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Tutte le guerre sono brutali. Quella in Ucraina lo è particolarmente. Questo è certo. Concorrono alla percezione della sua brutalità da parte dell’opinione pubblica la quantità e qualità dei mezzi d’informazione. Non sono solo a copertura globale, ma forniscono immagini dirette e in tempo reale, non mediate come una volta dai corrispondenti di guerra, delle distruzioni, brutalità e violenze anche nei confronti della popolazione. Beninteso, i media tendono spesso a drammatizzarle, selezionando e mettendole in sequenza, per valorizzare la loro azione e per aumentare l’interesse di telespettatori e lettori, quindi l’audience. Le opinioni pubbliche si polarizzano, come nelle partite di calcio. La “guerra delle informazioni” ha maggiore importanza del passato per il consenso politico. Nel caso dell’Ucraina, si assiste ovunque alla contrapposizione di due visioni differenti.

Molti parteggiano per l’Ucraina, Altri, non potendo, per decenza, sostenere apertamente Putin, cercano, di solito pensosamente, di mantenersi equidistanti, sforzandosi di fare dei “distinguo” sulle vere cause del conflitto, su chi ci guadagni, su chi voglia far fallire, per motivi più o meno oscuri, ma inconfessabili o inconfessati, i negoziati di pace. Si nascondono dietro il Papa, i bambini morti, la paura del nucleare, le responsabilità e cattiverie dell’Occidente, e così via. Sono pieni di livore verso chi no applaude alle loro magiche soluzioni, in particolare verso Zelensky che non li ascolta e che continua a combattere e a non cedere parti del territorio ucraino. Le loro critiche a Putin sono molto più sfumate.

Non mancano, poi, coloro che vorrebbero che l’UE svolgesse un ruolo di mediazione indipendente dagli USA. Essi danno per scontato quanto scontato non è. Che cioè esista nell’UE un’unità politica e che essa possa essere considerata da Putin un interlocutore credibile. Invece, il “padrone del Cremlino” la disprezza. Lo dimostra il fatto che mai si è rivolto all’UE. Lo ha fatto con i singoli Stati, sebbene l’Unione sia stata tutt’altro che irrilevante per le sanzioni alla Russia e per le promesse all’Ucraina di accoglierla fra i suoi membri. Ha comunque i soldi. Putin bada soprattutto alle armi nucleari. Sorride certamente quando i fautori dell’autonomia strategica dell’UE, si guardano bene dal parlare di dotare l’Unione di un deterrente nucleare, senza il quale non può esserci autonomia, eccetto per interventi come nel Sahel.

Gli USA sono stati accusati di voler proseguire la guerra per logorare Putin, e con la Russia anche la Cina, e potere così concentrare le loro forze nell’Indo-Pacifico. In particolare, a Biden è stato rimproverato di non esercitare pressioni su Zelensky per convincerlo ad ammorbidire ulteriormente le sue posizioni nei riguardi delle pretese territoriali di Mosca (cessione dell’intero Donbas e della Crimea) e di far continuare la guerra “per procura” in Ucraina nella speranza di ottenere qualche vantaggio nelle elezioni di mid-term. Al Senato l’hanno accusato di aver fatto scoppiare la guerra per l’eccessiva cautela ed arrendevolezza dimostrata nei confronti di Mosca. Questo spiega i suoi toni “fuori dalle righe” usati a Varsavia. L’UE è stata accusata di aver preso parte, rinunciando al ruolo di mediatrice, e di essere troppo asservita a Washington sia nella cessione di armi all’Ucraina, sia soprattutto nelle sanzioni. Il loro costo ricade sugli europei, mentre gli USA addirittura ci guadagnerebbero, sia con la vendita del loro shale gas (il cui export all’Europa passerebbe in tre anni da 20 a 50 mld di mc), sia di armamenti con tecnologie non disponibili in Europa, sia infine con l’unione dei loro alleati europei con quelli asiatici nel contrasto alla Cina.

Per gli “equidistanti”, Putin avrebbe deciso l’“operazione militare speciale” contro l’Ucraina per gli allargamenti ad Est della NATO, per la provocazione delle “enormi” esercitazioni anche sul suolo ucraino e per una lunga serie di “cattiverie”, quali il bombardamento della Serbia e – questa mi è nuova! – per il contrasto al Venezuela senza tener conto degli interessi russi. Insomma, l’aggressione all’Ucraina sarebbe stata resa necessaria per preservare la sicurezza russa, mortalmente minacciata se missili NATO fossero schierati a 600 km da Mosca. A parer mio, lo stesso Putin non è convinto da tale minaccia che resta ipotetica, dato che l’Ucraina non entrerà nella NATO. In ogni caso, la minaccia già esiste con il centinaio di cruise nucleari a bordo di navi USA nel Baltico, nel Mar Bianco e, in caso di necessità, anche nel Mar Nero. Fra Russia e USA continuerà a valere ancora per decenni la dissuasione reciproca basata sulla MAD. Lo confermano i primi risultati dei negoziati di Ginevra sull’aggiornamento del New START. Le nuove tecnologie – dai proiettili iperveloci, ai sistemi antimissile, alle armi cibernetiche e spaziali – non modificheranno la sostanza di tale equilibrio strategico. Nessuno sarà mai sicuro del completo successo di un first strike.

Per quanto riguarda la pace in Ucraina, gli USA perseguono la pace come l’Europa. Ma pace non significa “pace di Putin”, come vorrebbero i fautori dell’equidistanza. Sarà pace se l’Ucraina sarà sicura di non essere nuovamente aggredita. Deve, quindi, respingere l’offensiva negli Oblast di Donetsk e di Cherson. Tutte le proposte sui territori che dovrebbe cedere alla Russia sono ridicole (è un eufemismo!). Fanno i conti senza l’oste, cioè senza gli ucraini, che sono stati aggrediti e che vogliono difendersi.

Anche l’uso di armi nucleari tattiche non li farà arrendersi. L’uso di quelle di maggiore potenza (di qualche centinaia di KT) è da escludersi per il fallout radioattivo sulla Russia. Per quelle di minore potenza e maggiore specializzazione (cioè con minimizzazione degli effetti radioattivi permanenti e massimizzazione dei raggi gamma e dei fasci neutronici, che risultano disponibili alla Russia), dovrebbe comportare l’impiego da qualche decina a un centinaio di bombe. Solo l’uso dimostrativo di una mini-bomba nucleare a scoppio alto, con finalità d’incutere terrore, mi sembra ipotizzabile. Gli ucraini non si lasceranno impressionare e continueranno a combattere. La rottura del taboo nucleare avrebbe un effetto boomerang sulla Russia. Anche la Cina l’abbandonerebbe. Ritengo che Putin lo sappia. Perciò il ricorso al nucleare mi sembra improbabile. La guerra continuerà ad essere convenzionale. Il problema di Putin non è l’Ucraina nella NATO. Militarmente sa di essere in una botte di ferro. Nessuno lo attaccherà. Ha sorriso certamente quando la CIA nel 2016 (basandosi certamente su agenti piazzati all’interno dello Stato Maggiore russo) ha avvertito gli USA che un attacco massiccio all’Ucraina era in corso di pianificazione e sarebbe avvenuto entro cinque anni. Allora, controvoglia e dopo molte esitazioni, Trump si decise a inviare in Ucraina i 47 milioni di $ di Javelin controcarro, pretendendo però che fossero stoccati a Leopoli sotto controllo USA e non impiegati nei combattimenti contro i secessionisti del Donbas, appoggiati da Mosca, che Trump voleva sua alleata contro Pechino (come propose poi Macron nel 2019).

Anche Biden non credeva nella capacità di resistenza ucraina. A fine febbraio propose a Zelensky di abbandonare Kiev e di farlo scortare da rangers USA, spostando il governo a Leopoli o all’estero, da dove dirigere la guerriglia. L’inaspettata resistenza ucraina l’ha poi convinto del contrario. Ha intensificato l’invio di armi e le sanzioni ed è giunto ad ipotizzare un cambiamento di regime a Mosca e recuperare le forze americane e anche europee per il contrasto alla Cina. Se nel Donbas e nell’Oblast di Cherson i russi saranno respinti, si determineranno le condizioni se non di pace duratura, almeno di cessate il fuoco e di “congelamento” del conflitto, ammesso ma non concesso che gli ucraini non vogliano la vendetta. Poche sono le possibilità di condizionarli anche da parte USA.

Se invece i russi prevarranno distruggendo le migliori unità ucraine, dilagheranno in tutto il paese. Inizierà allora una terza fase del conflitto: quella di una lunga e sanguinosa guerra di guerriglia, con i russi che procederanno in quella che chiamano “de-nazificazione” e “rieducazione” del popolo ucraino. I bombardamenti delle città, per far scappare la borghesia, le torture e le uccisioni di civili sono funzionali a tale “rieducazione”. Si tratta di una strategia deliberata, non di atti individuali di violenza. Terrorizzando la popolazione, Putin cerca di renderla più docile, incapace di rivolte, Non si tratta di violenze estemporanee, ma di una strategia pianificata. I più ingenui commentatori nostrani, spesso travestiti da “colombe della pace” non sembrano ancora rendersene conto.


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