Mario Draghi
1 minuto per la letturaL’Italia e il suo Mezzogiorno continuano ad avere bisogno di un nuovo De Gasperi. L’Europa e il mondo hanno avuto ancora bisogno di Draghi perché è la sua indiscussa leadership monetaria globale a consentire di riarmare il bazooka con il riacquisto di attività nette (quantitative easing 2), taglio dei tassi e qualche altra sorpresa.
L’Italia ne avrebbe ancora più bisogno perché c’è un punto dove il carismatico leader politico (De Gasperi) e il carismatico banchiere centrale si incontrano: è un punto comune che fa la differenza per il futuro di un paese perché è quello in cui entrambi diventano statisti.
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Il primo perché pone le basi, con la sua azione politica, per trasformare uno stato agricolo di secondo livello prima in un’economia industrializzata poi in una potenza economica mondiale. Il secondo perché in assoluta solitudine con tre sole parole (“Whatever it takes”) mette coraggiosamente in gioco la sua credibilità personale e salva l’euro, di conseguenza l’eurozona e l’Italia. Sono risultati che appartengono alla storia.
Questa merce rara fa la differenza.
Soprattutto, per un paese come il nostro che, diversamente dalla Spagna, non ha voluto o non ha saputo sfruttare l’ammortizzatore sociale monetario messo coraggiosamente in campo da Draghi – capovolgendo l’impostazione del suo predecessore francese, il patriota Trichet, e vincendo l’opposizione di Weidmann – per chiudere la brutta stagione del regionalismo miope, riprendere a fare spesa per investimenti nel Mezzogiorno, mettere in sicurezza la finanza pubblica.
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