Il presidente russo Vladimir Putin e il presidente dell'Ucraina Volodimir Zelenskij
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L’UCRAINA, associata alla Ue, è un buon affare per l’Europa? Potrebbe esserlo, ma a guardare le cifre non si direbbe, visto che ormai il primo partner commerciale è la Cina, che in questi giorni si è comprata, approfittando della crisi con la Russia, anche la Borsa di Kiev. L’Unione europea, negli ultimi quattro anni, dopo l’accordo di associazione firmato nel 2017, ha versato nelle casse ucraine aiuti per oltre 5 miliardi di euro e in questi giorni ha erogato assistenza finanziaria per 1,2 miliardi. I risultati sono poco confortanti, visto che il Paese scivola nelle mani dei cinesi e rischia il collasso economico.
LE RADICI DELLA CRISI
Dal 1991 il Paese è arretrato ancora rispetto ai vicini. Nei trent’anni seguiti alla dissoluzione dell’Urss sembra che il tempo sia trascorso quasi invano: mentre nel 1992 il reddito medio ucraino era il 90% di quello polacco, attualmente è meno del 40%. A parità di potere d’acquisto il reddito pro capite polacco è quadruplicato dal 1992. All’origine del fallimento uno Stato mai nato e lo strapotere degli oligarchi che genera corruzione.
Usa e Ue prendano atto che la Russia non se ne andrà, visto che sta ai confini e sostiene le repubbliche russofone del Donbass, e quindi si deve salvare il salvabile. La crisi con la Russia coincide con un momento di estrema difficoltà. L’Ucraina è un Paese che da trent’anni passa da una crisi economica all’altra, con un assetto politico e istituzionale fragile, un’economia debole e una corruzione pervasiva.
Questo nonostante riceva aiuti occidentali, economici e militari, dal 2014, l’anno della guerra civile con 14mila morti e l’annessione russa della Crimea. Ma si continua a guardare il problema ucraino attraverso la lente russa, il che impedisce di avere una chiara visione delle difficoltà interne, trascurando i problemi, i conflitti e le debolezze strutturali di Kiev. L’Ucraina ha acquistato la propria sovranità solamente dopo l’implosione sovietica. In precedenza il territorio era suddiviso fra l’impero zarista e quello austro-ungarico e arrivò all’indipendenza solo per un breve periodo dopo la fine della prima guerra mondiale, prima di essere incorporata nell’Unione sovietica.
L’Ucraina post-sovietica si è trovata di fronte al difficile problema di costruire uno Stato e una nazione, e in questo difficile processo sono emerse le divisioni della società ucraina. La religione stessa è un elemento di separazione. La popolazione è a maggioranza ortodossa – l’ortodossia è nata a Kiev – ma esiste una consistente minoranza cattolica di rito greco.
Nel gennaio 2019 il patriarca ecumenico di Constantinopoli, Bartolomeo, primus inter pares fra i capi religiosi ortodossi, ha conferito alla Chiesa ortodossa di Ucraina l’indipendenza autocefala. Questa scelta è stata determinata dalla volontà di ridurre la storica influenza di Mosca e ha creato un’ulteriore divisione tra i fedeli, che devono decidere se obbedire al patriarca ucraino o a quello moscovita.
DIVISIONI E CORRUZIONE
Il Paese è bilingue. La questione linguistica divide la società ed è diventata strumento di lotta politica, soprattutto da parte di quei partiti che vogliono creare un’identità ucraina in opposizione alla parte del Paese in cui si parla il russo. Il penultimo presidente, Porošenko, parla il russo molto meglio dell’ucraino, mentre l’attuale presidente Volodymyr Zelenskij ha lavorato come comico per una tv di lingua russa.
Nel 2019 il Parlamento ha votato una legge che stabilisce l’ucraino come lingua ufficiale del Paese e sostituisce il russo nelle scuole medie in cui precedentemente veniva usato. Il Paese è diviso anche economicamente: la parte a est del Dnepr è più industrializzata, quella a ovest è storicamente a vocazione agricola. L’Est è il cuore industriale del Paese in cui vengono prodotti acciaio, armi, auto e prodotti aereospaziali. È la zona intorno a Krivoi Rog della prima industrializzazione in epoca zarista, sulla quale si è innestata la successiva industrializzazione sovietica. La capitale Kiev è il maggior centro di produzione terziaria del Paese, dove hanno sede imprese del settore aereonautico, energetico (Naftohaz) e telefonico (Kyivstar).
Ma chi governa l’Ucraina? Riposta semplice: gli oligarchi, in maniera più o meno diretta. Gli oligarchi hanno formato una rete di imprese acquisendo un enorme potere economico e politico. Qualunque presidente e primo ministro ucraino è sempre stato dipendente dagli interessi e dall’influenza dei vari Akhmetov, Firtaš, Kolomojsky, Medveduk, Porošenko, Tymošenko. Gli ultimi due – il primo nel ruolo di presidente, la seconda di premier – hanno direttamente governato il Paese. Non si è dunque formata una classe dirigente in grado di definire gli interessi nazionali e di controllare quelli dei potentati economici.
L’Ucraina è un caso di scuola di Stato corrotto e inefficiente. È solo l’aiuto economico e politico estero di Banca mondiale, Fondo monetario, Unione europea e Stati Uniti che ne impedisce il crollo verticale e il collasso economico. La Ue ha erogato 5 miliardi di euro, il Fondo monetario un prestito da 17 miliardi, ma questi soldi o sono stati spesi male oppure neppure sono arrivati per l’incapacità di gestione dei governi di Kiev. Nonostante i tentativi di combattere la corruzione, la situazione non è migliorata. Anzi, la percezione è che la corruzione sia addirittura aumentata dopo l’elezione di Zelenskij.
I DUE OBIETTIVI
Ma ecco dov’è il cattivo affare dell’Ucraina. L’obiettivo principale degli aiuti militari e finanziari occidentali è contenere la Russia e dissuaderla dal sostenere le repubbliche autonome del Donbass e di Luhansk. Il secondo obiettivo è ideologico: costruire in Ucraina uno Stato a imitazione del sistema economico e politico occidentale, con l’ovvia conseguenza dell’adesione alla Nato. È però evidente che l’Ucraina non sarà ammessa nella Nato perché questo significherebbe uno scontro armato con la Russia. E l’Europa dovrebbe chiedersi qual è il vero stato dell’economia e della società ucraine, abbandonando il pregiudizio che tutto ciò che non funziona è determinato dalla pressione russa, convincendosi che mai la Crimea tornerà all’Ucraina.
La crisi non può essere risolta senza un’intesa tra Russia e Ucraina, a sua volta parte di un più ampio accordo tra Mosca e l’Occidente. Si possono cambiare molte cose di un Paese, non la geografia.
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