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La base produttiva del Sud fa forte il centro Nord, ma l’assenza di una adeguata offerta infrastrutturale nel comparto logistico ha prodotto un danno alla crescita di circa 92 miliardi e di questo valore l’area del Mezzogiorno rappresentava oltre il 50%, cioè circa 45 miliardi
Ultimamente ho prospettato una possibilità del nostro Paese di disporre di 11 realtà urbane; una simile ipotesi la legavo alla capacità, ormai vicina ad un concreto completamento della rete ferroviaria ad alta velocità. Ho volutamente precisato “ormai vicina” perché, entro un quinquennio, sarà completato l’asse ferroviario Milano – Genova.
Accanto a questa dimensione, essenzialmente legata alla tipica funzione di sistema urbano, cioè di dimensione relativa alla fruizione dei tipici servizi del terziario tradizionale ed avanzato, non mi ero per niente soffermato su un dato posseduto da questo sistema che forse è bene definire “motore produttivo” non di tre città, non di tre Regioni, ma dell’intero Paese.
Ebbene, in questi tre ambiti urbani, all’interno di queste tre realtà ci sono attività produttive che partecipano alla formazione del Prodotto Interno Lordo per oltre il 33%; in proposito ritengo opportuno riportare un dato formalmente presente in diversi comunicati: “La macro area definita dal triangolo industriale Milano – Torino – Genova vale un terzo del Prodotto Interno Lordo ed in termini di export addirittura il 38%, quasi 240 miliardi di euro. E proprio la proiezione sui mercati nazionali ed internazionali è una delle caratteristiche che rende per le imprese urgente lavorare sul tema: la circolazione di merci e persone è cruciale per lo sviluppo industriale globale”.
LA BASE PRODUTTIVA PRESENTE AL SUD
Ma un’altra città, sempre tra le 11 da me identificate, relativa al sistema formato da Firenze – Roma – Napoli, contiene nel suo interno attività produttive che partecipano alla formazione del Prodotto Interno Lordo per circa il 20%.
È utile, a mio avviso, soffermarsi su un dato al tempo stesso importante ma anche preoccupante: la metà del Pil dell’intero Paese viene assicurato da questi due distinti sistemi. Uno nel Nord del Paese ed uno nel Centro e automaticamente prende corpo un obbligato approfondimento, un obbligato interrogativo: come mai non troviamo i contributi di quattro altre realtà urbane, sempre all’interno delle 11, ed ubicate nel Sud; mi riferisco ai sistemi Foggia – Bari – Lecce, o Salerno – Reggio Calabria, o Palermo – Catania – Messina, o Cagliari – Nuoro.
I DUBBI E LE ANOMALI SULLA GESTIONE DEL SUD
Non riesco, ad esempio, a capire come mai:
- la produzione in tali realtà di oltre il 48% del comparto agro – alimentare non diventi poi motore misurabile nella formazione del Pil;
- altre rilevanti attività che sono a tutti gli effetti vere eccellenze produttive del Mezzogiorno, mi riferisco alle attività industriali nel comparto della produzione di prodotti tecnologicamente avanzati, non riescano ad incidere in modo forte nella crescita del Pil;
- la formazione di prodotti con elevato valore aggiunto come quelli legati alla moda o alla creazione di attività legate al comparto dell’arredamento non riusciamo a produrre concreta crescita del Pil;
Cioè come mai, pur avendo tutto questo una rilevante dimensione economica, non si trasformi poi in un misurabile contributo nella formazione del Pil. È davvero incomprensibile non riuscire a capire questo che rimane da sempre un difficile ed incomprensibile fenomeno. Un fenomeno che invece, per le cose che dirò dopo, rimane da sempre, preciso da almeno 74 anni (settantaquattro anni) cioè dalla istituzione della Cassa del Mezzogiorno, un dato definito come “naturale limite alla crescita legato alla storica arretratezza dell’intero sistema territoriale del Sud”.
LE CAUSE DELL’ANOMALIA DELLE CITTÀ DEL SUD
Forse, ripeto, dopo 74 anni e questo sono sicuro diventerà, ancora una volta, una grande occasione di dibattito nel Festival Euromediterraneo di Napoli. Un dibattito, soprattutto, sulla integrale rivisitazione della vecchia narrazione che, insisto fino alla noia, continuiamo spesso ad utilizzare come caratterizzazione di una realtà che, invece, oggi ha, al suo interno, non solo condizioni di crescita ma, addirittura, è, a tutti gli effetti riferimento portante della crescita e dello sviluppo di quelle realtà, sì di quelle realtà come le due città prima richiamate di Torino – Milano – Genova e di Firenze – Roma – Napoli.
Ma allora quale è la causa di questa assurda ed incomprensibile anomalia? Penso che la causa vada ricercata in due dati:
- l’assenza di Hub logistici per l’accumulo e la trasformazione dei prodotti provenienti da aree ubicate nel Mezzogiorno del Paese;
- l’assenza di reti ferroviarie e stradali di supporto ai collegamenti tra realtà produttive e Hub logistici, tra aree della produzione ed aree della trasformazione, della conservazione, dei mercati e dei consumi.
IL CENTRO NORD SFRUTTA LA BASE PRODUTTIVA DEL SUD
Non voglio invocare definizioni eccessive e forse offensive ma in verità le realtà del Centro Nord prima descritte svolgono una pura funzione di “mero parassitismo” sfruttando proprio una rilavante base produttiva del Sud.
Di un Sud che, a differenza delle aree del Centro Nord, possiede solo un Hub interportuale come quello di Nola – Marcianise a differenza del Nord che ne ha invece otto; un Sud che, in 74 anni, ha realizzato solo l’autostrada Palermo – Messina, Salerno – Reggio Calabria e Catania – Siracusa (non ho citato le autostrade Napoli – Bari – Taranto e Palermo – Catania perché le caratteristiche non possono certo essere definite di livello autostradale) ed invece non ha realizzato assi viari essenziali come la Maglie – Santa Maria di Leuca o l’asse 106 Jonica che collega Taranto con Reggio Calabria, non ha realizzato reti ferroviarie ad alta velocità lungo il collegamento Salerno – Reggio Calabria, Palermo – Catania, Catania – Messina, Palermo – Messina, non ha neppure elevato i livelli funzionali di un asse ferroviario come quello jonico che collega Taranto – Sibari – Crotone – Reggio Calabria.
SENZA UN’OFFERTA INFRASTRUTTURA PER LA LA BASE PRODUTTIVA DEL SUD DANNI AL PIL PER MILIARDI
Il Centro Studi della Coldiretti “Divulga” pochi mesi fa ci ha raccontato, in modo capillare ed esaustivo, che nel 2022 l’assenza di una adeguata offerta infrastrutturale nel comparto logistico ha prodotto un danno alla crescita economica di circa 92 miliardi di euro e di questo valore l’area del Mezzogiorno rappresentava oltre il 50%, cioè circa 45 miliardi di euro; in realtà la crescita presente in quelle due macro realtà urbane è motivata essenzialmente dalla capacità di realtà che, senza comparire, rendono possibile risultati che derivano proprio solo dal Sud.
Lo abbiamo capito tardi e lo abbiamo capito proprio simulando queste macro aggregazioni; questo approfondimento sicuramente sarà bene utilizzarlo sia nella lettura delle “autonomie regionali differenziate”, sia dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep) ed un simile approccio, a mio avviso, servirà sia a confermare la nuova narrazione sul Sud emersa già nel Festival Euromediterraneo dello scorso anno, sia a creare, insisto fino alla noia dopo 74 anni, strumenti ed organismi davvero capaci per leggere ed al tempo stesso interpretare fenomeni che, specialmente durante i Governi Conte 1 e 2 e, purtroppo, anche Draghi, erano stati sempre affrontati con la logica davvero “offensiva” del 30% delle risorse degli investimenti globali da assegnare al Sud; purtroppo dichiarazione rimasta sempre una “buona intenzione”.
Forse tutto questo sarà bene inserirlo nella prossima “Carta di Napoli Due”.
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