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Paura a Pellaro, in provincia di Reggio Calabria, dove il 16 luglio un toro imbizzarrito ha costretto i passanti a rifugiarsi precipitosamente nelle abitazioni o nei negozi (LEGGI). Il bovino sarebbe fuggito da un circo, che si trovava di passaggio in zona per rifornire di cibo gli animali.
L’episodio ha riportato la mente al maggio 2016, quando sul lungomare di Reggio Calabria preso d’assalto per la passeggiata del sabato pomeriggio, piombò improvvisamente un altro toro, uscito da chissà dove (LEGGI).
Ma l’immagine del toro che irrompe nella quotidianità della Calabria contemporanea alimenta memorie persino ancestrali. Franz Altheim, storico delle religioni tedesco, spiegava la creazione del toponimo “Italia” con la presenza nell’attuale penisola calabrese della popolazione degli Italói (vituli in latino), il cui etimo è connesso al concetto di “vitello”, “bue” o, appunto, “toro”.
Si ritiene, infatti, che questa popolazione conservasse un culto preistorico nei confronti di un dio a forma di toro. Una simile attestazione è ancora più antica, se ne trova traccia negli scritti dello storico Ellanico di Lesbo nel V secolo a.C., che spiega il toponimo in relazione al mito di Ercole, e si ritrova nella Roma del I secolo a.C., come attestano varie fonti tra cui Varrone. Fino al V secolo a.C. con Italia si indicava soltanto l’attuale Calabria.
Solo successivamente il nome fu esteso a tutta la Penisola. Bisogna attendere il III secolo, con le vittorie dei romani contro i sanniti e contro Pirro, per estendere il termine fino alle popolazioni che vivevano nei pressi del Magra e del Rubicone. Nel 49 a.C., quando anche alla Gallia Cisalpina furono concessi i diritti di cittadinanza romana, le regioni settentrionali della penisola presero il nome di Italia. I confini furono estesi dalla riforma amministrativa di Augusto, nel 27 dopo Cristo, portandoli ad ovest fino a Nizza e a Est al fiume Arsa, in Istria.
L’Italia prendeva la forma di quella che sarà poi una nazione, ma l’origine è da ricercarsi nella Calabria e nel mito taurino.
L’immagine del toro all’origine del nome “Italia” è evocata da Giovanni Pascoli. Per il cinquantenario dell’allora Regno, nell’orazione ai giovani allievi dell’Accademia Navale, il poeta parla del popolo di un’antica terra che si chiamò poi Italia: «Uno di essi popoli prendeva il nome dal “bove”. Narravano d’esser giunti alle lor sedi seguendo un toro. Grande cammino avrebbe lor fatto compiere l’animale sacro: da quei grandi monti per tutto il silvestre paese, attraversando via via altri monti, guadando rapide fiumane, sotto un cielo sempre più azzurro, sotto un sole sempre più ardente. Ma ecco il bove condottiere mugliò, fermandosi. Era avanti a lui un fiume inguadabile. Dall’altra sponda, in lontananza, una montagna fumava: nella notte il fumo si sarebbe converso in anelito di fiamma. Il popolo si fermò anch’esso, si estese lungo la spiaggia (quel fiume era il mare), si propagò, fondò città, e infine vanì. Non se ne ricordò se non il nome, che era quello del toro che li aveva guidati, ed era il segnacolo e si credeva il progenitore. In lor lingua si chiamava ITA Italo. Onde quel lembo di terra estrema sul mare, circa due millenni e mezzo fa, già si indicava col nome sacro d’Italia».
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