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LE NUBI di fumo degli incendi del Peloponneso e dell’Eubea, persino la puzza di bruciato, aleggiano sulle isole Cicladi dei vacanzieri. La Grecia è una torcia. Il clima sta cambiando in ogni regione della Terra, in maniera rapida e con fenomeni estremi sempre più frequenti. Le nostre vite cambieranno, anche la nostra economia e la nostra politica. Inutile girarci intorno e dire che non lo sapevamo. In un “Post” di qualche giorno fa si anticipava il rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) delle Nazioni unite, un documento di 4.200 pagine che contiene la valutazione scientifica più avanzata degli effetti della crisi climatica sul nostro mondo. La prima parte del rapporto è stata pubblicata ieri ed è la più aggiornata e completa rassegna scientifica sui cambiamenti climatici, una rassegna che sarà sul tavolo della 26ª Conferenza delle Parti dell’Unfcc (United Nations Framework Convention on Climate Change), la Cop26 di Glasgow.
EUROPA SPACCATA IN DUE
Per noi europei affacciati sul Mediterraneo non ci sono buone notizie. La crisi climatica dividerà in due l’Europa. Nei Paesi del Mediterraneo l’aumento delle temperature ha effetti più gravi che nel nord, aumentando le disparità economiche e minacciando la tenuta dell’Unione europea. Il nord del continente dovrà affrontare alluvioni e incendi, anche se il riscaldamento dovesse rimanere entro gli 1,5 o 2 gradi in più rispetto alla media precedente all’era industriale, i limiti previsti dagli accordi di Parigi. Ma il sud sarà martellato dalla siccità, dal surriscaldamento delle città e dal declino dell’agricoltura, che approfondiranno una delle principali spaccature dell’Unione europea.
Avremo più sete e più fame. I principali esperti internazionali di clima avvertono che miliardi di persone sono a rischio di scarsità cronica di acqua e decine di milioni sono minacciate dalla fame, e che le terre vicino all’equatore diventeranno inabitabili per il caldo se non si prendono provvedimenti per difenderci dagli shock climatici e ridurre rapidamente le emissioni di gas serra. Gli europei ancora non si rendono di come il cambiamento climatico li colpirà direttamente. Gli studi più recenti mostrano che ogni parte dell’Europa cambierà, specialmente se non si prendono immediatamente contromisure adeguate, e che questi sconvolgimenti amplificheranno le disparità già esistenti, con profonde conseguenze per il progetto politico continentale.
L’Europa è destinata a diventare un continente caldo. Anche se i nordeuropei dovranno affrontare aumenti meno significativi, devono cominciare a pensare come i meridionali: gli edifici progettati per trattenere il calore d’inverno fanno la stessa cosa in estate.
PIOGGE E SICCITÀ
Ci saranno vincitori e vinti. Inverni più caldi, stagioni di crescita più lunghe e più precipitazioni faranno sì che alcune parti d’Europa, soprattutto nel nord, produrranno di più rispetto a oggi. Ma per altre parti del continente un mondo più caldo sarà un disastro. Il cambiamento climatico traccerà una cortina della pioggia attraverso l’Europa. Le latitudini più elevate diventeranno più umide, mentre il sud si prosciugherà. Le siccità saranno più frequenti ed estreme, diffondendosi tra le pianure dell’Europa meridionale e centrale. A 2 gradi di riscaldamento il 9 per cento della popolazione europea potrebbe ritrovarsi in competizione per riserve idriche insufficienti.
Secondo l’Ipcc, in Europa meridionale più di un terzo della popolazione avrà meno acqua di quanta gliene serve. Se la temperatura aumenterà di 3 gradi, le regioni europee afflitte dalla siccità passeranno dal 13 al 26 per cento. Nel comunicato stampa che ieri accompagnava il rapporto dell’Onu, il messaggio è chiaro fin dalle prime righe: «Forti e costanti riduzioni di emissioni di anidride carbonica (CO2) e di altri gas serra limiterebbero i cambiamenti climatici. Se, da una parte, grazie a queste riduzioni, benefici per la qualità dell’aria sarebbero rapidamente acquisiti, dall’altra potrebbero essere necessari 20-30 anni per vedere le temperature globali stabilizzarsi».
CAMBIAMENTI IRREVERSIBILI
Non c’è più tempo o i tempi saranno lunghissimi, incalcolabili. Il rapporto dell’Ipcc è un pilastro su cui dovranno basarsi le decisioni che, si sottolinea ampiamente nel volume, non sono più rimandabili: molti di questi cambiamenti, rilevano gli scienziati, «sono senza precedenti in migliaia, se non centinaia di migliaia di anni, e alcuni tra quelli che sono già in atto – come il continuo aumento del livello del mare – sono irreversibili in centinaia o migliaia di anni».
Alla Conferenza delle Parti di Glasgow parteciperanno di nuovo gli Stati Uniti, dopo il ritiro voluto dall’ex presidente Trump, e il primo punto dell’agenda sarà proprio verificare lo stato di avanzamento delle azioni intraprese dagli Stati per rispettare l’impegno di tenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2º C e proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5º C. Uno sforzo, si legge nel rapporto dell’Ipcc, che deve essere globale e non più prorogabile.
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