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Il dottor Alberto Zangrillo

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I VIROLOGI o sono impazziti o sono sull’orlo di una crisi di nervi e non si sa più se è il virus che ha dato una virata o sono loro che hanno perso la trebisonda. Ha cominciato l’illustre prof Alberto Zangrillo del San Raffaele di Milano il quale, nello sbalordimento generale, va a parlare da Lucia Annunziata su Rai3 per annunciare che «Il virus, dal punto di vista clinico, non c’è più». Una bomba. Tanto che lo stesso Zangrillo si spaventa: le sue parole hanno fatto impazzire la pubblica maionese, nel senso del comune sentire, perché finché il governo non ha dato – come ha dato, fra mille precauzioni –  il liberi-tutti, ciascuno badi alla propria pelle e tanti auguri, il virologo istituzionale era una specie di “fratone della buona morte”, uno di quelli che qualsiasi cosa tu facessi ti avvertivano che potevi esporti al rischio mortale.

Ciò è dipeso dall’imposizione mediatico-religiosa dell’esistenza del Virologo Unico. Secondo questa corrente di pensiero, sarebbe esistita una cosa a forma di cupola contente il Sacro Graal della “La Scienza”. Unica, granitica, indiscutibile. E non, badate bene, gli scienziati di un mondo che richiede tentativi, errori e successive correzioni; ipotesi da confermare e modificare, ma un malloppo vaticinante chiamato “La Scienza” che non aveva a che vedere con la variegata e cangiante comunità scientifica, ma con un comandamento divino, o governativo. Adesso tutto è cambiato. La vita deve riprendere anche a costo della vita e siamo stati rieducati a tirare un sospiro di sollievo quando – al momento del bollettino – ci dicono che ieri abbiamo avuto “soltanto” cinquanta morti. Che sarebbe come dire un aereo precipitato al giorno.

Il dato adesso è da considerare confortante perché anche le opposizioni sono d’accordo col governo: questa pandemia del cavolo deve finire, piaccia o no al virus, il quale virus deve essere considerato e mostrato al pubblico come un cialtrone, una bufala, una patacca. E i virologi della profezia catastrofica? Che fine hanno fatto? Fino a ieri avevano soltanto potuto constatare che di come si comporterà questo grumo di RNA non si sa ancora nulla, che l’America Latina è sferzata dalla pandemia, e che se dovessimo temere il bis di quello che fece la famosa febbre Spagnola di un secolo fa, dovremmo prepararci alla seconda e la terza ondata. Alberto Zangrillo si rende conto del botto che ha fatto con le sue dichiarazioni e, in tutta onestà, spiega che lui non voleva proprio dire che il Covid19 è morto o che non è mai esistito, ma che è diventato “clinicamente irrilevante”. Che vuol dire? Vuol dire che i numeri calano, le terapie intensive sono meno affollate e che il mostro, l’alieno, il coso, la bestia, la carogna o come vi piace più chiamarlo, se l’è data a gambe. È credibile? Certo che lo è. Solo, che non lo sa nessuno. Ma i virologi – questo è un fatto – hanno virato. E  Zangrillo, almeno dal punto di vista mediatico, ci sembra il comandante che ha ordinato la virata. E lo ha fatto, sottolinea, con la scienza e la conoscenza di uno che sul campo e vede che il diavolo non è più così malvagio come si diceva e che dunque si possono anche tirar via i sacchetti di sabbia.

Onestamente ci sembra che l’insieme del messaggio sia miracolosamente cambiato in straordinaria coincidenza con l’agenda del governo e anche delle associazioni di categoria e del mondo produttivo, il che è anche un bene se la verità e l’incolumità saranno rispettate. Ma la verità è che nel bizzarro mondo dei virus e dei virologi nessuno, come nel gioco del Poker, può essere sicuro di avere il punto imbattibile: c’è sempre una scala reale che batte il poker d’assi e così in virologia. E in questo bizzarro e terrorizzante mondo rientra anche la mentalità, per non dire la psicologia che sarebbe troppo, del virus. Il virus, poveretto, non si può riprodurre sessualmente perché non ha l’attrezzatura, ma usa un sistema geniale: si presenta all’individuo umano e gli dice, permette? devo soltanto fare alcune fotocopie, lei non si agiti e io la lascio vivere perché avrò sempre bisogno di lei. E infatti la maggior parte dei morti di Covid19 non sono stati realmente ammazzati dal virus che si fa le fotocopie a tue spese, ma dall’esagerata reazione di autodifesa per cui crepi di polmonite suicida. L’interesse del virus è che la gente viva per seguitare a passeggiare tra la folla, ma la folla è anche la follia umana che tende a rompere il lockdown con urla belluine e mettersi i gilet arancioni antivax, visto anche noi in fondo siamo un’accozzaglia di virus.

Ma dal punto di vista storico, la crisi del mondo dei virologi in questo inizio di giugno 2020 è qualcosa di inaspettato e stravagante. Nel senso che i virologi talebani che ci ricordavano nell’orecchio quanto vicina fosse la nostra fine, ora ammutoliscono, hanno mal di testa e prevale la tendenza dell’arcangelo di Castel Sant’Angelo a Roma, quello che rinfodera lo spadone perché la peste è stata sconfitta. Forse è  una ritirata tattica: i virologi hanno chiesto in massa l’aiuto psicoterapeutico. Per ora, liberi tutti. Le esequie sono rimandate ma senza affollamenti.


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