Migranti soccorsi in mare
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La Libia ha un fragile governo ma non ha neppure uno stato, è ancora divisa in due tra Tripolitania e Cirenaica – mentre il Sud e il Fezzan sono incontrollabili – come nazione è tutta di ricostruire e per di più è sottoposta a pesanti e decisive influenze straniere.
Ma il suo potere di ricatto, anche per colpa nostra, è diventato enorme. I profughi, quelli che sopravvivono, arrivano a ondate e i libici minacciano i nostri pescherecci persino in acque internazionali, costringendo la Marina militare a intervenire.
La realtà è che la Libia è uno stato fuorilegge, lo era anche ai tempi di Gheddafi per certi versi ma dal 2011 in poi, con l’attacco francese, americano e britannico, è precipitata in un caos e in un’anarchia da cui non è mai più uscita. La questione dei profughi è devastante e senza soluzione allo stato delle cose. Nessun governo libico ha mai riconosciuto la convenzione di Ginevra sui rifugiati per cui chiunque attraversi il confine libico è considerato soltanto un clandestino, in individuo senza diritti, senza protezione e passibile di essere sottoposto a qualunque sopruso e violenza.
ONU SENZA POTERI
Le autorità e le agenzie dell’Onu non possono intervenire come vorrebbero per alleviare le sofferenze di queste masse dolenti richiuse in campi di concentramento e oggetto di ogni traffico illecito. Queste persone, queste donne, questi uomini, questi bambini, possono essere venduti, stuprati, fatti lavorare come schiavi, ricattati e costretti a chiedere soldi alle loro famiglie per essere liberati o gettati in mare. Tutto questo si chiama schiavismo, per di più fortemente caratterizzato dal razzismo nei confronti delle popolazioni nere africane. Dall’altra parte abbiamo bande criminali, clan, tribù, signori della guerra e politici che fanno razzia e scempio di vite umane: basterebbe tutto questo a giustificare un intervento internazionale come fu quello del 2011 per proteggere la popolazione ribelle di Bengasi.
LA BARRIERA
Perché non si fa è molto chiaro. Questa Libia come quella di Gheddafi viene considerata una barriera alle migrazioni, un posto dove lasciar marcire le vite di centinaia di migliaia di persone. Salvo poi lamentarsi che si buttano a mare per venire sulle nostre coste. Vorremmo essere “umanitari” ma cerchiamo in tutti i modi di evitarlo occupandoci di questa gente soltanto quando arriva sulle nostre sponde. Che cosa accade in Libia tentiamo di ignorarlo. E’ abbastanza inutile anche invocare la solidarietà europea per una redistribuzione dei migranti che viene rifiutata del tutto da alcune nazioni europee come l’Ungheria.
Questi governi da strapazzo si sono accorti che noi europei siamo disposti a pagare per posteggiare i profughi da qualche parte: è lampante il caso della Turchia di Erdogan che si tiene 3 milioni di rifugiati in casa al costo di sei miliardi di euro l’anno versati da Bruxelles. E quando sei disposto a pagare per evitare i guai, tutti capiscono che sei vulnerabile e demandi agli altri una parte della tua sicurezza. Hanno in mano una “bomba umana” e sono disposti a usarla.
SCELTA SUICIDA
Non è un caso che Erdogan abbia occupato la Libia nel momento in cui, nel 2019, Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti si sono rifiutati di aiutare il governo Sarraj che aveva il generale Khalifa Haftar alle porte di Tripoli. Erdogan ha preso così la Libia occidentale inviando un po’ di jihadisti e qualche drone: che ha del ridicolo se confrontato alle potenzialità militari occidentali. Ma è un atteggiamento suicida se si pensa che la Turchia ha usato i miliziani islamisti nemici dell’Occidente e dei curdi siriani, che pur essendo stati i nostri maggiori alleati contro l’Isis abbiamo lasciato massacrare da Ankara e dai jihadisti.
Forse se avessimo sostenuto il governo Sarraj ed evitato l’arrivo di Erdogan adesso la situazione sarebbe diversa. In ogni caso oggi quando andiamo a Tripoli siamo ospiti del governo libico ma anche della Turchia il cui leader è stato definito dal premier Draghi un “dittatore che ci fa comodo”.
Erdogan ci fa “comodo” perché come l’Italia “atlantista” si oppone alla Russia che, insieme a Egitto ed Emirati, sostiene Haftar in Cirenaica. Ma in realtà sappiamo bene che è un personaggio scomodissimo perché questo membro della Nato fa di tutto per mettere in difficoltà gli stessi stati dell’Alleanza Atlantica. In cambio del suo servigio di fare l’antemurale della Russia in Siria, in Caucaso e in Libia, sta sovvertendo le regole internazionali. Ha fatto firmare a Tripoli, in cambio della sua protezione, accordi sulle zone marittime di “esclusione” che arrivano dalle coste libiche all’Egeo.
LE NOSTRE MOTOVEDETTE
Cosi i militari turchi si sono fatti fotografare sulle motovedette donate dall’Italia alla Libia e ieri la Marina militare ha dovuto intervenire per soccorrere 7 pescherecci che si trovavano in acque internazionali perché minacciati da un gommone veloce proveniente da costa della Cirenaica. Perché ovviamente non ci prendono in giro soltanto Erdogan e i libici della Tripolitania ma anche quel generale Haftar, con cui il governo precedente aveva dovuto trattare il rilascio dei pescatori mandando il presidente del Consiglio Conte e il ministro degli Esteri Di Maio. In pratica i vertici della repubblica avevano dovuto negoziare direttamente il rilascio di cittadini che non erano dei detenuti ma degli ostaggi. Non si era mai vista una cosa simile: una situazione insostenibile e vergognosa.
Come si vede bene più si cede alle richieste dei libici e dei loro alleati e più gli errori si pagano con successivi ricatti e minacce. Questa situazione dura da un decennio: forse a qualcuno si insinuerà il dubbio che non solo abbiamo sbagliato ma non correggiamo mai i nostri errori.
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