Il ministro Giuseppe Valditara
4 minuti per la letturaIL PROFESSOR Giuseppe Valditara, Docente di diritto romano presso l’Università di Torino, è il nuovo ministro dell’Istruzione e del Merito. Sin dalla lettura dell’elenco delle personalità che avrebbero composto il nuovo governo, questa denominazione ha suscitato polemiche e rivolte dal basso. Mentre proprio Valditara, già finito nel mirino per alcuni suoi libri sul sovranismo e un pamphlet dal titolo “L’Impero romano distrutto dagli immigrati”, ha preso tempo limitandosi a twittare “Aver coniugato Istruzione e merito è un messaggio politico chiaro”. Sì, ma quale? Rivolto a chi?
Nel frattempo, ci si divide sul concetto di merito e il caso, com’era prevedibile, diventa politico. Con la parola merito, recita il dizionario Treccani, si indica «il fatto di meritare, di essere cioè degno di lode, di premio, o anche di un castigo». In genere, ha senso positivo e si indica il diritto che si è acquisito, per le proprie opere o qualità, all’onore, alla lode, alla stima o alla ricompensa. Applicando il concetto di merito all’istruzione, secondo Dario Ianes, docente ordinario di pedagogia e didattica speciale presso l’Università di Bolzano, “Scuola di destra valorizza il merito, scuola di sinistra appiattisce tutti al ribasso, frenando il merito? Ma merito di chi, di che cosa? Merito del Caso che ti ha fatto nascere in una famiglia ricca e colta? Merito del Caso che ti ha fatto nascere al Nord? Merito del Caso che ti ha dato una combinazione di geni eccezionale? Merito invece della tua Grande Forza di Volontà, curiosità, desiderio di conoscenza e di superamento dell’esistente?”.
Andrea Canevaro, pedagogista dell’inclusione recentemente scomparso, metteva invece in guardia: “C’è chi nasce fortunato, e chi nasce sfortunato. Secondo questo presupposto, i principi meritocratici possono essere interpretati come l’individuazione il più possibile precoce dei fortunati, i meritevoli, che devono ricevere tutte le attenzioni. Mentre gli altri, gli sfortunati immeritevoli, devono essere messi in condizione di non far perdere tempo, energie e soldi. Dobbiamo svelare l’inganno delle parole: la scuola del merito è la scuola che smette di investire su chi è in difficoltà”.
La retorica che accompagna il merito è certamente divisiva, soprattutto nel nostro Paese che ha un problema reale di meritocrazia. Questa tocca molti ambienti di lavoro e potere e c’entra ben poco con la scuola: riguarda invece le assunzioni e l’assegnazione strategica dei ruoli aziendali, le distorsioni dei contratti-ricatti i concorsi pubblici, le cattedre universitarie. Non bisogna, tuttavia, cedere alle semplificazioni: qualcuno di noi potrebbe mai dirsi contrario al merito? E il merito, a scuola come altrove, deve essere riconosciuto. Il raggio di azione del ministero dell’istruzione abbraccia la scuola nella sua interezza: chi fa la scuola, chi si occupa del sapere che viene insegnato, la burocrazia che la determina e l’innovazione che la riguarda. Il merito ha una sua importanza, ma metterlo in primo piano rispetto ad altre tematiche rischia di distogliere l’attenzione dagli obiettivi primari della scuola e dalla sua funzione di cura in un momento decisivo per il nostro Paese.
Quando parliamo di merito, la destra fa riferimento a persone di talento, mentre la sinistra pensa a una scuola dove si rischia di lasciare indietro chi ha minori capacità oppure proviene da un ambiente disagiato. Questo nodo appare a oggi irrisolvibile perché siamo consapevoli del fatto che abbiano ragione entrambe: la prima quando fa riferimento alla definizione stessa della parola, la seconda quando indica l’esperienza pratica. Applicando poi la logica meritocratica, chi ce la fa se l’è meritato e chi non ce l’ha fatta non può che essere ritenuto responsabile della sconfitta: ci troviamo così di fronte alla cosiddetta “simmetria della valutazione”, che mina le fondamenta della missione educativa della scuola e la trasforma in quella che il filosofo Michael Sandel chiama “macchinetta etichettatrice” per prodotti di scarsa, media e buona qualità.
E c’è di più: quando si parla di merito, bisognerebbe comprendere di cosa si stia parlando: talenti innati o abilità sviluppate con il tempo? Quale delle due opzioni sarebbe più meritevole? In nostro soccorso giunge l’art.34 della Costituzione, secondo cui “La scuola è aperta a tutti”. Il comma 3, inoltre, specifica: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Più che selettiva ed esclusiva, allora, la nostra buona scuola dovrà ripartire proprio da questo concetto di merito che fa rima con stabilità, continuità, normalità.
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