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Vladimir Putin nell'anniversario dell'annessione della Crimea

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Lucio Caracciolo nella rivista Limes del mese di aprile ha parlato di «Fine della pace» e questa grave e inaspettata novità sicuramente rappresenta la soluzione di continuità tra un passato forse non capito e non apprezzato e un futuro in cui stiamo capendo e capiremo sempre più quanto siano stati apprezzabili oltre settanta anni di pace nell’intero sistema europeo.

La maggior parte delle persone dice: «Quando finirà la guerra in Ucraina e tornerà la pace dimenticheremo questa triste esperienza e torneremo a vivere senza neppure apprezzare la pace». Chi è convinto di questo sbaglia per una serie di motivi.

I 10 MOTIVI CHE SEGNERANNO LA NOSTRA VITA

1) Il rapporto con la Russia a cui siamo legati da diversi fattori (import-export, energia, turismo, attività scolastiche e culturali) tornerà accettabile forse fra venti anni e questa crisi relazionale graverà in modo sostanziale sulla nostra economia.

2) Il rapporto con alcune istituzioni come la Nato o l’Onu sarà completamente diverso: con la Nato cercheremo di capire e verificare quale sarà il nostro nuovo ruolo al suo interno e con l’Onu, dopo il fallimento della sua funzione nella guerra in Ucraina, sicuramente riverificheremo i trasferimenti di risorse annuali a tale organismo.

3) Eviteremo finalmente folli esperienze di blocco di progetti mirati alla trivellazione di vaste aree per approvvigionamento di gas e realizzeremo impianti di degassificazione e supporteremo la realizzazione di nuove pipeline per rendere sempre più diversificate le forme di approvvigionamento energetico. Sicuramente non cadremo nel vergognoso comportamento del Movimento 5 Stelle per la realizzazione della Tap (Trans Adriatic Pipeline).

4) Il transito terrestre della Via della Seta diventerà sempre più difficoltoso e subirà vincoli talmente rilevanti da non diventare più conveniente.

5) La Serbia e il Montenegro hanno presentato domanda di adesione all’Unione europea rispettivamente il 29 aprile 2008 e il 15 dicembre 2008. L’Unione europea accetterà subito il loro inserimento e sicuramente il collegamento Belgrado-Bar, un collegamento che faceva molto comodo alla Russia per il suo accesso al Mediterraneo, sarà utilizzato solo dai Paesi dell’Unione europea.

6) I lavori del canale parallelo al Bosforo saranno bloccati. Il Canale Istanbul è il progetto di un canale navigabile fortemente promosso dal presidente turco Erdogan che, qualora realizzato, metterebbe in collegamento il Mar Nero con il Mar di Marmara a ovest di Istanbul, con l’obiettivo di decongestionare il Bosforo. Tale canale, in realtà, offrirebbe al Mar Nero e alla Russia un rapporto diretto con il Mediterraneo.

7) I costi della ricostruzione dell’Ucraina peseranno in modo sostanziale sull’economia dell’intera Unione europea e sicuramente saremo costretti a rivisitare sia le disponibilità previste dal Next Generation Eu e quindi anche la dote attuale del Pnrr, sia quelle contenute nei Fondi strutturali. A tale proposito il Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027 potrebbe subire un forte contenimento.

8) La perdita, almeno per un ventennio, dell’offerta di trasporto terreste, come evidenziato al punto 4, metterà in crisi anche l’approvvigionamento di un numero rilevante di prodotti e, soprattutto, farà crescere i tempi di collegamento e i costi dei prodotti provenienti dalla Russia e dalla Cina. Non possiamo infatti sottovalutare il ruolo svolto da tre corridoi. Corridoio paneuropeo di trasporto internazionale n° 1: dalla Polonia alle reti ferroviarie di Lituania, Lettonia ed Estonia, verso il confine russo. Tratte: Danzica-Mamonovo-Kalininrad-Sovetsk-Riga-Tallinn. Corridoio paneuropeo di trasporto internazionale n° 2: dalla Germania verso Polonia, Bielorussia e Russia. Tratte: Berlino-Varsavia-Minsk-Mosca-Nizhny Novgorod Corridoio paneuropeo di trasporto internazionale n° 9: dalla Finlandia alla Russia. Tratte: Helsinki-Buslovskaya-San Pietroburgo- Mosca- Suzemka.

9) Il pieno convincimento che lo spirito espansionistico della Russia potrebbe esplodere anche verso Paesi più vicini, mi riferisco alla Georgia, all’Azerbaijan, comporterà un aumento sostanziale del budget italiano ed europeo per quanto riguarda la dotazione di armi.

10) La libera circolazione definita con il trattato di Schengen e rimessa in discussione già a causa della pandemia verrà ulteriormente penalizzata dalla preoccupazione di flussi di persone e di merci provenienti dalla Russia. È come se una parte rilevante del pianeta fosse eliminata, come se una tessera del mosaico mondiale scomparisse del tutto e, automaticamente, scomparisse un mercato di interessi, un mercato di occasioni che viene spento.

IL COLORE DELL’ALBA DIPENDERÀ DA NOI

Si torna in fondo indietro con il tempo, si torna agli anni in cui era possibile, per turismo o per motivi di lavoro, andare in Russia solo a Mosca o a San Pietroburgo: e per molte generazioni del passato, tra cui la mia, città come Baku, Tbilisi, Samarcanda, erano realtà urbane del tutto sconosciute perché era vietato accedervi.

Nell’editoriale di Luca Caracciolo pubblicato nel numero 3 della rivista Limes, dal titolo “La fine della pace” prima richiamata, c’è un passaggio interessante che ritengo utile riportare: «Nel mondo che cambia cambieremo anche noi. Da stabilire se solo da fuori, per crisi, guerre e spinte altrui, o anche da dentro, per iniziativa nostra. Con la vecchia pace finisce l’inerzia dello status quo.

Ma come quando svegliati di soprassalto ci voltiamo dall’altra parte per gustarci sonno e sogni residui, così se il metronomo della storia impazzisce primo riflesso nostrano è protestare in nome dell’umanità e accucciarci in attesa di ordini che non verranno. Ha da passare la nottata. Passerà anche questa, sicuro, ma il colore dell’alba dipenderà molto da noi».


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