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Qualche settimana di sacrifici per poi riprendere la vita normale. All’insorgere del Covid in Europa, i governi avevano presentato più o meno con queste parole le limitazioni ai diritti fondamentali attuate per arginare i contagi. Sono passati all’incirca nove mesi, eppure la situazione di eccezionalità e di sospensione di alcune libertà date spesso per assodate perdura.

È così che nella società civile crescono sconforto e insofferenza, di cui si fa interprete l’Idea (Istituto internazionale per la democrazia e l’assistenza elettorale), con sede a Stoccolma.

Quasi la metà delle democrazie del mondo ha attuato restrizioni alle libertà fondamentali «illegali, sproporzionate, indefinite e non necessarie» in termini sanitari: è questa l’accusa che lancia Idea nel suo rapporto Global State of Democracy 2020. Secondo tale organizzazione non governativa, la pandemia ha dunque colpito i diritti umani e lo stato di diritto a diverse latitudini.

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE NEL MIRINO

Il costaricano Kevin Casas-Zamora, segretario generale di Idea, rivela al giornale in lingua spagnola Efe che la percentuale degli Stati in cui si sono registrate restrizioni dei diritti è del 43%, mentre sale al 61% se si considerano anche gli Stati autoritari.

Il Covid avrebbe esacerbato una situazione preesistente, giacché il rapporto evidenzia che due terzi delle democrazie verso cui si punta l’indice «stavano già regredendo» prima della pandemia.

Ma quali sono le libertà che maggiormente sono state colpite? Idea sottolinea con la matita blu la libertà d’espressione. Giustificate come strumenti per «combattere la disinformazione», denuncia Casas-Zamora, sono apparse anche in Paesi dall’antica tradizione democratica delle violazioni al diritto di critica.

«Oltre 50 Paesi hanno introdotto una legislazione che riduce la capacità di riferire normalmente» a mezzo stampa, dice il segretario generale di Idea: e quasi la metà dei quali, sarebbero Paesi democratici. In alcuni casi l’organizzazione – riferisce sempre Efe – denuncia una crociata contro persone accusate di fare disinformazione sul virus e di «pubblica intimidazione» nei loro confronti. Analoga accusa era stata formulata nei mesi scorsi da Amnesty International.

ITALIA IN STATO D’EMERGENZA DURATURO

C’è poi un passaggio del rapporto che fa inevitabilmente correre la mente al nostro Paese: più della metà degli Stati del mondo, il 59%, ha dichiarato una condizione d’emergenza per prendere misure drastiche al fine di combattere il virus.

È così che sono state limitate la libertà di movimento e di riunione: in alcuni casi lo stato d’emergenza è stato il grimaldello finanche per rimandare le elezioni. Idea cita quattro Paesi nei quali questa misura è ancora in vigore: insieme a Filippine, Argentina e Sierra Leone, compare l’Italia.

Fortunatamente però, il nostro Paese non ha conosciuto derive autoritarie come quelle che Idea denuncia in Paesi come El Salvador e Sri Lanka, laddove sembra che chi non rispetta le disposizioni anti-Covid possa finire in campi di internamento.

Non è finita qui. L’organizzazione per i diritti umani pone l’accento anche su altri vulnus deflagrati con la pandemia: la corruzione, poiché in molti Paesi sono stati allentati i processi di controllo sugli acquisti di materiali sanitari; la discriminazione nei confronti degli immigrati, sovente accusati di essere «la fonte del virus»; una recrudescenza di violenze sulle donne, dovuta alla reclusione obbligata.

«Il rischio è che i governi si abituino alla nuova normalità e non smantellino le misure antidemocratiche», afferma nel rapporto il segretario generale di Idea International.

Secondo Casas-Zamora, gli effetti politici più gravi arriveranno dalla crisi economica derivata dalla pandemia, che comporta «una sfida per la democrazia».
Sfida relativa anche alla distribuzione dei vaccini, che in alcuni Paesi segnati dalle diseguaglianze, rileva Casas-Zamora, potrebbe riguardare i privilegiati e non le persone più vulnerabili.


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