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Il presidente del Consiglio, Mario Draghi

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“L’INTERVENTO di Lavrov, per le modalità in cui è avvenuto e per la montagna di fake news che ha propinato, conferma le nostre preoccupazioni”.

Così ieri su Twitter Adolfo Urso, presidente del Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica, in merito alle dichiarazioni del ministro della Difesa russo, Sergej Lavrov, intervenuto il primo maggio nella trasmissione Zona Bianca su Rete4. Le “preoccupazioni” del presidente del Copasir riguardano il livello di infiltrazione della propaganda russa in Italia. La guerra in Ucraina sta facendo emergere sempre più il progetto di manipolazione dell’opinione pubblica italiana da parte di Vladimir Putin, realizzato con gli strumenti più diversi.

L’invasione della “infosfera” del nostro paese è stato un processo lento realizzato attraverso le partnership dirette con alcune forze politiche – in particolare modo, la Lega e il M5s – e la propagazione di fake news attraverso la colonizzazione, prima, dei social media e, poi, dello spazio televisivo. Una situazione che rende l’Italia il paese europeo più ‘poroso’ alla propaganda del Cremlino. Con una serie di ricadute gravi sulla stessa sicurezza nazionale, in un momento in cui l’aggressione all’Ucraina riapre per la prima volta dalla seconda guerra mondiale una minaccia di guerra nel cuore dell’Europa.

Ecco perché il Copasir ascolterà il 12 maggio prossimo l’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, e, successivamente, il presidente dell’Agcom Giacomo Lasorella. È evidente, infatti, che porre la questione a partire dai canali del servizio pubblico possa avere una influenza sugli atteggiamenti di tutti i media italiani. Al centro delle preoccupazioni del comitato parlamentare, sollecitate dall’ospitata di Lavrov a Mediaset, c’è il tema dei giornalisti ed altri esponenti russi invitati nelle trasmissioni televisive, che potrebbero essere considerati degli emissari del Cremlino. In maniera separata, sullo stesso argomento, si sta muovendo anche la Commissione di vigilanza Rai.

L’intervento di Lavrov è andato in onda sulle reti private Mediaset, che da un lato prende le distanze dalle parole del ministro russo, ma dall’altro rivendica la libertà di informare. “Le deliranti affermazioni del ministro degli esteri russo Lavrov a Zona Bianca rivestono particolare importanza perché confermano chiaramente la mancanza di volontà da parte di Putin di arrivare ad una soluzione diplomatica della guerra dei russi contro l’Ucraina. E comunque la si pensi, oggi sappiamo qualcosa in più della Russia e di chi la governa”, dichiara Mauro Crippa, direttore generale informazione Mediaset. Secondo Crippa, gli “assurdi parallelismi su Hitler e gli ebrei” del numero due della Federazione Russa sono dei “falsi storici” ma fanno dell’intervista “un documento che fotografa la storia contemporanea”.

Rispondendo su Rete4 al giornalista Giuseppe Brindisi che gli chiedeva di spiegare il senso della denazificazione di un paese, l’Ucraina, guidata da un leader di origini ebraiche come Volodymyr Zelensky, Lavrov aveva risposto: “Zelensky ebreo? Lo era anche Hitler, secondo me. I maggiori antisemiti sono proprio gli ebrei”. Parole che rivelano che la minaccia neonazista, oggi, non viene certo dal governo di Kiev, ma da quello di Mosca.

Parole che scatenano la reazione di Israele e della comunità ebraica globale. Il premier israeliano, Naftali Bennett, ha affermato in una nota che le parole di Lavrov, sul “sangue ebreo” di Hitler sono “gravi” e “l’utilizzo dell’Olocausto del popolo ebraico come strumento politico deve cessare immediatamente”. “Menzogne del genere hanno l’obiettivo di accusare gli ebrei stessi dei crimini terribili compiuti nei loro confronti nella Storia e quindi di rimuovere la responsabilità dai loro persecutori”, ha aggiunto Bennett.

Le reazioni della politica italiana sono unanimi nella condanna delle dichiarazioni del ministro della difesa russo. Ma resta aperto il problema della compatibilità tra la libertà d’informazione e le questioni di sicurezza nazionale. Il monito arriva ieri da Bruxelles che ricorda tra l’altro che ospitare giornalisti russi di media bloccati dalle sanzioni – come Sputnik e Russia Today – non deve eludere le sanzioni Ue adottate fin dal 2 marzo scorso contro la propaganda russa sull’Ucraina. Non si tratta di censurare le opinioni ma “è importante che sia contestualizzato” il loro background. Inoltre, “le emittenti di Ue e Stati membri non devono permettere l’incitamento alla violenza o all’odio nei programmi, come previsto dalla direttiva” sulle attività dei media europei, spiegano i funzionari della Commissione europea interpellati proprio sul fatto che nei media italiani siano invitati ai talk show giornalisti russi e che almeno due di loro siano sulla lista dei sanzionati.

Per Bruxelles, naturalmente, “la libertà di espressione è di fondamentale importanza, ma qui non si tratta di censurare le opinioni. I giornalisti che hanno lavorato per tali media “non sono interessati dalle sanzioni, ma c’è una clausola di non elusione e questa clausola di non elusione si applica anche ai giornalisti. Quindi la libertà di espressione non può essere invocata da altri media per aggirare le sanzioni”. L’Italia è già da tempo un paese sotto osservazione per la permeabilità dei media nazionali rispetto alla strategia di diffusione di fake news da parte della Russia.

Dopo più di due mesi di conflitto in Ucraina – e dopo l’intervista di Lavrov che ha fatto il giro del mondo – il tema diventa sempre più urgente. Il dossier è sul tavolo del presidente del Consiglio Mario Draghi chiamato a rafforzare la credibilità del paese anche sul fronte dell’informazione.


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