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La situazione dell’Africa tra colpi di stato militari e dittatori, il Niger vive da più di quattro settimane un blocco delle sue attività economiche con gravi conseguenze per la sua popolazione

Il rumore delle armi continua a farsi sentire in Africa. In poco più di 3 anni, dal 2020 a ieri, nel Gabon, in Africa si sono succeduti otto colpi di stato, Mali (Agosto 2020), Ciad (Aprile 2021, Guinea (Settembre 2021), Sudan (Ottobre 2021), Burkina Faso (Settembre 2022), Niger (Luglio), tutti con la stessa trama, i militari spodestano dei civili, quasi sempre al potere da decenni e tutti corrotti, e con lo stesso scenario, paesi ricchi di risorse minerarie e naturali e classificati fra i più poveri del mondo.

L’AFRICA E I DITTATORI, DIETRO I MILITARI I LEADER OCCIDENTALI

A seguito del colpo di stato nel Niger, lo scorso mese di luglio, nella regione del Sahel i Capi di Stato della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale si sono riuniti per ordinare l’immediata attivazione di una forza di intervento per restaurare il presidente del Niger rovesciato da un colpo di stato militare.

Dietro di loro ci sono tutti i leaders occidentali, in particolare quello americano Biden e quello francese Macron. Il più guerrafondaio dei due, Macron ha anche aggiunto che i 1.500 soldati francesi presenti sul territorio nigeriano (non capisco a quale titolo) sosterranno attivamente un intervento militare.
Nel frattempo, il Niger vive da più di quattro settimane un vero e proprio blocco delle sue attività economiche con gravi conseguenze per la sua popolazione. Infatti, più della metà della popolazione del Niger che già vive al di sotto della soglia di povertà, che significa meno di $1 per giorno, adesso affronta delle quotidiane interruzioni di corrente, in molte città del paese non c’è più l’acqua potabile, tutte le transazioni bancarie (in entrata ed uscita dal paese) sono bloccate, i prezzi dei generi alimentari sono andati alle stelle e ogni tipo di nuove emergenze succedono ogni giorno.

L’AFRICA, I MILITARI, I DITTATORI E L’OCCIDENTE

Di fronte al colpo di stato nel Niger, la maggior parte delle potenze straniere si atteggiano a difensori della democrazia ma in realtà difendono il diritto di alcuni grandi loro gruppi industriali e finanziari a continuare il saccheggio del paese come purtroppo succede ancora al giorno d’oggi in altri paesi africani, ricchi di minerarie e naturali e con territori rari. Gli interessi francesi che Macron cerca di tutelare sono quelli di Orano, ex-AREVA, che da 50 anni sfrutta l’uranio del Niger, quelli di Total, Bouygues e di tutti gli altri grandi gruppi Americani ed Europei, nessuno escluso, che fanno enormi profitti condannando le popolazioni africane al sottosviluppo e alla miseria e quindi sono obbligate da queste realtà ad emigrare dal loro paese in cerca di una vita migliore.

In Niger, per trovare l’appoggio popolare, i soldati golpisti denunciano il saccheggio del Paese da parte dei paesi Occidentali. Ma sino a poche settimane fa questi stessi membri delle alte sfere dell’esercito si erano resi complici di parte dei bottini che sono stati depredati dal loro paese. Proprio come i leader corrotti che hanno rovesciato e che quelli occidentali che li difendono in nome della democrazia.

I governi occidentali potrebbero benissimo trovare un terreno comune con questi soldati, che conoscono bene perché li hanno armati ed anche addestrati. Ma non accettano di essere giudicati, soprattutto nel contesto odierno internazionale di tensioni fra le grandi potenze. Due giorni fa, nel Gabon, paese ricco di petrolio, legno, manganese, oro; risorse controllate da grandi multinazionali e tutte esportate, senza lasciare niente al paese, un gruppo di militari che afferma di rappresentare tutte le forze di sicurezza e di difesa del paese ha preso il potere.

I BONGO AL POTERE DA 50 ANNI

Gli ufficiali hanno affermato che i risultati elettorali annunciati sabato scorso dalla Commissione Elettorale confermando la vittoria del Presidente Ali Bongo (figlio di Omar Bongo, i due Bongo messi assieme sono stati al potere in Gabon da quasi cinquant’anni, vale a dire dal giorno dell’indipendenza) devono considerarsi cancellati. I confini sono stati chiusi e le istituzioni statali sono state sciolte.

Nelle strade di Libreville si spara e tutto il paese è crollato in una situazione di crisi profonda e come nel caso del Niger mancano cibo e medicinali. Le scuole e gli ospedali sono paralizzati e le grandi multinazionali hanno interrotto le loro attività estrattive e chiuso i loro uffici. Il gruppo minerario francese Eramet, attivo nel Paese da vent’anni, ha annunciato la sospensione di tutte le sue operazioni.

IL CASO DEI SOLDATI FRANCESI IN GABON

Non si hanno, invece, notizie dei 500 soldati francesi di stazza nel Gabon e anche nel caso del Gabon non ne capisco le ragioni della loro presenza. Le rese dei conti nel Gabon e in Niger si inseriscono nella guerra più generale che si sta conducendo per il controllo dei mercati, delle fonti di materie prime e delle aree di influenza. Dopo l’era passata del colonialismo, oggi si continua a cercare di avere il controllo sull’Africa e sulle sue risorse, così come alcuni miliardari cercano di fare nello spazio. Il nostro sistema capitalista promuove spesso delle guerre barbariche e fratricide in molti paesi del mondo. Con l’aggravarsi della crisi economica e le guerre dentro e fra molti paesi, è stata di recente intrapresa un’escalation che potrebbe portare il mondo a delle catastrofi.

Da un anno e mezzo, nell’Europa orientale, un conflitto mortale contrappone i paesi occidentali e gli Stati Uniti alla Russia di Putin attraverso intermediari ucraini e le tensioni con la Cina si acuiscono ogni giorno di più. A seguito di questa situazione tutti i paesi occidentali stanno drasticamente aumentando le loro spese militari e gli stati maggiori sono in uno stato di allarme. In Europa, la gente non muore sotto le bombe.

I SOLDI DELLE ARMI SOTTRATTI AL SOCIALE

Ma sta già pagando le conseguenze di questi preparativi militari. Infatti. i miliardi che si spendono per produrre armi sempre più costose e sofisticate vengono sottratti alle spese sociali dei governi per l’ambiente, per gli ospedali, le scuole, le abitazioni, i trasporti, eccetera. E questi miliardi fanno la fortuna di molte imprese, soprattutto quelle produttrici di ordigni di morte. In una situazione economica incerta come quella che viviamo oggi, i grandi vincitori di una economia di guerra che garantisce profitti crescenti sono i fabbricanti d’armi. In merito, la narrativa dei governi e dei politici è che queste spese militari sono destinate alla difesa dei nostri paesi.

Mentre il futuro promette crisi sempre più gravi e guerre sempre più estese, la sorte dei popoli non può essere messa nelle mani delle classi dirigenti odierne, dei loro governi e dei loro stati maggiori. Dobbiamo fare in modo che i miliardi che oggi si destinano a fabbricare armi siano destinati a correggere i cambi climatici, allo sradicamento della povertà nel mondo e al miglioramento dell’offerta dei servizi educativi e sanitari di tutti i paesi. Le società nelle quali viviamo devono essere guidate nell’interesse di tutti e non di pochi, questa è certamente l’unica speranza per l’umanità di cercare di sfuggire alla catastrofe.

*Fondatore e Presidente
di Guizzetti & Associates


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