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Palazzi bombardati in Ucraina

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«SE LA Russia sarà minacciata, risponderà in modo fulmineo con mezzi che i suoi avversari non hanno ancora. Se necessario li useremo. E voglio che tutti lo sappiano».

Suonano cupe le parole di Vladimir Putin, quasi una risposta alle affermazioni del viceministro britannico della Difesa James Heappey che alla Bbc aveva definito «legittimo» l’uso delle armi fornite da Londra a Kiev per colpire obiettivi in Russia. Azione che Mosca, come ha fatto capire la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zacharova, percepirebbe come un’aggressione diretta, con conseguente possibile contrattacco nei Paesi – compresi quelli Nato – da cui i rifornimenti militari arrivano. Sono proprio le potenze occidentali, secondo Putin, ad aver trascinato l’Ucraina ad un confronto diretto con la Russia, trasformandolo – negli anni – in una «Paese antagonista». Le stesse «forze esterne» che – ha accusato – «sono pieni di problemi sui diritti umani». Non sono mancati gli aggiornamenti dai campi di battaglia ucraini, dove «aumentano i neonazisti e i mercenari stranieri responsabili di crimini mostruosi e di violazioni del diritto umanitario internazionale».

Putin – parlando a San Pietroburgo durante il Consiglio dei legislatori – ha ribadito che «gli obiettivi dell’operazione militare speciale saranno raggiunti». E che «l’economia russa ha resistito, non si è sbriciolata sotto il colpo delle sanzioni, che in Occidente erano considerate schiaccianti». Tentativi «maldestri» per il leader del Cremlino che ha richiamato la necessità di «garantire la stabilità dell’economia, ma anche di rafforzare la sovranità industriale della Federazione russa, e la sua leadership globale in una serie di settori».

Pare non aver funzionato, insomma, l’opera di mediazione di Antonio Guterres che martedì ha esortato Mosca – nel doppio incontro con Putin e Serghei Lavrov – a concedere una tregua per favorire l’uscita dei profughi dalle città ucraine assediate e per consentire lo svolgimento dei negoziati in un clima meno infuocato. Ieri il segretario dell’Onu è arrivato a Kiev dove si prepara a vedere Volodymyr Zelensky.

Le Nazioni Unite seguono la crisi con preoccupazione e attenzione: riconoscono la violazione del diritto internazionale commessa da Mosca dall’invasione ma sui presunti crimini di guerra non hanno preso posizione, auspicando lo svolgimento di un’indagine indipendente. Arrivando a Kiev, Guterres ha riaffermato il senso della sua missione. «Sono arrivato in Ucraina dopo avere fatto visita a Mosca – ha twittato – Continueremo il nostro lavoro per estendere il sostegno umanitario e garantire l’evacuazione di civili da zone di conflitto. Prima questa guerra finisce, meglio è per il bene dell’Ucraina, della Russia e del mondo». In precedenza, il leader del Palazzo di Vetro aveva fatto il punto della situazione con Recep Tayyip Erdogan, durante un summit ad Ankara.

La Turchia, del resto, sin dall’inizio del conflitto si sta ritagliando un ruolo di primo piano nei negoziati, ospitando ben due round di colloqui e tentando di accelerare su un faccia a faccia – in terra anatolica – tra Putin e Zelensky. Il governo turco, sul punto, resta ottimista. «Nonostante alcune difficoltà, siamo ancora fiduciosi. Forse sarà possibile riunire i due leader nei prossimi giorni su proposta del nostro presidente (Erdogan ndr)» ha spiegato il locale ministro della Difesa, Hulusi Akar, citato dal sito di Hurriyet. «Noi, come Turchia – ha proseguito – continuiamo a fornire tutti i possibili contributi, compresa la mediazione per una tregua immediata, per evitare un ulteriore peggioramento della condizione umanitaria».

Prosegue, intanto, il giro di telefonate di Zelensky con i partner occidentali. Ieri è stata la volta di Mario Draghi. Il premier – ha riferito Palazzo Chigi – è stato aggiornato sull’andamento della guerra e ha confermato il sostegno italiano a Kiev e la disponibilità di Roma a contribuire alla ricerca di una soluzione duratura della crisi. Si è parlato anche del prossimo viaggio di Draghi nella capitale ucraina. La speranza è che per allora si possa essere arrivati almeno a un cessate il fuoco. Ma le notizie dal campo, sotto questo aspetto, non sono rassicuranti. Secondo il capo dell’amministrazione militare regionale di Donetsk, Pavlo Kyrylenko (ripreso da Ukrainska Pravda) fra martedì e ieri i russi avrebbero utilizzato munizioni al fosforo nei raid condotti sulla città di Avdiivka, a seguito dei quali «sono scoppiati diversi incendi».   Nel Lugansk, invece, la autorità territoriali hanno denunciato il bombardamento – da parte delle truppe di Mosca – contro l’ospedale di Severdonetsk, nel quale si trovavano diversi pazienti ricoverati, danneggiando diversi piani dell’edificio. I russi, ha detto il governatore di Lugansk – Serhiy Haidai –  «Sapevano che l’ospedale non era vuoto, c’erano pazienti e medici». Si sarebbe quindi trattato di un «atto deliberato» contro uno dei due nosocomi ancora funzionanti in loco.


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