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Non si erano più parlati dal 30 marzo, da quella telefonata in cui Mario Draghi aveva esordito dicendogli: «La chiamo per parlare di pace». Poi niente più. Ieri il presiedete del Consiglio ci ha riprovato: ha chiamato Vladimir Putin per chiedergli «se si potesse far qualcosa per bloccare il grano che oggi è nei depositi in Ucraina. Perché la crisi alimentare che sta avvicinandosi, in alcuni Paesi dell’Africa è purtroppo già presente, avrà proporzioni gigantesche e conseguenze umanitarie terribili».

Il primo passo sarebbe creare «una collaborazione tra Mosca e Kiev per sbloccare i porti». «In gioco c’è la vita di milioni e milioni di persone», ha ribadito il premier. Putin ha puntato il dito contro gli ucraini che hanno minato i porti, e le sanzioni che bloccano il grano russo. «Le sanzioni ci sono perché è la Russia ad attaccato l’Ucraina», l’osservazione del premier.

Se su questo piano Draghi ha comunque registrato «disponibilità» da parte del leader del Cremlino, non altrettanto è accaduto su quello del campo di battaglia. «Non ho visto spiragli per la pace», ha affermato rispondendo a chi glielo domandava in conferenza stampa.

Il prossimo passo, intanto, sarà sentire Volodymyr Zelensky. Il premier è stato cauto sulle possibilità di successo della sua iniziativa: «Ho sentito il dovere di prenderla per la gravità della crisi umanitaria che può toccare i più poveri del mondo. Non c’è alcuna certezza che vada a buon fine».

Da Putin poi ha avuto la rassicurazione che non ci sarà un blocco delle forniture del gas al nostro Paese. «Non ho risposto, ma questa è la situazione attuale di tutti i Paesi a parte quelli attaccati come la Finlandia», ha commentato il premier che poi ha dato conto della sottoscrizione di nuovi accordi con l’Algeria in occasione della visita di Stato del presidente Abdelmadjid Tebboune, tra cui quello siglato tra Eni e Sonatrach per lo sviluppo dei campi energetici ed esplorazioni congiunte, da cui sono attesi volumi di produzione di gas pari a circa 3 miliardi di metri cubi all’anno, che contribuiranno tra l’altro ad aumentare le capacità di export dell’Algeria verso l’Italia attraverso il gasdotto Transmed.

Sul fronte interno il premier ha registrato invece il “successo” del richiamo all’ordine ai partiti durante il Consiglio dei ministri convocato d’urgenza la scorsa settimana, durato appena 8 minuti, con all’ordine del giorno l’ultimatum sul ddl Concorrenza, fermo da dicembre in Parlamento – incagliato sul nodo delle concessioni balneari, con il centrodestra sulle barricate – una delle riforme chiave del Pnrr, mettendo a rischio il rispetto degli impegni e la tabella di marcia concordati con Bruxelles, da cui dipende l’erogazione dei fondi del Recovery Fund. Il premier ne aveva quindi chiesto l’approvazione entro maggio. Il governo o fa le cose o non ha ragione d’essere, era stato il messaggio. Che ieri ha rinnovato prendendo a prestito il titolo del congresso della Cisl: “Essere per cambiare».

«Siamo qui per fare quello che serve all’Italia, ai lavoratori, alle imprese, non per stare fermi», ha detto di fronte alla platea dei delegati del sindacato. L’accordo sugli indennizzi ai balneari è arrivato in extremis ieri mattina, quasi fuori tempo massimo: verranno definiti con un successivo decreto con cui il governo stabilirà le regole per le nuove gare che dovranno arrese espletate entro il 31 dicembre 2023, potranno slittare di un anno solo in alcuni casi specifici. Nel pomeriggio è arrivato l’ok della commissione Industria del Senato al ddl che lunedì approderà quindi nell’Aula di Palazzo Madama per il via libera, come da “tabella Draghi”.

Il premier non ha nascosto la sua soddisfazione: «Oggi sono molto più sereno dei giorni scorsi. Avendo raggiunto l’accordo su balneari che era un po’ l’ultimo aspetto, il resto è tutto già approvato, l’orizzonte si schiarisce sensibilmente». Ora si prova ad accelerare anche sul fisco. In serata, dopo il Cdm, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, ha incontrato i rappresentati della maggioranza con l’obiettivo di chiudere anche sulla delega fiscale. «Siamo vicini a un accordo – ha affermato il premier – se non vengono fuori sorprese».

Sul raggiungimento di tutti gli obiettivi del Pnrr in programma per il semestre Draghi non ha dubbi: «Sono molto tranquillo che questi obiettivi saranno tutti raggiunti. Anche su quelli intermedi siamo a un ottimo punto e ben prima del 30 giugno» potremmo raggiungerli, anzi «gran parte potranno essere raggiunti entri il 20 giugno. Il programma del governo va avanti e va avanti bene», ha affermato. Nel dettaglio è entrata la relazione esposta da Garofoli durante il Cdm: entro la prossima settimana, si evidenzia, saranno raggiunti altri 12 obiettivi del Pnrr, oltre ai 18 già conseguiti. Si tratta di 5 obiettivi del ministero della Salute, 4 del Ministero della Cultura, 2 del Mise e 1 dell’Istruzione.

I ministri hanno poi approvato la delega al governo per una revisione organica del sistema di incentivi alle imprese e il potenziamento, la razionalizzazione, la semplificazione delle agevolazioni per le imprese del Mezzogiorno. Il provvedimento porta la “firma” dei ministri del Sud, Mara Carfagna, e dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. L’ultima relazione annuale sugli strumenti di sostegno alle imprese (datata 2020) ne conta 1.466, 140 delle amministrazioni centrali, 1.326. Ed il numero è aumentato con la pandemia. Un numero di misure enorme cui, si evidenzia nella relazione tecnica del provvedimento, corrisponde però un volume di agevolazioni basso, che posto in rapporto al Pil pone l’Italia al quartultimo posto nella classifica dei Paesi Eu. Al divario comunitario, si aggiunge quello territoriale: il 30% delle agevolazioni concesse nel 2020 dallo Stato hanno interessato il Mezzogiorno, tuttavia gli investimenti attivati sul territorio sono stati pari a 1,7 miliardi, meno del 15% dei 12,3 miliardi attivati in Italia. Se si considerano anche gli incentivi regionali, la percentuale di risorse destinate al Sud rispetto al Centro Nord aumenta, ma la forbice degli investimenti non si riduce.

«Il nostro farraginoso sistema degli incentivi alle imprese sarà profondamente revisionato, semplificato e riorganizzato in modo che ogni singolo imprenditore possa accedere con facilità alle misure a cui ha diritto “sulla carta” ma che spesso risultano impraticabili nella realtà», ha affermato Carfagna. Il governo avrà 12 mesi di tempo per tradurre la delega in decreti legislativi per avviare una approfondita ricognizione del sistema incentivi.

«Abbiamo affrontato un problema storico della nostra politica industriale – ha aggiunto Carfagna – e cioè un sistema di incentivi al tempo stesso più “povero” ed enormemente più complesso dello standard europeo, fondato su centinaia di micro-misure disomogenee di difficile accesso. Al Sud, in particolare, le agevolazioni concesse dallo Stato “valgono” circa il 30 % del totale ma non hanno avuto effetti significativi sulla riduzione dei divari produttivi».

Tra i criteri di cui l’opera di riorganizzazione dovrà tener conto – oltre al sostegno dell’occupazione giovanile e delle persone con disabilità in primis – figurano, infatti, anche “le peculiari esigenze delle misure destinate al Mezzogiorno al fine di recuperare il divario di sviluppo”.


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