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Vladimir Putin e il patriarca Kirill

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La storia è sempre militarizzata, specialmente nel corso dei conflitti, per esaltare il patriottismo e i legami fra il popolo e l’esercito. Il 77° anniversario della vittoria nella Grande Guerra Patriottica lo sarà in modo particolare. L’evento è simbolo della stessa unità dei vari gruppi etnici esistenti nella Federazione Russa, che spesso trovano difficile rimanere sotto il dominio dei “grandi russi” e del vecchio Granducato di Mosca.

La scelta dell’Ucraina, madre spirituale dell’Ortodossia della Grande Russia, con la conversione al Cristianesimo del Principe Vladimiro I nel 988, è stata considerata un tradimento da parte sia del Cremlino sia del Patriarcato di Mosca e di tutte le Russie. Quest’ultimo ha assistito con orrore alla separazione della Chiesa Ortodossa Ucraina e al suo collegamento con l’odiato Patriarcato di Costantinopoli.

L’obiettivo di Putin di “de-nazificazione” dell’Ucraina è stato così condiviso completamente da Kirill, che ha benedetto l’aggressione del 24 febbraio, come mezzo per restaurare l’unità della Madre Russia e per riportarla sulla “retta via”. Ovvero, come più prosaicamente afferma la Dottrina di Sicurezza della Federazione, per ripristinare la “sovranità culturale” russa, senza la quale né la Russia né l’Ortodossia possono assolvere alla loro “missione” storica, quasi divina, nel mondo.

Nel caso dell’Ucraina, la de-occidentalizzazione, cioè la liberazione dalle devianze manifestatesi con la Rivoluzione Arancione del 2004 e con quella Maidan del 2014, rappresenta un evento, quasi fondante della rinascita russa come grande potenza. Avrebbe dovuto essere celebrato il 9 maggio, assieme alla vittoria sulla Germania nazista. Si capisce l’irritazione di Putin e dei suoi nei confronti dei malvagi ucraini, che non hanno capito che i russi volevano salvarli dal contagio del permissivismo occidentale, per restituirli ai loro veri valori tradizionali: quelli che avevano portato alla vittoria nella Grande Guerra Patriottica. È quindi comprensibile che le altre repubbliche ex-sovietiche, a partire da quelle dell’Asia Centrale, considerino con preoccupazione l’aggressione all’Ucraina.

Temono che il programma di Putin è di ricostruire, in qualche modo – o con la costituzione di “governi amici” o con il rafforzamento delle “zone d’influenza diretta” di Mosca – l’impero, quale è sempre stata la Russia, che non si rassegna ad essere un semplice Stato come gli altri.

Purtroppo per Putin, la festa è stata guastata dall’accanita resistenza ucraina. A Mariupol, l’acciaieria è ancora nelle mani dei suoi difensori. A Nord di Kharkiv, gli Ucraini stanno continuando, sembra con successo. La fanteria russa non dà prova di grande volontà di combattere. I mercenari, racimolati un po’ ovunque dal Cremlino, non vogliono rischiare la vita. Le nuove armi fornite dagli occidentali, si dimostrano efficaci. Le forze ucraine, sopravvivono nei bunker al massiccio fuoco dell’artiglieria e dei lanciarazzi, per poi uscire e infliggere grosse perdite alla fanteria russa. L’appoggio aereo non è molto efficace contro le forze ucraine. Mancano le bombe guidate di precisione. Quindi, l’aeronautica russa distrugge, soprattutto, città già distrutte e trasformate dagli ucraini in campi trincerati. Esiste il dubbio che un’altra nave russa sia stata colpita nel Mar Nero.

In queste condizioni sarà difficile per Putin cantare vittoria. Però, dovrà per forza farlo. Affermerà che l’“operazione militare speciale” prosegue secondo i piani e che la vittoria è all’orizzonte, malgrado il sostegno dato da tutto l’Occidente al governo ucraino. Sosterrà anche che i media occidentali diffondono fake news e che i soldati russi si comportano con onore e coraggio come i loro nonni nella Grande Guerra Patriottica e che vengono accolti come liberatori da gran parte della popolazione ucraina. La grandiosità della parata e l’efficace macchina della propaganda del Cremlino non potranno mascherare del tutto la realtà della situazione in Ucraina.

Non credo che Putin annuncerà qualcosa di particolarmente nuovo sotto il profilo politico e strategico. Come accade in tutte le celebrazioni storiche ignorerà le cose più imbarazzanti. E nella Grande Guerra Patriottica ve ne sono molte: dall’alleanza con la Germania nazista, alle deportazioni di intere etnie sospettate di collaborazionismo, come tatari e ceceni, all’attacco alla Finlandia, al milione di ucraini che combatterono con i tedeschi, ecc. Si manterrà sul generico e sul retorico, senza scendere nei particolari. Non vuole rovinare la festa, ma celebrare le glorie passate e future della Grande Russia, nonché i meriti che indubbiamente ha avuto il suo regime per superare il caos del decennio di Eltsin.


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