Donald Trump
3 minuti per la letturaNon c’è giorno che Donald Trump non ci offra uno spunto anche per rivisitare il passato in chiave di attualità. L’accento posto dal presidente Usa sullo slogan “Prima l’America” sembra un segnale della volontà di tornare al mercantilismo del 16° e del 17° secolo quando i rapporti commerciali erano subordinati all’espansione della potenza degli Stati. Il primo obiettivo della politica economica mercantilista era procurarsi oro e argento per battere moneta e riempire le casse dello stato, assicurandosi i mezzi per il funzionamento del commercio. Ma quando non si disponeva di miniere – come era invece il caso di Spagna e Portogallo grazie alle colonie americane – uno stato poteva procurarsi questi mezzi soltanto attraverso due strumenti: la razzia e il commercio estero.
Nell sue opere, tra cui una assai recente, Alain Bihr, ricercatore e professore onorario all’Università della Franca Contea, ci ricorda che la razzia fu prima di tutto quella operata ai danni dei popoli extra-europei attuata in maniera esplicita nelle colonie. Ma la razzia implica anche quella ai danni dei concorrenti europei. E così l’Inghilterra e la Francia, di due principali stati mercantilistici, sono anche i Paesi che hanno fatto più ricorso alla pratica della pirateria, con le “lettere di corsa” ai privati, gestendo veri propri porti corsari come Dunkerque e Saint Malo sulle coste francesi, Bristol, Plymouth e Guernesey in terra inglese.
Le navi che partivano da questi porti potevano lanciare attacchi anche al commercio marittimo intraeuropeo, nel Mare del Nord, nella Manica, sulla costa atlantica e nel Mediterraneo. Oppure organizzavano spedizioni più lontane verso le Antille le Americhe. In un’opera recente di Alain Bihr recensita da Le Monde Diplomatique (La premier àge du capitalisme) si sottolinea il ruolo della pirateria nell’arricchimento “nazionale”: nella sola guerra della Grande Alleanza (1688-1697), in cui la Francia di Luigi XIV si scontrò con un a vasta coalizione europea, i corsari di Saint Malo avevano realizzato 1283 assalti, quelli di Dunkerque 2,269, ai danni di olandesi, inglesi e spagnoli.
Gli inglesi non si tirarono indietro con 630 scorribande corsare contro i francesi. Durante la guerra di successione spagnola (1701-1713) i corsari francesi lanciarono 4.500 assalti contro i loro nemici. Il contributo quindi della pirateria all’accumulazione di ricchezze statali e private della borghesia europea non è dunque da sottovalutare. Anche se ovviamente i mercantilisti contavano soprattutto sulla ricchezza generata dal commercio estero. Di qui la preoccupazione di favorire le esportazioni e frenare le importazioni con dazi e tasse. Il punto chiave del mercantilismo è quello di ragionare in termini di economia nazionale: la nazione è la sua unità di misura, non l’individuo come nel liberismo. Quindi vede nello scontro tra stati nazionali la spartizione di mercati mondiali.
L’obiettivo era di di conquistare e difendere le migliori posizioni possibili nella concorrenza internazionale. Con Trump il mercantilismo torna di moda. E forse anche la razzia, in versione riveduta: è quel che accade nella Tortuga della Libia dove _ oltre ai trafficanti di essere umani _ sono presenti le compagnie petrolifere degli stati come la Francia che sostengono il generale Haftar stipulando contratti con il governo della Cirenaica che per le risoluzioni Onu non potrebbe vendere direttamente petrolio e incassarne i proventi. Tempi moderni, come si vede.
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