Palazzo Chigi
3 minuti per la letturaLa giornata della violenza sulle donne celebrata il 25 novembre 2023 è carica di significato, l’omicidio di Giulia Cecchettin è stato uno spartiacque
Mai come quest’anno la giornata contro la violenza sulle donne è carica di significato. Prima di ogni cosa perché il femminicidio di Giulia Cecchettin rappresenta una data spartiacque, un po’ come lo è stato il delitto del Circeo. Tutto questo lo si comprende fin dalle prime ore del mattino.
Il Capo dello Stato Sergio Mattarella non sarà al Circo Massimo, dove si terrà la manifestazione della Capitale, ma di buon mattino scrive parole chiare e nette su quello che sta succedendo. «Drammatici fatti di cronaca scuotono le coscienze del Paese. Una società umana, ispirata a criteri di civiltà, non può accettare, non può sopportare lo stillicidio di aggressioni alle donne, quando non il loro assassinio. La pena e il dolore insanabili di famiglie e di comunità ferite sono lo strazio di tutti».
E ancora, sempre Mattarella: «Quando ci troviamo di fronte a una donna uccisa, alla vita spezzata di una giovane, a una persona umiliata verbalmente o nei gesti della vita di ogni giorno, in famiglia, nei luoghi di lavoro, a scuola, avvertiamo che dietro queste violenze c’è il fallimento di una società che non riesce a promuovere reali rapporti paritari tra donne e uomini».
Scendono in piazza uomini e donne per dire no alle prevaricazioni e alle violenze contro le donne e per sottolineare l’importanza di una denuncia. La mobilitazioni è importante. Non a caso le organizzatrici arrivano a dire che «siamo almeno 500 mila». Sfila il mondo della politica. Giorgia Meloni non c’è, ha scritto però un post su X: «Siamo libere, e nessuno può toglierci quella liberta’, nessuno può pensare che siamo nel loro possesso. Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, voglio dire alle donne italiane che non sono sole, e che quando hanno paura 1522 è il numero da chiamare, in qualsiasi momento, per avere aiuto immediato». Elena, la sorella di Giulia Cecchettin, non ha preso parte alla manifestazione e ha lasciato questo messaggio sui social: «Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto».
In piazza, a Roma, c’è Elly Schlein, segreteria del Pd. «L’indignazione e la rabbia non bastano. Vogliamo fermare questa mattanza. Questa è una piazza molto bella, è per Giulia e per tutte le donne uccise dalla violenza maschile e che ogni giorno subiscono altre forme di violenza. È il momento di dire basta e fare un salto in avanti perché non se ne può più». La numero uno del Nazareno è convinta che «la repressione non basta, bisogna insistere sulla prevenzione per sradicare la cultura patriarcale».
Nel corso del pomeriggio monta la polemica sull’assenza della premier in piazza. Maurizio Landini, segretario della Cgil, ritiene che «ognuno si assume la responsabilità e risponde di quello che fa e che dice. Ma ci sono provvedimenti che coerentemente si possono fare e che non sono più rinviabili». Giuseppe Conte, leader dei 5Stelle, si trova a Perugia al Congresso di Sinistra Italia, e da quel consesso rilancia il reddito di libertà e sfida così la premier: «Dobbiamo incrementarlo, c’è ora un nostro emendamento per portarlo a 1200 euro. Faccio da qui un appello al presidente Meloni: hai sabotato Opzione donna e Ape sociale, hai aumentato l’Iva sugli assorbenti, tagliato i fondi su prevenzione della violenza. Almeno su questo ci dai una risposta? Una risposta a tutte le donne che subiscono violenza?».
Alle 18 il Colosseo si illumina di rosso. E sarà così fino all’1 di oggi. Un gesto simbolico per promuovere la consapevolezza e la lotta contro la violenza sulle donne. «Con questa e altre importanti iniziative che coinvolgono anche il mondo del cinema, il ministero della Cultura ribadisce il suo impegno nella lotta contro la violenza sulle donne e nell’affermazione del valore del rispetto della libertà femminile come principio fondamentale della società», dichiara il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. A fine serata si tirano le somme. La risposta c’è stata, la politica si è mobilitata, il Parlamento si è impegnato. Ma è chiaro che il tempo delle promesse sia finito.
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