INDICE DEI CONTENUTI
In epoca di Brexit non ancora consumata, non sono mancate le voci di chi invocava una definitiva uscita britannica quale garanzia per più rapidi ed indolori negoziati sul bilancio comunitario. Si sprecavano le citazioni relative al famosissimo I want my money back pronunciato da Thatcher neo Primo ministro al Consiglio europeo di Dublino di fine 1979. In realtà in pochi si soffermavano poi a ricordare i due dettagli successivi, per nulla trascurabili.
LE PAROLE DELLA THATCHER
Da un lato l’attacco di Thatcher era dettato da un chiaro timing politico. A pochi mesi da quelle parole si sarebbe chiuso il periodo transitorio concesso al Regno Unito in occasione del suo ingresso nella Cee e sarebbe partito il finanziamento integrale, penalizzante per Londra, considerato il suo modesto settore agricolo. Dall’altro ci si dimenticava spesso di ricordare che a Fontainebleau nel 1984, Mitterrand riusciva a negoziare una parte di rimborso, abbastanza indolore per la Comunità. Ma che soprattutto un anno dopo, al Consiglio europeo di Milano, e grazie ad un decisivo intervento dell’allora presidente del Consiglio italiano Craxi, lo stesso Regno Unito era messo in minoranza a proposito dell’organizzazione di una Conferenza intergovernativa, che avrebbe condotto all’Atto Unico e poi al Trattato di Maastricht. Tutto sommato si può affermare che all’epoca i cosiddetti “disturbatori britannici” erano stati “depotenziati” e in larga parte “integrati”. La divaricazione sull’euro e il fallimento del processo costituzionale hanno poi ridotto la portata del complessivo progetto di integrazione, contribuendo non poco alla crisi di rigetto che ha condotto a Brexit.
Se dal passato volgiamo lo sguardo all’attuale congiuntura notiamo che, nonostante l’assenza britannica, il tema del bilancio 2021-2027 è ugualmente spinoso e a pochi giorni dal previsto vertice del 20 febbraio, a dominare è l’incertezza. In un certo senso insomma una sorta di “fantasma di Banquo britannico” si aggira ancora per l’Europa.
BUCO DA 80 MILIARDI
E questo perché in una stima ufficiale, si parla di un “buco” di circa 80 miliardi di euro provocato dall’uscita di Londra. E ancor di più perché proprio il dibattito apertosi sul bilancio, evidenzia almeno tre piani di conflittualità interni alla complessa architettura politico-istituzionale europea.
Il primo di questi riguarda le dinamiche intergovernative. In tale ambito lo scontro divide ciascuna forza politica europea (popolari, socialisti e liberali in primis) e sembra dominato da logiche nazionali. Schematicamente abbiamo un fronte di Paesi del Nord, capeggiato dalla Germania e con attivi Austria, Danimarca, Svezia e soprattutto Olanda che si contrappone ad uno del Sud, guidato da Macron e sostenuto con convinzione da Conte e da altri Paesi, la maggior parte dei quali del sud dell’Europa (senza dimenticare alcuni dell’Est). Quello del Nord vuole aggiungere al “risparmio” britannico un ulteriore taglio delle risorse destinate al bilancio comunitario. Quello del Sud vuole cogliere alla lettera le indicazioni di von der Leyen e chiede maggiori disponibilità per la green economy e il mantenimento inalterato del finanziamento all’agricoltura e ai fondi di coesione. Come finirà questo braccio di ferro Nord versus Sud? Difficile dirlo, ciò che si può avanzare è che la cosiddetta Europa del nord non potrà usare il capro espiatorio britannico per rivendicare riduzioni o negoziare adeguamenti.
RAPPORTI DI FORZA
Il secondo piano è legato ai rapporti di forza interni alla Commissione e anche in questo caso siamo all’impasse. Il braccio di ferro è tra Dombrovskis e Gentiloni, con il primo che è riuscito a rinviare a fine 2020 la tanto attesa proposta tecnica di riforma del Patto di stabilità e crescita, e il secondo a ribadirne il carattere decisivo se si vogliono davvero affrontare i problemi del cambiamento climatico e rilanciare gli investimenti, unica speranza per rompere l’attuale stallo economico. Ecco ancora riproposto il confronto Nord vs Sud.
Il terzo piano è quello tutto interno al triangolo istituzionale Consiglio, Commissione e Parlamento. Come è stato ben ricordato su queste colonne (E. Bonini, Mannaia su agricoltura e fondi di coesione, 14 febbraio 2020) i tre vertici istituzionali sono su posizioni divergenti. Si oscilla tra i 1324 miliardi proposti dall’Euro-parlamento ai 1087 avanzati dal Consiglio europeo, per passare alla voce intermedia di 1134 proposti da von der Layen.
Quali preziose indicazioni giungono da questa rapida disamina? Prima di tutto la necessità di prendere atto che l’uscita britannica dall’Ue non semplifica automaticamente procedure, né tanto meno negoziati complicati come quelli relativi al bilancio.
BRACCIO DI FERRO
In secondo luogo che un inedito quanto interessante braccio di ferro tra Nord e Sud dell’Ue può sostituirsi o almeno in parte surrogare, il classico negoziato centrato sul protagonismo franco-tedesco versus il resto dell’Ue. E in questa logica Nord-Sud, l’assenza britannica può avere un peso, proprio a scapito del fronte Nord.
In terzo luogo l’Italia, che ha spesso connesso il suo “rapporto privilegiato” con Londra alla necessità di contrastare lo strapotere franco-tedesco, potrebbe finalmente lavorare al rafforzamento del “fronte Sud” di un’Europa non più dominata dall’austerità e dal rigorismo. Per fare ciò bisogna necessariamente passare da Parigi (con tutte le difficoltà del caso). Quando Conte chiede all’Ue un “bilancio ambizioso” pensa allo strutturarsi di nuovi equilibri all’interno dell’Ue? Guarda a Parigi e ad alcuni Paesi dell’est come veri e propri alleati e non solo compagni di viaggio di circostanza? Sarà in grado la diplomazia giallo-rossa di equilibrare piano europeo e dinamiche geopolitiche come quella libica, dove tra Roma e Parigi abbondano sgambetti e incomprensioni?
Ebbene la dipartita di Londra non è certo la ricetta per tutti i mali che assillano l’Ue. Ma, come più volte ribadito, sgombera il campo da una serie di alibi, equivoci e falsi miti. Lo scontro in atto sul bilancio lo conferma in maniera inequivocabile. Occorre prenderne atto ed agire di conseguenza.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA