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Anche il Bundestag tedesco approva in modo schiacciante una petizione sul sostegno all’Ucraina che prevede la consegna di armi, comprese quelle pesanti, per aiutare Kiev a respingere l’aggressore russo. “Il mezzo più importante ed efficace per fermare l’invasione russa è intensificare e accelerare la consegna di armi efficaci e sistemi complessi, comprese le armi pesanti”, recita con nettezza la petizione approvata ieri con 586 voti favorevoli, 100 contrari e sette astensioni grazie al sostegno dei tre partiti della coalizione di governo e dai conservatori dell’opposizione. E subito la mente va allo sconcertante dibattito italiano nel quale il M5s e la Lega – non a caso i pilastri del governo gialloverde, il più antieuropeista e antiatlantista della storia della repubblica – hanno scelto di assumere una posizione obliqua sul punto, nascosti dietro l’alternativa tra armi difensive e armi offensive.
In particolare, la posizione di Giuseppe Conte è un capolavoro di ambiguità. Ok all’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite che prevede la legittima difesa da parte di uno stato aggredito come nel caso dell’Ucraina. Ma ‘no’ alla fornitura di armi ‘offensive’ che potrebbero scatenare una escalation militare. La conclusione? L’invio di armi in Ucraina costituisce, di fatto, “una minaccia per la sicurezza dell’Europa”.
Quest’ultima frase, a dir la verità, l’ha rilasciata il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov all’agenzia russa Tass. E davvero non sembra un caso se la posizione del capo politico del M5s coincida con quella del governo di Mosca. Per il quale ultimo, evidentemente, l’invasione dell’Ucraina non è sufficiente per costituire la minaccia per la sicurezza dell’Europa da cui tutto è cominciato. Ora, sarà pur vero che la tecnologia militare è sempre più raffinata, ma di fronte alla tragedia che si è abbattuta sul popolo ucraino la distinzione da legulei tra armi difensive e offensive non brilla per serietà.
“Questo dibattito è lunare”, commenta il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè. Difficile dargli torto. In primo luogo, l’invio delle armi all’Ucraina poggia su una risoluzione votata sostanzialmente all’unanimità dal Parlamento che autorizza l’invio fino alla fine del 2022. In più, “un nuovo passaggio parlamentare sulla concessione di armi per la legittima difesa dell’Ucraina non è previsto. La scelta fatta è quella di un intervento del Parlamento a monte del processo, per legittimarlo con chiarezza dall’inizio, e non in seguito a rincorsa degli eventi”, chiarisce il deputato Pd Stefano Ceccanti.
Infine, benché Conte faccia finta di non sapere, la risoluzione si fonda già oggi sulla clausola, prevista dall’articolo 51 della Carta dell’Onu, che scatta quando il popolo aggredito decide di difendersi. Il calcolo di Conte – come specularmente quello di Salvini – è chiaro. Si tratta di lucrare un po’ di consenso qua e là. Per esempio, in quella ampia fascia di popolazione italiana che non vuole barattare il benessere fin qui conquistato dal nostro paese con le responsabilità internazionali che ne derivano.
Poi, nell’area del mondo antagonista antiatlantista in cerca di un controcanto alla posizione esplicitamente pro-Nato del governo Draghi e del segretario del Pd Enrico Letta. Ancora, tra i sinceri militanti per la pace ispirati dalle parole del Papa in marcia sulla Perugia-Assisi. Infine, nel pubblico televisivo imbonito ogni sera da una caterva di trasmissioni televisive sempre più invase dagli alfieri italici della propaganda di Vladimir Putin, caso unico in Europa. Anche nel M5s però questo atteggiamento suscita molte perplessità.
È quanto emerge plasticamente dalle parole del principale antagonista interno di Conte, quel Luigi Di Maio che, rispondendo ieri a una domanda all’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, ricorda: “Oggi quello che dobbiamo avere a cuore è lavorare per una soluzione diplomatica e politica e aspettare dei segnali di volontà di pace da parte di Putin, perché non c’è alcuna certezza che fermando il supporto all’esercito ucraino Putin si fermi”.
Il peggio di questa tragedia non l’abbiamo ancora visto: “solo alla fine di questa guerra vedremo realmente cosa l’esercito russo ha fatto alla popolazione ucraina”, aggiunge il ministro degli esteri. Di fronte a tutto ciò, la goffa melina di Conte richiama alla memoria i più mediocri personaggi della commedia all’italiana. Nulla a che vedere con la grandezza tragica della Zeitenwende tedesca. Ovvero quel ‘punto di svolta’ storico che ben descrive la messa in discussione di princìpi consolidati fin dalla fine della seconda guerra mondiale, quando la Germania viene spaccata in due e rinuncia ad avere un esercito. Sia per espiare le colpe della tragedia nazista che, soprattutto, per evitarne la ripetizione. Vengono poi gli anni Novanta: dopo il crollo del muro di Berlino, la Germania investe sull’egemonia economica in Europa e sulla collaborazione mercantile con la Russia di Putin.
Oggi tutto questo, dopo quasi due mesi di torture dell’esercito russo sull’Ucraina, sembra definitivamente tramontato con la potenza drammatica che solo le grandi svolte della storia sanno esprimere. Sedici lunghi anni di esecutivi merkeliani sono volati in un soffio: la Germania precipita in un nuovo mondo con tutte le responsabilità e le decisioni che ne conseguono. All’inizio è stata grande la riluttanza ad inviare armi di difesa all’Ucraina.
La storica vicinanza alla Russia di larga parte della classe dirigente e politica tedesca ha fatto il resto. Non a caso, Volodymyr Zelensky si è rifiutato di incontrare il presidente tedesco Frank Walter Steinmeier: per il suo passato filorusso, certo, ma anche per dare un messaggio di sveglia a tutto il paese. Con grandi ritardi e lacerazioni, il governo tedesco si sposta oggi sempre più verso la posizione degli alleati. Prima con l’annuncio dell’investimento in difesa di ben 100 miliardi di euro e l’ok al 2 per cento del Pil per la sicurezza atlantica. Poi con l’impegno approvato dal parlamento per aumentare le dotazioni militari per il governo di Kiev.
Di fronte al dramma del dibattito tedesco, chiamato a spostare il paese da una posizione di pacifico vantaggio ai doveri dell’impegno militare a favore dell’Ucraina, il dibattito italiano appare ben misera cosa. Basti pensare alla richiesta grillina, rivolta al governo, di relazionare in parlamento sulle armi da inviare a Kiev. Ma per conoscere l’elenco delle armi inviate basta leggere il provvedimento già approvato e pubblicato in Gazzetta ufficiale con tanto di firma del ministro Di Maio. In verità, quelli che, in Italia, si nascondono dietro quisquilie e bagattelle come la classificazione delle armi, dimenticano che – Emma Bonino dixit – “chi sta resistendo in Ucraina lo fa anche per noi e per i nostri valori”. E che, se siamo un paese serio, “gli ucraini vanno aiutati e supportati, a partire da quello che chiedono: armi, non filosofia”.
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