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Francesco, dal terrazzo di casa, con il suo amplificatore, trasmette a tutto volume l’Inno di Mameli incitando le persone del quartiere Monteverde di Roma a cantare. E loro cantano. A squarciagola.

Eccola la vita della gente che cambia, nel tempo sospeso del coronavirus. Dove tutto è immobile per contrastare ciò che si muove troppo velocemente. E nell’immobilità, si riscoprono persone, storie, sentimenti. Si condividono paure e angosce. Si aiuta e ci si fa aiutare. Le persone non si sfiorano più per strada. Se qualcuno ci viene incontro, ci spostiamo e mettiamo più spazio possibile tra noi e loro. Ma sorridiamo. Quanto tempo era che non ci si sorrideva per la strada? E parliamo, da un marciapiede all’altro, dalla strada al balcone.

Nel tempo immobile del coronavirus ognuno mette parte di sé: gli artisti suonano, cantano, ballano. I parrucchieri fanno tutorial per insegnare a mettere la tintura dei capelli, perché la ricrescita è troppa anche per stare in casa. I personal trainer ci permettono di proseguire l’esercizio fisico, gli appassionati di cucina regalano ricette. E poi ci sono i ‘battutari’, quelli che non mancano mai, quelli che non vengono fermati neanche dalla paura, quelli che postano frasi dissacranti anche sul coronavirus: «Sono giorni che sto a casa con moglie e figli, mi sembrano brave persone».

«Non è detto che si debba impazzire in casa, ne parlavo prima con il frigorifero». «Tra un po’ dovremmo andare a caccia per mangiare e io non so nemmeno dove vivono le lasagne». E ti strappano sempre una risata.

Riscopriamo i tempi lunghi, in cui non fare nulla. O i tempi lunghi, in cui i figli ci costringono a risolvere problemi che, di nascosto, controlliamo su internet. Perché ci scopriamo ignorantissimi. E vulnerabili, quando dobbiamo spiegare loro cosa sta accadendo.

Non lo sappiamo cosa sta accadendo e ci affidiamo agli ‘esperti’, incappando qualche volta nelle fake news, perché il cretino di turno non manca mai, neanche nel tempo del coronavirus. Viviamo il tempo immobile della paura in cui vorremmo accanto i nostri figli, che invece sono altrove, in Europa, nel mondo, a costruirsi un futuro che l’Italia non gli ha concesso. E per una volta, nel momento immobile del coronavirus, noi e loro, tutti, sappiamo che l’Italia è l’esempio da seguire.


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