Il Ragioniere generale dello Stato Biagio Mazzotta
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 RUOLO MEF-RGS NELLA VERIFICA/BOLLINATURA PROVVEDIMENTI DI RIPARTO RIGUARDO L’APPLICAZIONE DEL CRITERIO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE
- 2 POSSIBILE SUPERAMENTO DEL CRITERIO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE E UTILIZZO DI INDICATORI SPECIFICI
- 3 PEREQUAZIONE INFRASTRUTTURALE C. 815 LB 2021
- 4 CAPACITÀ DI REALIZZARE GLI INTERVENTI – FATTORI INCIDENTI SUI TEMPI DI REALIZZAZIONE DELLE OPERE PUBBLICHE
Capacità di dare risposta ad esigenze del territorio e delle comunità, tramite meccanismi di riparto adeguati con riferimento alla destinazione territoriale delle risorse e alla sussistenza di risorse nazionali ed europee destinate alle politiche di coesione. Criterio della popolazione residente al Mezzogiorno (cd. “clausola del 34%”) per la destinazione territoriale delle risorse ordinarie statali di conto capitale al fine dell’effettività del criterio di aggiuntività delle risorse Fsc.
Le spese ordinarie per investimenti del bilancio dello Stato e degli enti decentrati non devono essere finanziate dalle risorse Fsc in quanto queste ultime sono regolate dal “principio di aggiuntività” (art. 2 D. Lgs. 88/2011). Tale principio è stato ulteriormente rafforzato, e reso cogente, dall’articolo 7-bis del decreto legge n. 243 del 2016.
Viene infatti previsto che il riparto delle risorse dei programmi di spesa in conto capitale finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti da assegnare sull’intero territorio nazionale, che non abbia criteri o indicatori di attribuzione già individuati alla data di riferimento del 1 gennaio 2020, deve essere disposto anche in conformità all’obiettivo di destinare agli interventi nel territorio delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna un volume complessivo di stanziamenti ordinari in conto capitale almeno proporzionale alla popolazione residente (tale proporzionalità viene comunemente indicata come criterio del 34%). Il principio si applica ai contratti di programma tra il ministero delle Infrastrutture e mobilità sostenibile e le società Anas e Rfi. Viene quindi sancita la non sostituibilità delle risorse ordinarie con quelle speciali del Fsc.
A tal fine è prevista una procedura amministrativa di ricognizione annuale dei programmi di spesa e una modalità articolata, definita con Dpcm, la cui ultima versione, adottata in relazione alle ultime modifiche normative recate dall’art. 1, comma 319 della legge 160/2019, è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale lo scorso 19 marzo.
Tale procedura è finalizzata a: verificare che il riparto delle risorse dei programmi di spesa in conto capitale, sopra descritti, sia effettuato in conformità alla quota minima relativamente al criterio della popolazione residente; monitorare l’andamento della spesa erogata.
Nel procedimento amministrativo delineato dal predetto Dpcm il ministero dell’Economia e delle finanze – Ragioneria generale dello Stato svolge un ruolo di supporto e collaborazione nei confronti del ministro per il Sud e la coesione territoriale.
In particolare è previsto un coinvolgimento del Mef-Rgs nella definizione dei contenuti e dei formati delle comunicazioni previste a carico delle Amministrazioni centrali, se del caso anche aggiornandone i contenuti nel tempo in relazione ai risultati informativi riscontrati. Inoltre è prevista la possibilità di richiedere al Mef- Rgs la verifica di coerenza dei dati trasmessi con le informazioni disponibili nei propri sistemi informativi.
RUOLO MEF-RGS NELLA VERIFICA/BOLLINATURA PROVVEDIMENTI DI RIPARTO RIGUARDO L’APPLICAZIONE DEL CRITERIO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE
Come accennato, il criterio della destinazione territoriale delle risorse dei programmi di spesa in conto capitale (finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti da assegnare sull’intero territorio nazionale, che non abbia criteri o indicatori di attribuzione già individuati alla data del 1 gennaio 2020) in base almeno alla popolazione residente nel Mezzogiorno deve essere applicato in occasione dell’adozione dei provvedimenti di riparto delle risorse (decreti, Dpcm, delibere Cipe).
In questa prima fase di applicazione della norma, nelle more dell’adozione e dell’operatività del Dpcm sopra descritto, la RGS ha inteso avviare un’attività di confronto e collaborazione con le amministrazioni proponenti i provvedimenti amministrativi ai fini dell’inserimento negli stessi di apposite clausole necessarie alla corretta applicazione del criterio sopra descritto.
L’avvio della procedura di ricognizione dei programmi di spesa cui applicare tale criterio, nonché delle relative autorizzazioni di spesa e dei pertinenti capitoli di bilancio, così come delineata dal DPCM in discorso, potrà rendere più agevole e spedita l’adozione dei provvedimenti di riparto da parte delle Amministrazioni centrali interessate, anche tenendo conto dei possibili riflessi con eventuali ulteriori criteri relativamente a disposizioni normative successive al primo gennaio 2020.
POSSIBILE SUPERAMENTO DEL CRITERIO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE E UTILIZZO DI INDICATORI SPECIFICI
Appare utile segnalare che, prima delle ultime modifiche normative recate dalla legge 160/2019, l’articolo 7-bis del DL 243/2016 prevedeva che le risorse di conto capitale relative ai programmi di spesa selezionati ai fini della verifica del rispetto dell’aggiuntività delle risorse FSC, dovevano essere destinate al Mezzogiorno in base proporzionale alla “popolazione di riferimento” o in modo “conforme ad altro criterio relativo a specifiche criticità”.
L’applicazione ai singoli programmi di investimento di criteri oggettivi e specifici per materia e comunque in relazione alle situazioni di criticità/fabbisogni esistenti consentirebbe uniformità di trattamento su base territoriale ai fabbisogni specifici e di poter effettivamente destinare le risorse FSC e europee alla rimozione delle situazioni di ritardo infrastrutturale, economico e sociale. Ciò comporterebbe anche una maggiore qualità complessiva della spesa pubblica.
PEREQUAZIONE INFRASTRUTTURALE C. 815 LB 2021
Proprio con riferimento all’esigenza di adottare criteri “oggettivi” nell’utilizzo delle risorse in base ai fabbisogni, un ragionamento urgente dovrà essere fatto per attuare (il termine che la legge prevede è 30 giugno) le disposizioni riguardanti il “Fondo perequativo infrastrutturale” di cui all’articolo 1, comma 815, della legge n. 178/2020, che autorizza risorse per complessivi 4,6 miliardi (anni 2022-2033) per finanziare interventi capaci di ridurre il divario infrastrutturale tra le aree del Paese.
II Fondo modifica quanto previsto nel 2009 dalla legge sul federalismo fiscale (L. 42-2009) che prevedeva appunto una ricognizione degli interventi infrastrutturali nelle varie aree del Paese.
L’individuazione sia delle infrastrutture necessarie a colmare il deficit di servizi rispetto agli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale, sia dei criteri di priorità per l’assegnazione dei finanziamenti verrà decisa da uno o più Dpcm, da adottarsi entro il 30 giugno 2021.
L’esperienza maturata nell’ambito della predisposizione del PNRR può indicarci un percorso virtuoso, capace di indirizzarci verso un miglioramento delle performance del nostro Paese nella programmazione e realizzazione delle opere pubbliche.
Il PNRR prevede un’articolazione in: missioni>componenti>misure>sub-misure e progetti.
Il progetto, dunque, è il livello più dettagliato della singola opera. Ogni progetto dovrà essere identificato da un CUP (Codice Unico di Progetto), il quale sarà strumento fondamentale anche ai fini del monitoraggio della spesa e della verifica dell’avanzamento procedurale e fisico dell’opera.
L’accordo di pagamento con la CE prevede una rendicontazione degli interventi non collegata ad un cronoprogramma di spesa per le singole misure contenute nel piano, ma connessa alla predisposizione, implementazione e rispetto di un percorso realizzativo strutturato attraverso una pluralità di obiettivi intermedi e, conclusivamente, al raggiungimento del risultato finale rappresentato dalla effettiva realizzazione dell’investimento programmato.
CAPACITÀ DI REALIZZARE GLI INTERVENTI – FATTORI INCIDENTI SUI TEMPI DI REALIZZAZIONE DELLE OPERE PUBBLICHE
I tempi di realizzazione delle opere possono variare in forza di molteplici fattori: carenze nella progettazione; complessità iter autorizzativi; incertezze circuiti finanziari; non adeguata governance del ciclo di progetto e di controllo dell’opera; contenzioso nella fase dell’aggiudicazione e di esecuzione dei lavori (cd. fase di cantiere).
Tra i vari elementi incidenti sui tempi di realizzazione vi è sicuramente il valore dell’opera. Se volessimo operare una segmentazione dell’intera procedura necessaria alla realizzazione dell’opera (dalla fase di progettazione a quella di esecuzione) apparirebbe evidente la grande influenza che i cd “tempi di attraversamento” hanno sulla durata complessiva della procedura.
Nello specifico, i cd “tempi di attraversamento” sono quelli che riguardano la durata che si impiega a perfezionare il passaggio da una fase all’altra della procedura. Si tratta, dunque, di una meta-fase nel corso della quale vengono predisposti tutta una serie di adempimenti funzionali alla prosecuzione dell’iter procedurale (si stima che tali tempi possano rappresentare circa il 50% della durata complessiva di una procedura di finalizzata alla realizzazione di un’opera pubblica). A titolo esemplificativo ci si riferisce agli iter autorizzativi (ad esempio, le valutazioni di impatto ambientale), all’emissione di certificati ed ai vari passaggi burocratici correlati alla procedura.
Sono queste, dunque, le fasi critiche nelle quali posso crearsi i cosiddetti colli di bottiglia. La progettazione preliminare (ora Progettazione di fattibilità tecnico-economica) è quella dove il peso di tali tempi risulta maggiore, stimata nel 69% (Fonte: Banca d’Italia). Nelle altre due fasi di progettazione (definitiva ed esecutiva) i tempi di attraversamento ed il tempo effettivo arrivano ad equivalersi. Sebbene il Sud per opere di alto costo (dai 200 M euro in su) non sembri presentare difficoltà di realizzazione delle opere né tanto meno ritardi vistosi, anche tenendo conto delle attività di grandi stazioni appaltanti, ciò non vale per le opere di basso valore. Infatti, se si considerano quelle di minor costo (<100mila euro), si nota al Sud un tempo di realizzazione superiore al doppio rispetto al Nord e al Centro. Le difficoltà del Sud emergono anche in fase di progettazione delle piccole opere che, peraltro, presentano un maggior tempo di attraversamento tra la fase di progettazione e quella di esecuzione lavori.
*Ragioniere Generale dello Stato
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IL RAGIONIERE GENERALE DELLO STATO E LA DIRETTRICE GENERALE PREVIDENZA INTERPRETANO IN MANIERA ERRATA NORME DELLE RIFORME DELLE PENSIONI SACCONI E FORNERO: TAGLIO DELLE NUOVE PENSIONI DAL 1.1.2021
La Riforma delle pensioni Sacconi, con la L. 102/2009, art. 22-ter, comma 2, ha introdotto l’adeguamento, con cadenza quinquennale, dell’età di pensionamento alla speranza di vita. Poi lo ha modificato sostanzialmente con la Legge 30.7.2010, n.122, art. 12, comma 12-bis, ter, ecc. rendendolo a cadenza triennale. Con la stessa L. 122/2010, art. 12, comma 12-bis, ha attribuito al “Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali”, il compito di emanare un decreto direttoriale almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento e che, come stabilito dal successivo comma ter, “aggiorna con cadenza triennale i requisiti di età e di anzianità contributiva in misura pari all’incremento della predetta speranza di vita accertato dall’ISTAT in relazione al triennio di riferimento. La mancata emanazione del predetto decreto direttoriale comporta responsabilità erariale.”.
La Riforma delle pensioni Fornero, con la L. 214/2011, art. 24, ha esteso l’adeguamento dell’età di pensionamento alla speranza di vita alle pensioni anticipate (comma 12) e ha modificato la periodicità dell’aggiornamento da triennale a biennale sia dell’età di pensionamento (comma 13), sia dei coefficienti di trasformazione (comma 16).
In entrambi i casi (ma scambiandosi i ruoli), i soggetti che materialmente firmano il decreto direttoriale, a pena di sanzione erariale, sono il Ragioniere Generale dello Stato (MEF) e la Direttrice Generale Previdenza del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Ho scritto loro due volte,[1] per evidenziare che sbagliano ad interpretare le norme pensionistiche, adducendo come prova documentale anche la stessa relazione tecnica della L. 214/2011 (co-elaborata da MinLav ed RGS), che al di là di ogni ragionevole dubbio attesta più volte che l’adeguamento del 2019 è triennale, per cui il successivo adeguamento biennale dovrà decorrere dal 2022, e non dal 2021, come erroneamente interpretano il Ragioniere Generale dello Stato e la Direttrice Generale Previdenza (e tutti gli altri, incluso l’INPS e il Parlamento (sic!), si vedano, ad esempio, le Leggi di Bilancio 2017 e 2018, che si sono allineati).
Per contro, la stessa relazione tecnica, contraddicendo quanto riportato dalla sua tabella a pag. 42, attesta nel commento (presumibilmente l’estensore è persona diversa da chi ha elaborato la tabella e probabilmente di grado gerarchico superiore) che l’adeguamento dell’età di pensionamento e dei coefficienti di trasformazione del 2019 è triennale, e lo attesta sia a pag. 38, riproducendo fedelmente e correttamente la norma di legge (art. 24, comma 13). Sia, ancora più chiaramente scrivendo l’aggettivo «triennali» due volte nella stessa frase, a pag. 49 (dove, di tutta evidenza, manca nel periodo un segno di interpunzione dopo le parole «4 mesi»):
Come extrema ratio e poiché queste loro errate interpretazioni sono presenti anche in leggi, ho inviato per conoscenza le lettere anche al Presidente della Repubblica.
Il Segretariato Generale del Quirinale, avendo evidentemente trovato fondate le mie osservazioni, mi ha comunicato il 4 marzo 2019 di aver trasformato la mia lettera del 23 febbraio 2018 in un esposto e di averlo trasmesso al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, “per l’esame di competenza”.
Ma i due Alti Dirigenti hanno ripetuto l’errata interpretazione nel Decreto direttoriale del 5 novembre 2019.
Ho allora riscritto loro[2] e poi contattato telefonicamente prima la Ragioneria Generale dello Stato (senza risultato), la Segreteria della Ministra del Lavoro (il centralinista ha disposizione di non passarle nessun cittadino semplice) e poi la Segreteria della Direzione Generale Previdenza (nel suo sito c’è il numero telefonico diretto), con la quale ho avuto un’interlocuzione, ma – pur avendo il funzionario, delegato per la risposta, riconosciuto che non avevo torto e poi l’aveva già redatta (tre mesi dopo) -, mi ha comunicato che non potevano trasmettermela, per decisione – mi ha detto – del Capo Divisione III; esito negativo del quale ho informato il Segretariato Generale del Quirinale.[3]
I due Alti Dirigenti hanno poi emanato un altro decreto direttoriale del 1 giugno 2020, relativamente all’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione (che la Riforma Dini aveva stabilito decennale, modificato poi dalla Riforma Damiano in triennale e dalla Riforma Fornero in biennale), ed anche per questo hanno erroneamente fissato la decorrenza biennale dall’1.01.2021.
Anche in questo decreto essi riportano la chiarissima norma pensionistica della Riforma Fornero:
“e ogni due anni per le rideterminazioni successive a quella decorrente dal 1° gennaio 2019”,
non avvertendo – come rilevai nella lettera precedente – neppure questa volta l’evidente illogicità della loro interpretazione, dal momento che, se la periodicità biennale vale per “le rideterminazioni successive a quella decorrente dal 1° gennaio 2019”, significa necessariamente, dal punto di vita logico, che quella del 2019 NON può essere anch’essa biennale, ma triennale.
Evidenzio che le varie interpretazioni errate di RGS e DG Previdenza (decorrenza della periodicità degli aggiornamenti dell’età di pensionamento e dei coefficienti di trasformazione ed esclusione, dal calcolo, delle diminuzioni della speranza di vita) si sono tradotte (per quanto riguarda i nuovi coefficienti di trasformazione, già dall’1.1.2021) e si tradurranno in un danno economico per tutti i futuri pensionati.
____________________________
Note
[1] Lettera al Ragioniere Generale dello Stato sulle sue errate interpretazioni di norme pensionistiche
https://vincesko.blogspot.com/2018/03/lettera-al-ragioniere-generale-dello.html
Lettera n. 2 alla Ragioneria Generale dello Stato sulle sue errate interpretazioni di norme pensionistiche
https://vincesko.blogspot.com/2018/10/lettera-n-2-alla-ragioneria-generale.html
[2] Lettera n. 3 al Ragioniere Generale dello Stato e alla Direttrice Generale Previdenza sulla loro errata interpretazione della norma che adegua l’età di pensionamento alla speranza di vita
https://vincesko.blogspot.com/2019/11/lettera-n-3-al-ragioniere-generale.html
[3] Lettera n. 2 all’Ufficio Affari Giuridici del Quirinale sull’errata interpretazione di RGS e DG Previdenza di norme delle Riforme Fornero e Sacconi: comunicazione dell’esito negativo
https://vincesko.blogspot.com/2020/02/lettera-n-2-allufficio-affari-giuridici.html