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La popolazione dell’Unione europea è destinata a invecchiare, ed è l’Italia con le sue regioni meridionali a guidare questo declino europeo. Il Paese è destinato a essere quello del club a dodici stelle con l’età media più alta di tutta l’Unione. Il motivo? L’arretratezza e la povertà delle regioni del Meridione, che inducono a non fare figli.
A certificare tutto questo il Parlamento europeo, nella nuova edizione annuale sulle Prospettive demografiche realizzata dal proprio centro studi. Nel documento si conferma l’invecchiamento della popolazione Ue, la cui età media dovrebbe aumentare di 4,5 anni tra il 2019 e il 2050 e raggiungere i 48,2 anni alla fine di tale periodo. Già adesso, stando agli ultimi dati disponibili (2018), l’Italia è il Paese trainante di questo fenomeno, con i suoi 46,7 anni di età media. Solo la Germania ha conosciuto un costante sostanziale aumento dell’età mediana dei cittadini dal 1970 a oggi (rispettivamente di 13,6 e 12 anni). Ma se le cose cambieranno per i tedeschi, non così sarà per gli italiani. Anzi.
LE PROSPETTIVE
Si prevede che l’Italia sarà la prima a raggiungere un’età media di 50 anni, nel 2030, seguita dal Portogallo nel 2035 e dalla Grecia nel 2036. Ancora, guardando all’orizzonte 2050 si prevede che l’Italia avrà l’età media più vecchia nella Ue-27 a 51,6 anni, seguita dal Portogallo a 51,2 anni. Nel 2070 la Polonia e l’Italia dovrebbero avere l’età media più alta tra i paesi Ue, rispettivamente di 52,6 anni e 52,1 anni.
È oltre la panoramica generale che si cela dietro la questione del Sud. Se gli italiani sono e resteranno i Matusalemme d’Europa è per via delle condizioni economiche del Mezzogiorno. Il tasso di fecondità, vale a dire il numero di figlio per coppia, «è spesso legato a questioni economiche», si sottolinea nel rapporto, e laddove ci sono più ristrettezze e più incertezze si tende a fare meno figli. Un legame che innesca un circolo vizioso soprattutto nei Paesi e nelle regioni in cui si fa più fatica a raggiungere una ricchezza economica.
Puglia, Sardegna, Molise, Basilicata, Calabria, Campania e Sicilia sono tutti territori a più elevato tasso di rischio povertà. Di conseguenza, ci si pensa di più prima di allargare il nucleo famigliare.
«La povertà ha una profonda influenza sulla demografia» europea, si legge nel documento. «La povertà è un deterrente per le nascite nella Ue». Ecco perché il meridione non sfugge.
A rendere il Mezzogiorno un territorio non a prova di futuro c’è l’insufficienza del sostegno pubblico. Si calcola che in media, nel 2019, il 16,5% della popolazione della Ue-27 era a rischio di povertà dopo i trasferimenti sociali. In concreto vuol dire 84,7 milioni di persone, un settimo delle quali (12.252.978) in Italia e soprattutto nel Sud. Perché il dato schizza al 20,3% nello Stivale, ben oltre la media europea.
LA QUESTIONE MERIDIONALE
Non finisce qui, perché c’è pure il problema della povertà lavorativa, quella legata a retribuzioni inadeguate, insufficienti a far fronte a tutte le spese quotidiane. Anche in questo caso il fenomeno incide sulle decisioni di vita, prima fra tutte la filiazione. Nel 2018, con un tasso di rischio di povertà pari o superiore al 10%, i Paesi più colpiti sono stati Romania (15,7%), Spagna (12,7%), Lussemburgo (12,1%), Italia (11,8%). Per l’Italia ciò si traduce in circa 7,1 milioni di persone mal pagate, concentrate nelle regioni del Sud.
Ecco che la relazione annuale del Parlamento europeo sull’andamento demografico ripropone una volta di più la questione meridionale. Per interrompere questo invecchiamento della popolazione, occorre rilanciare con forza le regioni del Mezzogiorno, e renderle prospere. Ne beneficerebbe innanzitutto il Sud, e con esso anche l’Italia e l’Europa. Se solo l’Italia lo capisse una volta per tutte.
«La responsabilità principale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale nella Ue spetta agli Stati membri», ricorda lo studio. La Ue può dare contributi economici, ma serve una strategia nazionale di rilancio dei territori più svantaggiati. Praticamente un nuovo richiamo all’Italia di farsi carico della questione meridionale. Un nuovo richiamo ad agire, anche perché «la pandemia di coronavirus ha solo peggiorato questa tendenza demografica».
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