Una scena del film “Freaks Out”, dal 28 ottobre nelle sale
2 minuti per la letturaFREAKS Out di Gabriele Mainetti è, probabilmente, la punta più avanzata del cinema italiano nell’area degli F/X, degli effetti speciali: ce ne sono più di 1800 nel film. Esplosioni, incandescenze, faville fluttuanti, e poi molti effetti cosiddetti del “particellare” (fumo, polvere, effetti atmosferici) e altrettanti “compositati” (quando, grazie agli effetti del digitale, si mettono insieme scene, oggetti, paesaggi, girati separatamente).
Ma gli effetti non sono solo visivi. Ci sono anche quelli sonori (che i moderni software rendono, per certi versi, ancora più numerosi e sorprendenti di quelli che possono essere creati nel mondo delle immagini).
«Al missaggio si ricostruisce qualsiasi cosa – spiega il regista – L’unica cosa che ti tieni della presa diretta è il parlato, l’ambiente, tutto il resto è ricostruito. Ma lo facciamo da una vita, da sempre. Noi siamo dei grandi, doppiavamo tutto: dal passo al respiro, tutto si ricostruisce e dopo va missato: è la foley, il rumore di fondo della vita di tutti i giorni, la stanza dove si rifanno tutti i rumori».
Freaks Out è un film che ha una pressione sonora sorprendente, la stratificazione di effetti e di materia sonora, soprattutto nella lunga battaglia notturna finale, è qualcosa di mai tentato fino ad ora al cinema in Italia, probabilmente, grazie anche al Sound Designer Mirko Pierri, tra i più stimati professionisti del settore.
Non bisogna dimenticare che Mainetti è anche musicista ed ha uno zio che è un apprezzato direttore d’orchestra. Anche in quest’area, la colonna sonora del film, firmata dallo stesso Mainetti e Michele Braga, premiata a Venezia con il Soundtrack Stars Award, costituisce sia una sfida sia un’obiezione alle tendenze attuali dei commenti musicali.
Da una parte si avvale di rielaborazioni di brani di repertorio, da “Bella Ciao” ai Radiohead, ai virtuosismi alla Rachmaninov del pianista nazista, come è sempre più frequente nell’uso della musica del cinema degli ultimi anni. Dall’altra, invece, Mainetti, che è un grande appassionato delle colonne sonore del passato, recupera i “temi”, ovvero il modo in cui i soundtrack del passato coloravano anche narrativamente il film legando determinati personaggi, o ricorrenze drammatiche, a determinati motivi musicali.
Da questo punto di vista, lo spessore della musica, nel film, ha quasi sempre una qualità sinfonica: è un cinema che va affrontato con una sorta di realtà aumentata della nostra capacità di ascoltare, guardare, entrare in una tensione emotiva con lo scorrimento di immagini e suoni sullo schermo.
Riuscirà questo “spaghetti blockbuster” che racconta di supereroi/mutanti, anime del circo in lotta contro il terrore del nazismo e dell’olocausto a catturare il cuore delle grandi platee, anche del pubblico più giovane, monopolio dei film della Marvel? Riuscirà Mainetti, come fece il suo eroe cinematografico, Sergio Leone, a ibridare Hollywood con la nostra identità e le nostre radici che affondano nella lotta partigiana alla tirannide fascista e nazista?
È una delle partite più avvincenti che si giocherà nelle sale, e presso il pubblico, nelle prossime settimane. Una partita che solo un freak del nostro cinema, come Garbiele Mainetti, con coraggio e passione, poteva inventarsi.
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