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Un fantasma si aggira tra le industrie alimentari italiane, la delocalizzazione. La crisi è a livelli così elevati da mettere in discussione quello che è diventato, soprattutto in questi ultimi anni, uno dei capisaldi dell’alimentare made in Italy, il legame indissolubile con il territorio.

Ma le imprese sono al limite e senza misure drastiche e immediate si potrebbe rischiare la cessione degli asset o la delocalizzazione. Che poi portano allo stesso risultato, lo smantellamento della filiera, l’impoverimento del sistema produttivo e l’abbassamento degli standard della sicurezza alimentare. È stato drammatico l’allarme lanciato dai big che si sono riuniti in un incontro che Coldiretti e Filiera Italia (a cui aderiscono le industrie che credono nel valore dell’integrazione con l’agricoltura) hanno organizzato con i ministri dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, e dell’Economia, Daniele Franco. Ed è arrivata anche una lettera del premier Mario Draghi, il “banchiere” che ha riservato grande attenzione all’agricoltura a cui ha destinato ingenti risorse nel Pnrr.

RISCHIO DELOCALIZZAZIONE IMPRESE AGROALIMENTARI, LA LETTERE DI DRAGHI

Alle “principali imprese del settore agroalimentare” il presidente del Consiglio ha detto che “l’agricoltura è parte integrante della storia d’Italia, è fondamentale per la nostra economia, è essenziale per la vita di tutti i cittadini. Il governo – ha sottolineato nel messaggio – si è sempre impegnato per aiutare il settore a superare le emergenze, prime tra tutte quella idrica e quella energetica, e per creare le condizioni di una crescita sostenibile e di lungo periodo”. “Con il Pnrr – ha aggiunto – abbiamo stanziato 4,4 miliardi per migliorare l’efficienza del sistema idrico. Le inefficienze della rete danneggiano l’ambiente, la filiera alimentare, le imprese e i cittadini. A questi interventi si sommano gli stanziamenti di quest’anno a favore delle aziende del settore e delle Regioni per far fronte all’emergenza della siccità”.

E ha ricordato anche le azioni mese in campo “per mitigare gli effetti dei rincari energetici. Abbiamo creato crediti d’imposta per la spesa in carburanti nel settore agricolo e della pesca, ridotto l’Iva e gli oneri di sistema nelle bollette. Abbiamo previsto garanzie per le piccole e medie imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura”. E poi l’ultima promessa di Draghi: “Il governo intende continuare a sostenervi: nei prossimi giorni prevediamo nuovi interventi a favore delle famiglie e delle imprese, anche per il settore agroalimentare”.

DELOCALIZZAZIONE IMPRESE AGROALIMENTARI, LA PREOCCUPAZIONE DEGLI INDUSTRIALI

Una risposta importante. Gli industriali che hanno partecipato all’incontro e che rappresentano le eccellenze del Sud e del Nord del Paese, da Rummo a Granarolo, da Farchioni a Montevedere fino a Bonifiche Ferraresi e Plasmon, hanno denunciato condizioni agghiaccianti. Non solo la super bolletta, ma tutti i costi stanno mettendo in ginocchio oltre 100mila imprese. E’ stato definito un “terremoto alimentare, economico e occupazionale”. Che rischia di trascinare nel baratro la Dieta Mediterranea. E i principali player dell’agroalimentare non hanno nascosto le preoccupazioni per ulteriori derive che potrebbero portare a chiudere, delocalizzare o finire nelle fauci delle aziende estere.

Molti brand, negli anni scorsi, ed è emblematico il caso dell’olio, sono stati oggetto di shopping selvaggio. Il fenomeno si era fermato, ora la crisi rischia di rimettere in gioco tutto. Il rappresentante della Plasmon, che ha ricordato come in Italia si sia creata una filiera integrata con l’agricoltura per i cibi per l’infanzia, non ha nascosto la preoccupazione per un ventilato trasferimento.

L’ALLARME LANCIATO DALLA COLDIRETTI

Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, ha affermato che si tratta di una situazione di emergenza di guerra e l’Italia sta pagando un prezzo altissimo per il caro energia.

Così le produzioni nazionali non riescono a essere competitive anche perché nel resto del mondo, per esempio gli Stati Uniti, le condizioni sono più vantaggiose e alcune aziende si trasferiscono lì.

Le misure di sostegno – ha ribadito Prandini – devono essere immediate, perché il nuovo esecutivo non potrà essere operativo, nella migliore delle ipotesi, prima di novembre e le imprese non ce la fanno a resistere. Ha evidenziato come l’agroalimentare sia strategico al pari delle attività energivore dunque il credito di imposta va equiparato in automatico.

«Come per il gas anche e soprattutto nell’alimentare l’Italia – ha affermato – deve recuperare il tempo perduto e lavorare per ridurre la dipendenza dall’estero intervenendo nell’immediato sui costi energetici per salvare aziende e stalle».

«È l’intero settore a rischiare il crack – è l’allarme lanciato da Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia – non c’è spazio per attendere l’arrivo del nuovo esecutivo». Ha poi definito «irresponsabile, l’atteggiamento egoistico che alcuni Paesi continuano a tenere a Bruxelles sulla proposta di introdurre un tetto al prezzo del gas rimandata all’incontro dei Capi di Stato di ottobre».

All’Ue sono state indirizzate critiche circostanziate anche dal segretario generale della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo. Sotto accusa, in particolare, la politica che sostiene i cibi realizzati in laboratorio e che sta mettendo in cantiere decretazioni “folli” in particolare quella sui pesticidi contro cui – ha detto Gesmundo -” non ho mai visto tanta codardia nell’Ue”.

LA BATTAGLIA DI PAOLO DE CASTRO

Sulla stessa linea l’europarlamentare Paolo De Castro, che sta conducendo una dura battaglia in sede europea per difendere il futuro dell’agricoltura. Il decreto sui fitofarmaci, secondo l’europarlamentare, è la goccia che ha fatto traboccare il vaso: in Italia con un taglio del 66% dei prodotti chimici non si fa più agricoltura, con programmi ambiziosi servono alternative, ma ci vuole tempo.

Secondo la stessa stima della Commissione Ue sull’impatto delle nuove regole ci sarebbe un taglio di oltre il 17% della produzione agricola. «Ho chiesto se si fosse tenuto conto della guerra e la riposta è stata no. Siamo sotto attacco delle lobby ambientaliste – ha concluso De Castro – che si sono unite ad alcuni esponenti della Commissione, ma la transizione ecologica va gestita». A stretto giro le risposte dei ministri. Per Giorgetti “servirebbe del debito buono, uno scostamento ben indirizzato per prevenire situazioni tra cui l’inflazione. Sappiamo dove è il focolaio e bisogna spegnerlo. Ed è necessario agire a livello nazionale e dell’Ue”. Il ministro Franco ha insistito sulla necessità di intervenire prioritariamente sul prezzo del gas e ha ricordato lo stanziamento nell’ultimo periodo di 52 miliardi per far fronte alle difficoltà legate ai rincari.​


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