, soppianterà la primazia americana. Il regime di Xi Jinping è totale e assoluto, privo di opposizione interna al partito, capace di controllare il proprio popolo con un sistema di sorveglianza – anche digitale – esteso al punto da rivendicare un primato mondiale. La strategia Zero Covid fa parte di questa macchina totalitaria. La pandemia non si combatte con la scienza e la tecnologia, attraverso vaccini avanzati che la Cina non è in grado di produrre, mentre rifiuta per orgoglio nazionalista di acquistarli dagli Usa e dall’Europa.
Basta ridurre in cattività i propri cittadini, ‘congelando’ per mesi città popolate da milioni abitanti. Ebbene, dopo tre anni di questa strategia, Xi comincia a pagare il conto, mentre cresce la crisi economica provocata dalla cattiva gestione della pandemia e dall’esplosione del mercato immobiliare. L’onda d’urto delle proteste sfida la sua aura di intoccabile. Non è detto che il tentativo dei cittadini cinesi di scalfire la corazza dello stato comunista abbia successo. Sappiamo com’è finita dopo Tienanmen, con un bagno di sangue e un regime ancora più crudele.
DEMOCRAZIE LIBERALI E AUTOCRAZIE, LO SCRIMINE È LA LIBERTÀ
Ma sappiamo pure che il tanto vituperato modello democratico occidentale resta, a dispetto dei suoi detrattori, il più ambito, proprio in virtù della sua capacità di sviluppare la scienza e la tecnologia, di garantire la libertà d’impresa e di promuovere i diritti civili e sociali. Tutto questo grazie al principio guida che le autocrazie non potranno mai adottare: la libertà.
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