Il premier Giuseppe Conte e la presidente della commissione Ursula von der Leyen
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Non è l’immediato che spaventa. E’ la sostenibilità del debito nel medio-lungo periodo a costringere la Commissione europea a mantenere lo Stivale sotto osservazione. Era un atto dovuto, previsto dalle regole del Patto di stabilità, quando questo era ancora in vigore. Soprattutto adesso che non ci sono più vincoli bisogna evitare di spingersi troppo in là.
«Non c’è bisogno di una correzione»: su questo, Paolo Gentiloni vuole essere chiaro. Il commissario per l’Economia corregge il tiro dei rilievi contenuti nella relazione sul meccanismo di allerta per i Paesi con squilibri macroeconomici e nelle osservazioni al documento programmatico di bilancio.
Si mettono in risalto alcune “vulnerabilità” potenziali. Una di queste è la natura di alcune misure anti-crisi che «sembrano non essere di natura temporanea».
Le istituzioni Ue si sono raccomandate di sostenere l’economia in questo momento di crisi con misure mirate a puntellare il tessuto economico-produttivo. Si suppone che, una volta finita l’emergenza, vengano meno anche i motivi per le misure eccezionali.
«La questione delle misure temporanee e non temporanee è implicito nelle clausole di sospensione del Patto di stabilità», sottolinea il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis.
«I rilievi di Bruxelles non riguardano il contenuto di queste misure, che possono essere molto positive – spiega Gentiloni – Il motivo del mettere in evidenza questo genere di spese è esattamente legato alla sostenibilità di finanza pubblica nel medio-lungo termine».
LE RISERVE
Ma ci sono anche ragioni naturalmente pratiche nelle riserve della Commissione. La bozza di legge di Stabilità, proprio per la sua natura non definitiva, è incompleta. Non ci sono tutte le specifiche e tutte le informazioni necessarie per permettere all’esecutivo comunitario di fare una valutazione completa.
Quindi, nello specifico, la Commissione ha invitato gli Stati membri a riferire nei loro documenti programmatici di bilancio, su base volontaria, la dimensione massima dei meccanismi di garanzia, ma Austria e Italia non hanno fornito questi dati.
In Italia le passività potenziali massime sono stimate intorno al 30% del Pil, con un assorbimento indicativo di circa il 7% allo stato attuale. C’è un 23% di mancato assorbimento che manca all’appello. E poi, sempre sulla base dei dati e delle informazioni disponibili, Bruxelles valuta il costo per le misure temporanee allo 0,3% del Pil, mentre quantifica quelle strutturali o non coperte all’1,1% del Pil. Nulla che non si possa risolvere, ma che comunque impedisce all’Italia di avere una piena approvazione della sue strategie. A proposito, a Bruxelles si attende ancora il piano nazionale per la ripresa.
LE RIFORME
Le decisioni di politica economica insistono sulla necessità di proseguire con le riforme, nei settori che l’Italia conosce bene. Al Paese si chiede di invertire la traiettoria del debito. Non subito, ma passata la crisi si dovrà rientrare del massiccio intervento pubblico.
Considerando poi che «l’Italia è arrivata alla recessione da Coronavirus con vulnerabilità legate alla debole crescita della produttività, in un contesto di crediti deteriorati e disoccupazione ancora elevati ma in calo», è evidente che bisogna intervenire qui.
Non solo. Ci sono anche raccomandazioni per la zona euro, di cui l’Italia fa parte. Si chiede a tutti i membri di Eurolandia di stimolare gli investimenti, contrastare frodi, evasione fiscale, garantire l’effettivo ed efficiente accesso al credito, ridurre il carico fiscale sulle imprese, migliorare i sistemi sanitario e sociale, metter mano al mercato del lavoro per proteggere l’occupazione.
Perché, sottolinea il commissario per il Lavoro, Nicolas Schmit, «la crisi del Covid-19 ha interrotto un trend positivo di 6 anni sul mercato del lavoro, che ha colpito tutti gli europei, in particolare i giovani e quelli con contratti temporanei o atipici». Questo sistema non sembra funzionare più, ammesso che lo abbia fatto davvero.
Quello che dovrà funzionare, e quanto prima, è il Recovery fund. Vale per l’Italia, che più di altri beneficia dello strumento anti-crisi, ma vale per tutti. Lo ripetono sia Gentiloni sia Dombroviski. «Una ripresa forte ed equilibrata dipende da una rapida entrata in vigore di Next Generation Eu», dice il commissario italiano, che invita tutti «a mostrare un forte senso di responsabilità nei confronti dei propri cittadini e di tutti gli europei in questo momento cruciale».
I VETI DI POLONIA E UNGHERIA
Preoccupa il veto di Ungheria e Polonia al progetto di bilancio e al fondo di ripresa per le condizionalità legate al rispetto dello Stato di diritto. «Siamo tutti sulla stessa barca», scandisce il commissario lettone. «Abbiamo bisogno di un rapido accordo politico sullo strumento per la ripresa in modo che possa fornire un’ancora finanziaria durante questa tempesta».
Con la recessione economica si vuole evitare una turbolenza sui mercati. E se tra i governi nazionali si inizia a ragionare alla possibilità di creare un meccanismo per la ripresa a 25 senza Polonia e Ungheria, così da aggirare l’ostacolo dei veti dei governi dell’Est, in Commissione si preferisce restare fedeli al piano originario. «Non considererei altre proposte che rischiano di distogliere l’attenzione», taglia corto Gentiloni, preoccupato che si possa perdere altro tempo.
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