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NEMICI irriducibili che da oltre un anno, da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, si lanciano minacce terribili che fanno tremare il mondo, Stati Uniti e Russia sono accomunati invece sul fronte del cibo taroccato. Nel senso che sono i principali produttori di falsi alimenti italiani. Se gli Usa hanno una lunghissima tradizione in questo campo, che si deve anche alla folta presenza di italiani, e sono attrezzati a realizzare falsi formaggi, prosciutti, ma anche salse e olio, per Mosca invece si tratta di un’attività avviata abbastanza recentemente. Da quando sono scattate le sanzioni dopo l’invasione della Crimea (che hanno risparmiato però i vini per l’Italia e lo champagne francese).
Per rispondere alla domanda di cibo italiano dei cittadini russi il Paese si è organizzato. E’ stato il cibo taroccato il protagonista della seconda giornata di Tuttofood, la manifestazione di riferimento del sistema agroalimentare in Italia, che chiuderà i battenti domani. A portare alla ribalta gli “orrori” alimentari è stata la Coldiretti che ha apparecchiato una tavola ricca di imitazioni. Se infatti gli Usa restano al primo posto tra i “falsari” del cibo, la Russia è il paese dove questa attività è cresciuta di più. Ed è diventata forte la produzione di imitazioni tanto che in molti territori, dagli Urali alla regione di Sverdlovsk, sono sorte fabbriche specializzate nella produzione di falsi formaggi e salumi italiani. Il sindacato russo dei produttori lattiero-caseari, Soyuzmoloko, ha stimato, secondo quanto ha riportato Coldiretti, che la produzione di formaggio russo è quadruplicata raggiungendo i 47 miliardi di rubli (600 milioni di dollari), di cui una discreta fetta è rappresentata proprio dai simil italiani, come il Parmesan. E i produttori di formaggio hanno annunciato l’avvio dell’export del parmigiano made in Russia nei prossimi 5/7 anni. Il fiore all’occhiello è il “Russkiy Parmesan”, ma è fiorente anche la produzione di Montasio, Pecorino, mozzarella e ricotta.
Nel menù non mancano falsi salumi, insalata e addirittura la pizza “Sono Bello Quattro formaggi”. Ma è negli Stati Uniti che si fanno affari d’oro con prodotti alimentari, ingannevoli, perché di italiano hanno solo il “sounding” ,che muovono un fatturato di 40 miliardi, un terzo dell’intero mercato del falso agroalimentare che ha superato quota 120 miliardi. Il 90% dei formaggi “modello” italiano – hanno sottolineato Coldiretti e Filiera Italia – è made in Wisconsin, California e New York, dal Parmesan al Romano senza latte di pecora, dall’Asiago e Gorgonzola. Le imitazioni con 2,7 miliardi di chilogrammi hanno sorpassato le specialità americane, dal Cheddar al Monterrey e Jack. Ma se in Russia e Usa si registrano i picchi, il fenomeno è diffuso in tutto il mondo e la crescita è direttamente proporzionale ai successi delle eccellenze nazionali. Lo scorso anno infatti è stato l’anno d’oro per l’export italiano che ha toccato i 61 miliardi con una crescita del 17%. E anche il 2023 è partito sotto una buona stella con spedizioni in aumento del 15%.
A Tuttofood, momento di incontro tra domanda e offerta (2.500 brand da 46 Paesi e buyer da tutto il mondo), è presente l’agroalimentare italiano con tutte le sue innovazioni e proposte anche salutiste. Il settore è sempre più motore dell’Azienda Italia con un giro d’affari di 580 miliardi un quarto del Pil nazionale. E dal campo alla tavola, secondo Coldiretti, sono impegnati 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. E’ dunque la prima ricchezza del Paese e potrebbe accelerare la corsa sui mercati globali se si fermasse la contraffazione, poiché “ponendo un freno al dilagare dell’agropirateria a tavola- ha assicurato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – si potrebbero creare ben 300mila posti di lavoro”. Ma la festa del settore è offuscata da una minaccia che incombe ed è quella del cibo sintetico. Che è pronto a sbarcare nell’Unione europea (si attendono entro fine anno le prime richieste di autorizzazione) e a mettere in crisi sistemi come quello italiano che vince su qualità e distintività, ma non sui grandi numeri. In realtà è più che una minaccia.
La carne e il pesce realizzati nei bioreattori sono già, per esempio, sulle tavole di Israele, e anche negli Usa hanno avuto il via libera dalla FDA. Israele è andata oltre perché ha avviato una vera industria del latte in provetta e dei formaggi. E’ l’allarme lanciato nella giornata di apertura di Tuttofood da Coldiretti e Filiera Italia, affiancate dalle principali industrie e Consorzi, e sostenute nella loro battaglia da una qualificata rappresentanza di luminari della medicina della Cattolica di Roma, Milano e del Bambino Gesù. Se agricoltori e industria di trasformazione hanno bocciato senza appello quelli che non vogliono neppure definire cibo perché si tratta di “un prodotto ingegnerizzato, con processi di lavorazione molto più simili a quelli dei farmaci”, per la scienza il nodo è proprio questo: trattarli come medicine e dunque sottoporli a lunghissime (anche 15 anni) procedure per decretarne la sicurezza. Perché come ha anche prospettato il recente studio di Fao e Oms ci sono 53 potenziali rischi per la salute. Per Coldiretti non ci sono dubbi: dietro questa nuova attività ci sono – come ha detto il segretario generale Vincenzo Gesmundo- le multinazionali, con alle spalle i nuovi oligarchi proprietari dell’hi tech e della farmaceutica che puntano a imporre una dieta alimentare planetaria.
Una rivoluzione che spezzerebbe in Europa, e in Italia in particolare, la rete agricoltura, pesca e industria mettendo in discussione – ha incalzato Gesmundo – la stessa democrazia. La Coldiretti ha raccolto oltre 500mila firme per fermare questa deriva, ha sensibilizzato circa 3mila Comuni e ha incassato il no di 19 Regioni oltre che di politici di tutti gli schieramenti, scienziati, intellettuali e vescovi. Ma soprattutto ha registrato l’opposizione della maggioranza dei cittadini. Il risultato è che il Governo ha varato un disegno di legge che – come ha sottolineato il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida – ha accolto il sentire del popolo. “Non ci arrendiamo – ha aggiunto – a quella poltiglia chiamata carne o pesce”.
Per il presidente Prandini, al di là dei problemi per la salute, il cibo sintetico rischia di minare la tenuta economica di un settore che è il vanto dell’Italia e che rappresenta storia, cultura e tradizione. L’europarlamentare Paolo De Castro, fiero oppositore del cibo monstre ed europeista convinto, ha sostenuto che la sfida si può vincere in primo luogo demolendo le fake news che supportano i nuovi prodotti, a partire dalla demonizzazione dell’agricoltura e degli allevamenti, e poi facendo leva sull’Unione europea che “ci può dare una mano come ha fatto con lo stop agli ormoni nel 1996”. Ed è proprio questo il punto: per realizzare la bistecca in laboratorio servono chimica e ormoni, questi ultimi banditi in Europa. Questa può essere la prima barriera insormontabile.
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