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Vittorio Sgarbi

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Gli auguri al telefono del premier Draghi e la buona “copia” della Renaissance di Macron che, per cambiare nome al suo partito, si è ispirato al Rinascimento di Vittorio Sgarbi. Professore, onorevole, primo cittadino, critico d’arte, letterato. I titoli poco contano, ma nemmeno l’età e per festeggiare i suoi 70 anni, Vittorio Umberto Antonio Maria Sgarbi, ha scelto di ripartire dalle origini. Una traghettata con gli amici a bordo della motonave Stradivari lungo il Po, «il mio fiume», precisa durante l’intervista che riusciamo a strappargli mentre è in giro assalito da gente che vuole scambiare con lui qualche battuta. Molti sono giovani e non si risparmia nell’intrattenerli, mentre scorge un edificio di epoca fascista che vuole andare a vedere. La festa inizia dal porto turistico di Boretto: una crociera lungo le terre di don Camillo e Peppone verso Ferrara, la città che gli ha dato i natali.

Una festa o piuttosto un viaggio?

«Ho deciso qualche settimana fa di fare quello che definisco il viaggio della rinascita. Una spedizione difficile, non solo perché il Po è in secca».

A bordo in tanti, ministro del Turismo Massimo Garavaglia compreso, per un traguardo importante. Di solito in queste occasioni si fanno bilanci.

«Il bilancio è che purtroppo sono diventato vecchio ed ho la consapevolezza di aver vissuto più di quanto vivrò. Ho fatto molto ma sicuramente potevo fare di più. La mia è stata una vita trascorsa con una tensione accelerata. Ho fatto tante cose, dal critico d’arte, al letterato, al critico televisivo e tanto altro ancora. Posso dire che la mia è stata una vita intensa, ho violato due embarghi in Libia e in Iraq. Vivo senza rimpianti se non quello che non avrò più questi settant’anni».

La bellezza: progetto semplice o complesso?

«Semplice perché ognuno di noi ha il senso della proporzione difronte a ciò che è bello oggettivamente. Ma serve la conoscenza per capire quali sono i valori necessari alla bellezza. Mi sono accorto di questo quando ero fidanzato con una ragazza fiorentina e mi sono accorto come fosse nel contempo buon legno e buona stoffa. Quindi esiste un’idea astratta della bellezza e c’è necessità di educare l’occhio a capire come si manifesta. Ecco perché è semplice e nello stesso tempo complesso. Oggi tante cose sono brutte e la gente è corrotta con la frequentazione del brutto. Nel mio caso la bellezza è partita dalla conoscenza poetica, letteraria ed è passata in un secondo momento a quella delle opere d’arte. È un concetto vario ma anche tanto difficile».

Quanta bellezza c’è nella politica?

«Partiamo da un dato di fatto: io voglio fare il Ministro dei Beni Culturali. Ho un obiettivo politico che spero accada fra un anno. La verità è che non si può fare politica senza conoscenza e senza cultura. Quando dico che Macron ha copiato il mio movimento, è vero. Ha usato in politica dopo di me la parola rinascimento che è in assoluto quella più bella che si poteva usare. Io ho azzeccato dando questo nome al mio movimento e Macron l’ha capito, sia sul piano letterario che storico. Tutto questo ha a che fare con una visione crociana. Il parlamentare deve conoscere, la politica è fatta di idee. Nomi come socialista oppure liberale sono spariti in nome dell’onestà».

Quando ripete capra vuole dire una parola d’ordine?

«È la parola d’ordine che fa sì che a me i giovani parlino come se fossi loro coetaneo, mi apre al mondo dei ragazzi. È vero io litigo e mando a fare in culo. Ma è una forma di linguaggio che ha a che fare con la questione estetica. È giusto riconoscere il nostro tempo difficile e di scontri. La parolaccia portata in tv non è volgare, appartiene al linguaggio della contemporaneità. Quello che sembra volgare in realtà corrisponde ad una intensificazione. I giovani mi sentono vicino perché ho superato la barriera delle convenzioni. Del resto la tv di trent’anni fa era fatta di cortesia e di inchini. Ho sconclusionato tutto, ho ribaltato gli schemi, credo di aver inventato io il reality e la gente fa quello che vuole. Mi comporto davanti alle telecamere come se non ci fosse una telecamera. Vivo in una dimensione singolare di libertà dalle forme. Noi siamo nati con la grazia, ma per difenderla».

Ha chiesto al Papa di andare a Mosca.

«Il covid è stata una malattia di Stato. Durante la pandemia il tampone ha interferito nella nostra dimensione privata. Io ho combattuto questa battaglia in difesa della libertà personale. E anche Elon Mask mi ha dato ragione. Ora è arrivato il l tempo della guerra. Ho detto a papa Francesco che deve andare non a Kiev ma a Mosca. Ciò che bisogna vincere è la pace che è tanto difficile. La guerra la si perde comunque. La guerra è qualcosa di arcaico e barbarico che non risolve nessun problema».


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