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Biden e Xi Jinping

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Il vertice (virtuale) di ieri tra UE e Cina è stato senza ombra di dubbio il più difficile degli ultimi decenni. È opportuno ricordare che a fine dicembre 2020 era stato approvato – sotto la regia di Frau Merkel – un accordo sugli investimenti che sembrava sancire un parziale disallineamento tra gli obiettivi/interessi dei Paesi europei e gli USA con riferimento alla Cina. Nei commenti di allora veniva evidenziato quanto l’ammontare dell’interscambio commerciale tra UE e il Dragone – circa 800 miliardi di dollari – spingesse necessariamente i paesi europei a guardare ad est. Il clima era allora di una sempre maggiore sintonia a dispetto delle distanze culturali, valoriali e politiche.

Oggi, a meno di due anni di distanza, il contesto è radicalmente diverso: sembrano trascorsi decenni. Per tutto il mese di marzo abbiamo registrato un totale allineamento tra le due sponde dell’Atlantico con riferimento alle sanzioni imposte alla Federazione Russa; i leader europei hanno altresì unanimemente chiesto a Pechino di esercitare tutta la sua capacità di influenza nei confronti di Putin per indurlo a interrompere le ostilità.

La Cina, dal canto suo, ha mantenuto un atteggiamento ambiguo; divisa tra l’amicizia senza confini con la Russia – dichiarata (intempestivamente) al mondo il 4 febbraio 2022 in occasione dell’apertura dei giochi olimpici – e gli enormi interessi economici con l’Occidente e, in particolare, con il Vecchio Continente. In un arco di tempo molto breve siamo quindi ritornati a posizioni da guerra fredda: blocchi contrapposti in cui Patto Atlantico e potenze eurasiatiche si confrontano.

È solo cambiato il protagonista principale: è infatti vero che la guerra la sta portando avanti Putin ma il vero scontro che si sta giocando è tra USA e Cina, dove l’Ucraina rappresenta l’occasione (drammatica) della contesa e Putin l’attore protagonista, che ha determinato la tempistica con cui sta andando in scena un confronto che comunque avrebbe preso la piega della contrapposizione: la mossa dello zar di San Pietroburgo l’ha solo anticipata.
In questo quadro, il vertice di ieri ha ed avrà, a mio avviso, una notevole importanza nell’orientare la storia futura. Per quali motivi?

È la prima occasione di confronto politico – serio e duro – tra vecchio Continente e il Dragone: i dialoghi precedenti erano stati tutti di natura economica e orientati quasi esclusivamente alla discussione di accordi commerciali. Per l’Europa è stata quindi l’occasione per affermare un ruolo terzo – da ago della bilancia – tra i due contendenti; possiamo in altre parole affermare che la storia sta offrendo all’UE la possibilità di ritornare centrale nello scacchiere internazionale: in particolare, per non essere il vaso di coccio tra i due vasi di ferro (di manzoniana memoria).

Una UE, “unita” negli intenti, potrebbe diventare il terzo polo di questa nuova fase della globalizzazione; se come sembra, i Presidenti Michel (Consiglio UE) e Von der Lyen (Commissione UE) avranno trasferito alla controparte cinese una richiesta chiara e determinata perché quest’ultima giochi un vero ruolo di mediazione per la pace potremo forse raggiungere un duplice obiettivo (a dispetto delle dichiarazioni ufficiali di ieri sera).

Da un lato, orientare l’incerta Cina verso una moral suasion convinta nei confronti di Putin al fine di raggiungere quegli obiettivi di stabilità politica a livello internazionale e sostegno economico alla sua crescita interna, che appaiono particolarmente rilevanti per il Partito Comunista cinese (nonostante le apparenti bellicose dichiarazioni di ieri); dall’altro, l’avvio di un percorso virtuoso verso l’evoluzione dell’UE in un soggetto politico, con un suo esercito, una politica unitaria della sicurezza e dell’energia e, quindi, in grado di rappresentare un interlocutore credibile e rilevante nei confronti delle due super potenze del Pacifico.

Se invece, al di là delle affermazioni di facciata, la Cina – anche grazie ai suoi continui dialoghi bilaterali con i singoli Stati Membri dell’UE – avesse avuto modo di percepire una possibile spaccatura all’interno del Consiglio UE, la piattaforma di dialogo di ieri potrebbe orientare la storia in senso opposto. In particolare, assisteremmo probabilmente a un pericoloso prolungamento della guerra in Ucraina e all’avvio di un processo irreversibile di spaccature dell’UE: la pressione esercitata congiuntamente da Federazione Russa – attraverso la minaccia della sospensione della fornitura di energia – e dalla Cina – grazie a manovre mirata di soft power economico rivolte ai Paesi più deboli del Vecchio Continente – sarebbero a quel punto insostenibili e renderebbero inevitabilmente l’Oceano Pacifico il baricentro geopolitico (oltre che economico) dei prossimi decenni.

Ogni giorno che passa ci rendiamo sempre più conto di quanto la guerra in Ucraina, voluta da Putin, rappresenti un vero game changer della storia moderna. Il Presidente Xi Jinping ci ha tenuto ieri a rimarcare (orgogliosamente) le differenze di valori e sistemi politici; a significare che la strada è ormai segnata verso un mondo diviso in blocchi contrapposti.

L’UE deve essere sempre più consapevole del ruolo importante che può giocare se decide e agisce come soggetto politico unitario: è in particolare nel suo complesso un blocco economico, e non solo, di grandissima rilevanza per entrambi i contendenti. In ragione di questo obiettivo dobbiamo, da un lato, auspicare consapevolezza e lungimiranza politica da parte dei leader europei e, dall’altro, immaginare una autonomia di pensiero strategico dagli USA, ovviamente in un quadro di rispetto del Patto Atlantico.


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