Una dose di vaccino Astrazeneca
2 minuti per la letturaMentre si riaccende il caso del vaccino AstraZeneca, la cui somministrazione in Italia è stata limitata agli over 60, la Public heath England (Phe) pubblica dati, provenienti dal “mondo reale”, che sembrano confermare l’efficacia del siero anglo-svedese nei confronti della temibile variante indiana, responsabile dell’improvviso rialzo dei contagi nel Regno Unito e, quindi, del rinvio di un mese delle riaperture generali nel Paese, originariamente previste per il 21 giugno.
A diffondere i risultati dell’osservazione è stata la stessa AstraZeneca. Secondo Phe il ciclo completo di immunizzazione (due dosi) effettuato con il siero sviluppato a Oxford ha evitato, nel 92% dei casi, il ricovero ospedaliero provocato dalla variante delta (secondo la nuova denominazione), ma soprattutto (al momento) ha scongiurato il decesso, riconducibile sempre alla mutazione, di tutte le persone vaccinate.
Per quanto riguarda la variante Alpha (cioè quella inglese), le degenza è stata evitata nell’86% dei casi e non si sono registrate vittime fra le persone immunizzate. L’efficacia cala, prosegue la nota, nel caso delle forme sintomatiche di lieve entità. In sostanza solo il 74% dei positivi alla variante inglese non ha avuto sintomi, mentre nel caso di quella indiana il dato scende al 64%.
«La maggiore efficacia contro le malattie gravi e il ricovero – si legge ancora – è supportata da dati recenti che mostrano una forte risposta delle cellule T al vaccino Covid-19 AstraZeneca, che dovrebbe essere correlata a una protezione elevata e duratura».
Vaxzevria, ha spiegato Mene Pangalos, vicepresidente esecutivo di BioPharmaceuticals R&d (sempre AstraZeneca), «fornisce un alto livello di preoccupazione contro la variante Delta, che è oggetto di forte preoccupazione vista la sua elevata capacità di trasmissione. I dati dimostrano che questo vaccino continuerà ad avere un elevato impatto in tutto il mondo, anche perché rappresenta la stragrande maggioranza delle forniture all’India e all’interno del progetto Covax».
L’osservazione ha coinvolto 14.019 casi della variante Delta – 166 dei quali sono stati ricoverati in ospedale – tra il 12 aprile e il 4 giugno, prestando particolare attenzione alle degenze in Inghilterra.
La variante indiana è frutto di due mutazioni. La prima, identificata come L452r, corrisponde ad una modifica individuata anche nella variante californiana che interessa la proteina spike e potrebbe aumentare la contagiosità del coronavirus.
La seconda (E484q) potrebbe invece incidere sulla capacità di eludere la risposta immunitaria: quindi, potrebbe portare il coronavirus ad essere più resistente agli anticorpi sviluppati dopo un’infezione o di aggirare, almeno parzialmente, l’efficacia del vaccino. Ma sul punto, al momento, ci sono pochi dati scientifici.
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