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“Qui siamo ancora a zero”. Una fonte vicina alle trattative in corso a Bruxelles sintetizza così, ieri sera, la situazione dei negoziati al Consiglio europeo. Ancora una volta si è fatta nottata senza che l’intesa si arrivata, e la speranza è di chiudere per oggi, prima della riapertura dei mercati finanziari di domattina.
Giuseppe Conte è ancora più sintetico. Poco dopo le 18.00 in una diretta Facebook ha spiegato che la situazione è di “stallo”, dopo 32 ore di negoziati faccia a faccia tra i leader dei Ventisette. “E’ più complicato del previsto” dice il premier, e una delle questioni più spinose, spiega una fonte a Bruxelles, è che il primo ministro olandese “(Mark) Rutte pone ancora l’unanimità (tra i governi sull’allocazone dei fondi, ndr) che per noi è inaccettabile”.
Praticamente tutta la proposta della Commissione europea e del presidente del Consiglio europeo Charles Michel è ancora lontana dall’aver trovato anche un solo punto di accordo. Né sui 1.074 miliardi per il bilancio pluriennale 2021-2027 né sui 750 miliardi del Fondo per il recupero economico dopo la pandemia. “Alcuni mettono in discussione l’ammontare delle risorse, altri la governance” (cioè il come gestire questi solidi), spiega Conte, che dopo tante ore di trattativa, anche notturna, mostra un’inattesa freschezza.
Le proposte di mediazione circolate nella giornata di ieri sono state molte, tutte nel senso di ridurre la portata del Fondo, di rimodularne la proporzione tra fondo perduto (inizialmente 500 miliardi) e prestiti (250) e per trovare una forma di governance che sfili ai governi il potere assoluto di approvare o bocciare i piani nazionali, come vorrebbe Rutte, nonostante che non solo Conte, ma anche Commissione e Consiglio gli abbiano spiegato che è illegale, in base alle norme dell’Unione. I Paesi frugali avrebbero chiesto un taglio di 155 miliardi e un nuovo piano da sottoporre agli Stati.
Dall’altra parte si mettono in discussione i “rebates” cioè quei parziali rimborsi sui contributi all’UE dei quali godono alcuni Paesi (Paesi Bassi, Danimarca, Svezia e, in misura minore, Germania), e che dovrebbero essere chiusi a dicembre, ma che invece sono stati messi sul tavolo come merce di scambio per puntare all’obiettivo grosso: salvare i 750 miliardi e il Quadro finanziario pluriennale. Agli olandesi sono state anche offerte fette più grandi dei dazi doganali (partita appetibile per loro che hanno il porto di Rotterdam) a scapito delle entrate dell’Unione.
“Contiamo di trovare una sintesi, è nell’interesse di tutti”, ha auspicato ieri sera Conte, che però non cede di un millimetro sui principi. Sembra disposto a negoziare sull’entità del Fondo, e forse anche sulla sua composizione, ma il premier insiste che “gli strumenti devono essere efficaci (leggi di portata significativa e di facile utilizzo, ndr) altrimenti sono inutili. Ma, sottolinea, “l’Olanda e qualche altro Paese non condividono una risposta così consistente”, che è invece difesa da Germania e Francia, tra gli altri.
La questione, come spiega la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, come dice anche Angela Merkel, e come ribadisce Giuseppe Conte, è “coinvolgere tutti nella risposta. Non è una questione che riguarda solo l’Italia, ma l’intera Unione europea: dobbiamo essere più competitivi e più resilienti, dobbiamo essere in gradi di competere con Cina e Stati Uniti”.
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