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Si può discutere su quasi tutto, ma quanto all’effetto Draghi sull’Italia del 2021 è difficile avere opinioni che non siano unanimi.
In meno di quattro mesi il Paese ha accelerato la campagna vaccinale, è riuscito a presentare nei tempi previsti il Pnrr che permetterà l’arrivo dei primi finanziamenti europei e ha acquisito a Bruxelles un credito che l’epoca giallo-verde e quella giallo-rossa avevano contribuito ad appannare non poco.
L’INDAGINE
Tutto ciò può apparire quasi scontato, ma sarebbe un grave errore per il governo Draghi, e nello specifico per il futuro esercizio della leadership del presidente del Consiglio, perdere di vista l’umore del “Paese profondo”.
La recente indagine Eurobarometro può fornire qualche indicazione proprio per capire che la strada da percorrere è ancora molta, partendo dal presupposto che la crisi pandemica ha impattato su un Paese non ancora in grado di assorbire gli effetti della crisi economico-finanziaria del dopo 2008 e di quella dei migranti post primavere arabe.
Nessuno vuole attribuire un valore eccessivo ai sondaggi condotti con regolarità per monitorare le tendenze delle opinioni pubbliche dei Paesi membri della Ue. Vi sono però non pochi spunti che dovrebbero far mantenere alta l’attenzione.
La prima fotografia offerta dall’indagine Eurobarometro parla di un’Italia attraversata da incertezza, impotenza e rabbia. Rispettivamente il 55%, 46%, 32% degli intervistati italiani ha scelto queste parole per descrivere il proprio sentimento.
Si tratta di sensazioni comuni a molti altri europei, ma quasi mai in queste proporzioni. Per fare qualche esempio, solo i greci si percepiscono in una situazione più incerta (il 65%) e i francesi, che mostrano emozioni simili a quelle italiane, si fermano al 48%.
Se osserviamo la media della Ue a 27 addirittura al 45%, dieci punti percentuali in meno rispetto al nostro Paese. La divaricazione tra Roma e la Ue a 27 è ancora più netta riguardo al tema dell’impotenza. Sentimento descritto, come detto, dal 46% degli italiani e solo dal 30% della media della popolazione della Ue a 27.
NORD E SUD EUROPA DIVISI
Tale dato italiano, proprio accostato a quello greco e a quello francese, delinea un’Europa del sud dominata dall’incertezza alla quale fa da contraltare un’Europa del nord (Danimarca, Olanda e Austria) dominata dal sentimento della speranza, espressione scelta rispettivamente dal 48% dei danesi, 48% degli olandesi e 40% degli austriaci.
Almeno altri due dati dovrebbero far riflettere e tenere viva l’attenzione del governo Draghi. Solo il 31% degli intervistati italiani dichiara che «le cose stanno andando bene nel mio Paese», contro il 59% che afferma si stia andando nella direzione sbagliata. E, per rincarare la dose, all’affermazione riguardo le misure restrittive di contenimento anti-pandemia, il 50% degli italiani afferma che i danni a livello economico superano di gran lunga i benefici (la media Ue è del 41%).
L’ultima istantanea si inserisce in quel classico e irrisolto sentimento che caratterizza l’approccio dell’opinione pubblica nazionale rispetto ai temi dell’integrazione europea perlomeno da un trentennio.
Il 74% dei cittadini della Ue a 27 è d’accordo sul fatto che l’Unione debba avere più competenze per gestire crisi come quelle del Corona virus. Il dato disaggregato relativo all’Italia arriva addirittura al 76%.
Allo stesso modo, però, più di un italiano su due (precisamente il 55%) è convinto che le cose nella Ue non vadano nella direzione giusta e il 51% si ritiene insoddisfatto dell’operato europeo.
E di fronte alla possibilità di elencare delle priorità, Roma propone di accelerare laddove la politica comunitaria ha meno competenze esclusive: il 34% degli intervistati del nostro Paese parla della necessità di una “politica sanitaria comune”. Insomma, si potrebbe affermare che l’Italia sia da tempo alla ricerca di un “nuovo europeismo”.
I TRE PUNTI SU CUI MEDITARE
Al netto di questi dati e di molti altri contenuti nell’indagine, tre indicazioni sembrano emergere.
L’Italia attuale è un Paese attraversato da nubi cariche di incertezza e insicurezza. Il paziente italiano è ancora in uno stato di profonda convalescenza e, da un punto di vista politico, i due delicati passaggi all’orizzonte dovranno tenerne conto.
Il voto amministrativo di inizio autunno (Bologna, Milano, Roma, Torino, per citare solo i capoluoghi più rilevanti) e l’elezione al Quirinale del febbraio 2022 saranno due momenti cruciali. Completati quei passaggi e sbloccate le prime somme provenienti da Bruxelles si potrà davvero pensare di aver messo la testa fuori dal tunnel.
Secondo elemento da meditare per l’attuale esecutivo: le parole chiave e gli slogan euro-critici ed euroscettici hanno ancora una presa importante.
L’ampia maggioranza di governo, se punta a un minimo di coesione, dovrà essere in grado di alternare la sciabola al fioretto, tenendosi in equilibrio e distante da approcci troppo ideologici e scarsamente realistici.
E questa affermazione si collega ad un terzo e decisivo elemento: servono dosi massicce di quel sano realismo che Draghi, da Francoforte, ha regalato all’Europa tra il 2011 e il 2019.
Gli italiani, ma in generale gli europei, chiedono un’Europa del fare, senza retorica e fortemente impattante sulle loro vite quotidiane. È a questa domanda di Europa che occorre trovare una risposta. Draghi ne è consapevole. C’è da sperare che anche il resto del governo lo sia. O che si limiti a seguire il proprio presidente del Consiglio.
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