I partecipanti al G7 in Puglia
INDICE DEI CONTENUTI
Massima unità del G7 sul sostegno all’Ucraina con l’appello per la tregua olimpica. Bastone e carota nei confronti della Cina: ipotesi di nuove sanzioni per Pechino, Meloni fa cancellare la parola “aborto” dal testo sui diritti civili
Ci sono i leader del mondo sulla pedana bianca incorniciata tra gli olivi secolari di Borgo Egnazia. Dall’argentino Milei a Joe Biden, dal presidente della Banca Mondiale Aijay Banga con il suo turbante bordeaux al principe saudita in abito lungo chiaro, dal presidente Modi a Ergodan. Persino Papa Francesco, e non era mai successo che il capo della chiesa cattolica prendesse parte al G7. C’è l’Africa, c’è l’Asia, le Americhe e l’Europa.
L’APPELLO DEL G7 PER UNA TREGUA OLIMPICA
Tutti, in serata dal G7 lanciano l’appello per la tregua olimpica. Alle sette di sera dell’ultimo giorno di summit Giorgia Meloni può dire «missione compiuta». Questo G7 italiano assomiglia tanto a un G20 e certamente ha avuto il merito di riunire nella masseria i leader del mondo. Per capire dove va il mondo. Allargare, includere, comprendere: il primo obiettivo del vertice è stato certamente raggiunto. Missione compiuta, premier Meloni.
LE LUCI E LE OMBRE
Sui risultati ci sono però luci e ombre. «Sarà un vertice, spero, piano di fatti concreti» aveva detto la premier inaugurando il summit giovedì mattina, il suo G7 fra i trulli e gli olivi di Borgo Egnazia. È sempre difficile, alla fine di ogni vertice, dire chiaramente chi ha vinto e chi ha perso. Di sicuro nulla cambierà nel mondo a partire da oggi sulla base delle conclusioni di questo G7 a presidenza italiana, così come poco o nulla è cambiato dopo i precedenti summit. È possibile, però, senza dubbio, individuare dei punti chiave che spostano la bilancia da una parte e dall’altra. Verso la vittoria o l’eventuale sconfitta. Qualunque impeto vittorioso sarà però eccessivo e fuori luogo.
I DIRITTI CIVILI
Il tema dei diritti civili e di genere è quello che ha maggiormente scaldato palazzo Chigi, spingendolo ben tre volte in 48 ore a fare smentite e correzioni. Ma è quello su cui l’Italia ha perso. Come se fare ulteriori concessioni in tema di aborto e diritti di genere fosse l’ossessione e l’incubo della Presidenza italiana.
Nel documento finale c’è un arretramento sul tema del diritto all’aborto rispetto al documento finale di un anno fa a Hiroshima: la parola aborto è stata cancellata. La Francia voleva mantenerla e fare anche un passo avanti, la presidenza Macron si era spesa per questo anche in linea con l’inserimento in Costituzione del diritto all’interruzione di gravidanza. La Casa Bianca, a sua volta, avrebbe preferito sfruttare la spina francese.
L’Italia ha detto no – anche per rispetto a papa Francesco, ospite d’onore di questo G7 – e alla fine è passato il passo indietro. Così come non ci sono stati progressi sulle questioni di genere. Nella dichiarazione finale – il documento che fissa gli obiettivi raggiunti – i leader del G7 esprimono «forte preoccupazione per la riduzione dei diritti delle donne, delle ragazze e delle persone Lgbtqia+ in tutto il mondo, in particolare in tempi di crisi». Si condannano fermamente «tutte le violazioni e gli abusi dei loro diritti umani e delle libertà fondamentali». Si riafferma quindi «l’impegno per l’uguaglianza di genere». Rispetto a Hiroshima però spariscono i riferimenti a “identità di genere” e “orientamento sessuale”. Per Meloni e le destre è una vittoria.
CINA E FRONTI DI GUERRA OLTRE L’APPELLO DEL G7 PER LA TREGUA OLIMPICA
È certamente positiva la compattezza del G7 sui due fronti di guerra. Cresce il pressing contro la Russia che deve «porre fine alla sua guerra illegale di aggressione e pagare per i danni che ha causato all’Ucraina». Oltre a promettere di «sostenere» Kiev per tutto il tempo necessario, sia sul piano economico che su quello dei sistemi di difesa, i Sette Grandi hanno deciso di trasferire i 50 miliardi che sono frutto degli interessi dei beni russi sequestrati.
Nel documento anche nuove azioni «per ostacolare lo sviluppo di futuri progetti energetici russi» e continuare a «ridurre le entrate della Russia dai metalli».
Rispetto alla Cina è stata deciso, alla fine, di usare un po’ il bastone e un po’ la carota. Pechino deve fermare il suo aiuto alla Russia, affermano i leader, annunciando che estenderanno la portata delle sanzioni per colpire le imprese e le banche cinesi che stanno aiutando la Mosca ad aggirare le sanzioni sui beni e le tecnologie usate nella produzione di armi. Pechino sotto accusa anche per le politiche commerciali che portano «distorsioni del mercato e nei tassi di crescita, minando lavoratori, industrie e la nostra resilienza e sicurezza economica».
Diciamo però che chi si aspettava maggiore severità rispetto alla Cina, specie dopo l’aumento dei dazi deciso dalle Ue nei giorni scorsi, è rimasto un po’ deluso. Severi, ma senza chiudere tutte le porte. Anche perché la Cina è uno dei pochi interlocutori utili con Mosca. Rispetto a Taiwan il G7 «si oppone alle pericolose incursioni nel mar cinese meridionale e ai suoi ripetuti ostacoli alla libertà di navigazione».
IRAN E GAZA
Parole chiare e decise, ma non certo l’ultimatum che qualcuno si aspettava. Le stesse usate con l’Iran, a cui viene chiesto di «smettere di sostenere la guerra della Russia in Ucraina» e di «non trasferire a Mosca missili balistici e relativa tecnologia». In caso contrario, i G7 sono pronti a «rispondere in modo rapido e coordinato e ad adottare ulteriori sanzioni».
Rispetto a Gaza, il summit ha adottato il piano Biden (oggetto anche del bilaterale di trenta minuti con Giorgia Meloni) e ha chiesto «l’immediato cessate il fuoco, il rilascio degli ostaggi e l’aumento significativo del flusso di assistenza umanitaria in tutta Gaza». L’obiettivo finale è, e resta, “due popoli e due Stati”.
La presidenza italiana è molto soddisfatta perché nella dichiarazione finale compare il tema del «governo dei flussi migratori illegali che alimentano nuove forma di schiavitù». Ed è riservata una citazione al Piano Mattei per l’Africa come nuovo strumento per diminuire le distanze e le disuguaglianze.
Alla fine, la cosa più importante resta l’Ucraina. I leader del mondo da oggi sono in Svizzera per la Conferenza sulla pace.
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