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Fermare la guerra del pane. Ieri il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha rilanciato, in occasione del Consiglio Affari Esteri, la questione dell’emergenza alimentare innescata dalla guerra in Ucraina che sta mettendo in ginocchio le aree più fragili del mondo. Un tema che è entrato prepotentemente anche nell’agenda del governo Draghi.

Il ministro ha dichiarato che in sede G7 e in sede Nato «stiamo discutendo della sicurezza alimentare perché gli effetti di questa guerra hanno avuto un impatto sia globale che sui prezzi delle materie prime di prima necessità».

Una spirale che non si arresta. Un nuovo scossone sul mercato dei cereali è arrivato con la decisione dell’India di bloccare l’export di grano. L’India, secondo produttore mondiale, consuma gran parte del grano prodotto, ma comunque aveva stabilito di vendere 10 milioni di tonnellate di frumento 2022-23 soprattutto a Paesi in via di sviluppo come Indonesia, Filippine e Thailandia. Rastrellando questi quantitativi dal mercato si innescano ulteriori processi speculativi che si riverberano in tutti i Paesi del mondo, compresi quelli europei. Si aggrava così, evidenzia un report della Coldiretti, il deficit mondiale con quasi 20 milioni di tonnellate di cereali, tra grano, mais e altri prodotti bloccati nei magazzini ucraini in attesa di essere spediti.

L’Ucraina, sottolinea l’organizzazione, è infatti uno dei principali produttori ed esportatori e nel mondo: invia il 10% del frumento tenero (oltre 18 milioni di tonnellate) ma anche il 15% del mais ( 27 milioni di tonnellate). E se l’Italia non è direttamente interessata dal commercio, è però bersaglio degli effetti della volatilità dei prezzi delle commodity che dai mercati finanziari, anche per le speculazioni, si scaricano sulle tavole dei consumatori.

Oggi saranno resi noti dall’Istat i dati sull’inflazione ma tenendo conto di questi scenari è poco probabile che, almeno per i prodotti alimentari, spuntino riduzioni di prezzi. L’ultimo report Ismea sulle quotazioni dei seminativi ad aprile rileva sulle principali piazze di contrattazione picchi per i cereali. In particolare il frumento duro è balzato dell’84,2% su aprile 2020, il grano tenero (Russia e Ucraina rappresentano il 30% degli scambi mondiali) è aumentato nell’ultimo anno del 71% e del 2% su marzo. E ieri alla Borsa di Chicago i future del grano sono saliti del 6%. Rimbalzo immediato sui mercati finanziari dell’annuncio dell’India di fermare l’export.

Nuova Delhi è oggi l’unico grande fornitore di grano e le sue spedizioni sono aumentate dopo la chiusura delle rotte commerciali del Mar Nero. La situazione diventa dunque sempre più incandescente. Ad aggravare il quadro la siccità che ha ridotto i raccolti di grano e orzo francesi, il maggiore produttore della Ue. La decisione dell’India che sconvolge ulteriormente i mercati arriva, spiega ancora Coldiretti, dopo l’annuncio dell’Indonesia di sospendere le esportazioni di olio di palma, di cui il Paese e il primo produttore mondiale, a causa delle difficoltà sul mercato interno e del rischio di tensioni sociali. Ma anche Serbia e Kazakistan hanno limitato con quote le spedizioni di cereali all’estero e in Europa una misura simile, fortemente contestata dalla Commissione Europea, era stata presa dall’Ungheria con pesanti effetti per il mais sull’Italia che ne ha importato ben 1,6 miliardi di chili nel 2021.

Con l’ondata di protezionismi che si propaga a ritmi crescenti, l’organizzazione agricola rilancia “l’allarme carestia in 53 Paesi dove la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione e risente quindi in maniera devastante dall’aumento dei prezzi di grano e riso”. La guerra ha “invaso” dunque i campi agricoli e gli effetti del conflitto si misurano anche sulla resistenza alimentare. Luciano Cillis, esponente M5S in commissione Agricoltura, durante la dichiarazione di voto in Aula alla Camera sulla mozione a sua prima firma relativa alla sicurezza alimentare, ha paragonato la situazione attuale con quella degli anni Trenta. Come la carestia provocata dall’Urss di Stalin causò milioni di morti in Ucraina tra il 1932 e il 1933 così oggi, secondo Cillis, «la Federazione russa sta utilizzando la fame come arma da guerra per destabilizzare i suoi avversari sul palcoscenico internazionale. Gli oltre 25 milioni di tonnellate di cereali bloccati nei porti del Mar Nero hanno portato al caos dei mercati globali, facendo schizzare i prezzi alle stelle delle materie prime alimentari e mettendo a serio rischio gli approvvigionamenti di granelle».

Ad essere colpiti sono soprattutto il nord Africa, il Medio Oriente e l’Africa Subsahariana. Dalla fame allo spettro delle emigrazioni di massa, così si rischia di piegare anche la Ue. L’Unione europea ha messo in campo un piano per aprire corridoi alternativi per il transito del grano ucraino. Un’operazione comunque complessa poiché non c’è compatibilità tra le ferrovie ucraine e quelle europee ma che punta anche ad agevolare i trasporti per gomma e via mare, bypassando i porti del Mar Nero e dirottando le merci su quelli polacchi del Baltico, ma anche potenziando le strutture di stoccaggio e il collegamento con Ucraina e Moldova. Da Kiev, prima della guerra, sono arrivate 700mila tonnellate di grano , 9 milioni di tonnellate di mais e 2 milioni di tonnellate di olio di girasole.

In attesa dell’iniziativa di Bruxelles, le economie mondiali devono continuare a fare i conti con quotazioni impazzite delle materie prime. Nell’ultimo anno, secondo l’indice della Fao, l’aumento è stato di quasi il 30% al traino dei cereali cresciuti del 34%, di latte e formaggi (+24%), dello zucchero (+22%) della carne (+17%) e soprattutto degli olii vegetali (+46%).


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